È da alcuni anni ormai che seguo l’azienda Piazzo, una delle realtà più interessanti e dinamiche nel suggestivo territorio dell’albese. Fin da subito, ho compreso di trovarmi di fronte ad uno dei più bei esempi di impresa familiare del vino di successo.
E non è qualcosa che si può dare per scontato. L’Italia del vino, infatti, è caratterizzata in gran parte da aziende familiari ma sarebbe demagogico e sbagliato considerare questo modello aziendale sempre vincente.
Per questa ragione, raccontare di imprese come la Piazzo di San Rocco Seno d’Elvio, una piccola frazione del comune di Alba, significa non solo poter evidenziare una realtà capace di produrre vini di altissimo pregio, ma anche raccontare la storia di una famiglia che è riuscita a dimostrare concretamente come far funzionare un modello di impresa come questo.
Analizzare quindi la “ricetta” della famiglia Piazzo è un modo per evidenziare i valori di questa bell’azienda e per trarre numerosi spunti di riflessione su come, oggi, una piccola impresa familiare può essere competitiva in un mercato sempre più complesso.
Il primo fattore che mi sento di evidenziare è il forte legame con le proprie radici. Può sembrare un concetto retorico, eppure l’identità di un’azienda è tanto più forte e riconoscibile quanto più sono autentiche le sue radici, la sua origine.
Quando parliamo delle radici di Piazzo, dobbiamo andare ai primi anni ’60 quando due giovani sposi, Armando Piazzo e Gemma Veglia, intuiscono le straordinarie potenzialità della Langhe e decidono di investire in una terra in cui allora pochi credevano.
Un credo che è sempre rimasto saldo nella famiglia Piazzo anche con l’ingresso della seconda generazione, quella di Marina, figlia di Armando e Gemma, e del marito Franco, che dal 2007 hanno preso in mano le redini dell’azienda. Ma anche nell’attuale terza generazione rappresentata dai figli della coppia, Marco e Simone, che al termine degli studi alla prestigiosa Scuola Enologica “Umberto I” di Alba (Cuneo) sono entrati a tempo pieno in azienda.
E se oggi l’azienda festeggia quasi sessant’anni di storia, quelle radici sono rimaste ben evidenti in uno stile aziendale moderno, contemporaneo ma mai slegato dalle proprie origini.
Il secondo fattore vincente della famiglia Piazzo si può definire il “giusto mix”. Ogni componente della famiglia riveste uno specifico ruolo nel quale si riconosce completamente.
A partire da Marco e Simone, rispettivamente enologo e responsabile commerciale e marketing. Due giovani che rappresentano in maniera eccellente quella nuova generazione del vino che fa ben sperare per il futuro del nostro settore.
Simone è tra i giovani manager del vino che mi hanno impressionato di più in questi anni, con quello straordinario mix di consapevolezza dei propri valori ma anche una buona dose di umiltà che gli consente di mettersi sempre in discussione e di aprirsi a nuove opportunità.
“Siamo un’azienda – spiega Simone – che sicuramente si è evoluta nel tempo, ma che non ha mai dimenticato le sue origini. Penso che questo sia molto importante per avere chiara ed esprimere al meglio la propria identità ma anche per mantenere un sano senso del limite”.
Indubbiamente, Piazzo ha avuto una crescita importante sia sul fronte qualitativo che su quello commerciale: “Stiamo crescendo sia in Italia, grazie alla preziosa collaborazione con uno dei migliori distributori del nostro Paese, la Rinaldi 1957, che all’estero con il contributo del nostro responsabile export Giampiero Sappa che ha maturato un’importante esperienza nei principali mercati internazionali”.
La crescita qualitativa dei vini Piazzo è guidata da Marco, fratello di Simone, uno dei giovani enologi piemontesi che si stanno facendo apprezzare maggiormente in questi ultimi anni.
Marco ha oggi una notevole responsabilità nella gestione di circa 70 ettari vitati in tre aree storiche della vitivinicoltura italiana, nelle terre del Barolo e Barbaresco e del Roero. E negli ultimi anni si sono aggiunti anche 3 ettari nell’Alta Langa che stanno già testimoniando il livello qualitativo raggiunto sul fronte del Metodo Classico (ho degustato recentemente il Ritorno in Alta Langa 2019 che considero uno dei migliori metodo classico di questo territorio).
Per Marco, il fattore determinante nella filosofia produttiva di Piazzo è la “riconoscibilità”. “È indubbio che il vitigno e il microclima – spiega Marco – hanno un ruolo molto importante nella caratterizzazione dei vini, ma per me è fondamentale anche la scelta di alcune tecniche di vinificazione e dell’affinamento che consentano di dare un’impronta “aziendale”, una sorta di personalizzazione per dare maggiore riconoscibilità al nostro stile produttivo”.
“Per questa ragione – aggiunge Marco – per me è molto importante anche la sperimentazione di alcune tipologie di vinificazione (come la fermentazione in legno) o di affinamento (con utilizzo di diverse tipologie di legni) al fine di arrivare ad espressioni produttive più personali, senza tradire ovviamente la natura più autentica del vitigno”.
Ma quando si parla di Piazzo non si può dimenticare un asset chiave di questa azienda: l’accoglienza enoturistica. Tra le nostre tante esperienze enoturistiche sviluppate sia in Italia che all’estero, Piazzo rimane una delle aziende che ci sono rimaste maggiormente impresse, di cui abbiamo apprezzato sia la professionalità che il calore umano che riescono ad esprimere nei confronti dei loro ospiti. L’attitudine all’accoglienza di casa Piazzo sarà oggetto di un altro articolo perché siamo convinti che sia una case history molto preziosa anche per coloro che vogliono migliorare la loro attività enoturistica.
Ci limitiamo per il momento a evidenziare una figura chiave dell’ospitalità da Piazzo: nonna Gemma che, con la sua storia, la sua spontaneità e i suoi straordinari piatti, trasforma la visita in questa cantina in un’esperienza indimenticabile.