Il Marsala è un vino che cammina nel tempo e nello spazio. Il tempo è quello dei secoli (proprio quest’anno festeggia 250 anni) e lo spazio è quello delle cantine che ancora oggi lo producono, in particolare di una di esse: la storica Florio, fondata nel 1833 da Vincenzo Florio. Abbiamo avuto la possibilità di visitarla in occasione di Sicilia En Primeur, l’imperdibile vetrina dei vini siciliani organizzata da Assovini per presentare l’ultima annata, ma sono decine di migliaia le persone che ogni anno entrano in questo edificio. Secondo alcuni dati, questa cantina viene visitata da circa la metà dei turisti che arrivano in Sicilia.
La struttura produttiva insiste su 100 mila mq, e le sole cantine ne occupano 20 mila: il tour della visita si snoda tra i monumentali tini di fine Ottocento e le tre impressionanti bottaie, lunghe 165 metri e intervallate da ben 104 arcate, che custodiscono 1.400 barrique e circa 600 fra botti e tini di diversa capacità. Qui vengono affinati circa cinque milioni di litri di vino Marsala, il cui vino di partenza (composto per il 95% da uve Grillo e per il 5% da uve Catarratto) viene ricavato dalle uve che arrivano dai 200 ettari di vigneti della DOC Marsala gestiti dai conferitori storici di Florio. Il fatturato annuo dell’azienda (che fa parte insieme a Corvo del gruppo Duca di Salaparuta) è di oltre 8 milioni di euro; quasi il 79% di esso proviene dal mercato nazionale e solo il 21,36% (pari a poco meno di 1.800 mila euro) dall’estero. Dei numerosi Paesi in cui Florio è presente, gli Stati Uniti sono i più importanti.
Ad ogni vendemmia sono circa 15 mila i quintali di uva che arrivano in cantina per essere vinificati, e quello è solo l’inizio di un lungo viaggio che porterà il vino-base a diventare un racconto. E’ così infatti che Roberto Magnisi, direttore delle Cantine Florio, Duca di Salaparuta e Corvo e vicepresidente del rinato Consorzio di Tutela del Marsala, descrive questo vino: “ll Marsala è un racconto lungo, bradicardico. Chi vive il Marsala sa che non è un progetto a breve termine e che il viaggio che propone idealmente non finisce mai”. Ciò che sorprende il visitatore mentre si aggira tra botti e barrique ascoltando le spiegazioni della guida e dell’enologo, è il cammino che il Marsala compie all’interno di questi spazi in vista del voluto invecchiamento.
A seconda della zona della cantina in cui ci si trova, infatti, si avvertono naturali variazioni di temperatura e umidità. La zona occidentale dista dal mare meno di 100 metri, perciò le sue condizioni di temperatura e umidità sono più basse rispetto alla zona orientale. Via via però che ci si addentra nella struttura procedendo verso est, la temperatura si alza e l’umidità si abbassa. Non solo: i valori cambiano anche in base alle stagioni. Il Marsala è un vino di ossidazione, e questo permette all’enologo di accelerare o rallentare il processo di ossidazione semplicemente spostando i contenitori da una zona all’altra. “Il nostro principale obiettivo è raccontare la creatività del fare Marsala, a partire dalle vigne e dalla cantina di vinificazione, fino alla geografia di affinamento delle nostre Cantine – continua Magnisi – . E quindi il suo territorio, la sua enologia e il suo affinamento, il cui mondo è totalmente diverso da quello del vino”.
Il Marsala è stato un vino che ad un certo punto della sua storia ha reso questa città una delle più ricche d’Italia. Poi c’è stato il crollo, e quindi l’oblio. Come si può riportare questo vino fortificato allo splendore di un tempo?
“Con entusiasmo” risponde Magnisi “E con una visione d’insieme. Non si può più avere una visione singola, ne serve una plurale, che comprenda tutte le categorie del Marsala. Mi spiego meglio: oggi il Marsala deve presentarsi come un progetto poliedrico che non si limita a proporre un vino da fine pasto, ma deve iniziare a parlare ai giovani a partire dall’aperitivo, con esperienze dentro e fuori e la cantina, raccontandosi sui social. Il nostro impegno è condividere in maniera mirata un prodotto che è stato sì dimenticato, ma che possiede anche una fortissima capacità di farsi ascoltare, se ha un potenziale. E il Marsala di potenziale ne ha da vendere. Per questo deve tornare a dialogare con la cucina, soprattutto con quella dei ristoranti stellati”.
Oggi Florio produce 1 milione e 400 mila bottiglie di Marsala l’anno, a partire dalla categoria del Superiore, che richiede almeno 24 mesi di affinamento in botte grande, fino ad arrivare al Marsala Vergine Riserva, invecchiato almeno 10 anni. Diversamente da quello che si può pensare, il Marsala è un vino tanto complesso quanto moderno e versatile: noi l’abbiamo provato perfino con le ostriche e la pizza. Basta scegliere la tipologia giusta (da secco a semi-secco a dolce) e il grado di invecchiamento, e qualsiasi piato troverà facilmente il bicchiere di Marsala che fa per lui.