Sabato 25 e domenica 26 marzo si è svolta a Trento la quinta edizione di Vinifera, evento dedicato ai produttori vitivinicoli dell’arco alpino, che ha visto la partecipazione di oltre 100 espositori, provenienti da diverse aree del Nord Italia – Alto Adige/Südtirol, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Trentino, Valle d’Aosta, Veneto – e dall’estero: Austria, Francia, Slovenia e Svizzera.

Abbiamo fatto due chiacchiere con gli organizzatori della manifestazione, l’Associazione Centrifuga, nata nel 2017 con lo scopo di promuovere lo sviluppo sociale e culturale del territorio, soprattutto in ambito agricolo e vitivinicolo.

La kermesse prende spunto dal movimento Terre e Libertà/Critical Wine indetto da Luigi Veronelli: una serie di appuntamenti nati per promuovere la qualità dei piccoli viticoltori sostenibili, slegati da organizzazioni o circuiti specifici. L’obiettivo di Vinifera è proprio perseguire questo filone e far sì che qualsiasi wine lover, che partecipa con curiosità ed interesse, torni a casa desideroso di saperne di più.

Il leitmotiv della manifestazione è proprio accrescere la conoscenza di chi degusta e comunicare la passione dei produttori che si cela dietro al vino.

Per quanto riguarda le cantine, il requisito fondamentale per essere parte della squadra – a parte “sporcarsi le mani” con la terra e la viticoltura – è appartenere al perimetro dell’arco alpino, area con le proprie peculiarità geologiche, morfologiche e culturali, e che riesce a far fronte al cambiamento climatico in maniera più marcata rispetto ad altri territori. Stando alle parole che abbiamo scambiato con alcuni vignaioli presenti in fiera, chi coltiva in montagna può lavorare sulle altimetrie e spingersi verso terreni più freschi, ottenendo vini dallo stile più vivace e meno pesante, che ultimamente incontrano sempre di più i palati dei consumatori.

Altra prerogativa per partecipare: la sostenibilità, non necessariamente certificata (anche se molti hanno la certificazione biologica, soprattutto i trentini) ma che costituisce un dato di fatto per quanto riguarda la conduzione dell’azienda. C’è chi sceglie di non apporre nessun marchio specifico in etichetta, non sentendosi in dovere di “giustificare” ciò che accade in vigna e in cantina, tendenza che si riscontra in molti piccoli produttori o pionieri del vino naturale.

Terza regola per esporre alla fiera: la dimensione aziendale. Vengono ammesse aziende sotto i 15 ettari – a parte poche eccezioni, come chi riconferma la propria presenza ad ogni edizione o, in ogni caso, appartiene alla categoria della sostenibilità -, per valorizzare una produzione di nicchia, spesso a conduzione familiare oppure, al contrario, nata dalla volontà e le ambizioni delle nuove generazioni.

Tutte le cantine dell’arco alpino che rientrano in questi requisiti sono quindi le benvenute, per favorire non solo il Trentino, ma tutti i territori: i rappresentanti della Provincia Autonoma costituiscono infatti solo un quinto degli espositori, numeri volutamente ricercati dagli organizzatori per mantenere le giuste proporzioni.

Trento ne esce comunque arricchita e promossa dall’iniziativa, la quale non è stata affatto un appuntamento “one shot”, ma è stata preceduta dal Forum dal titolo “Coltivare l’arco alpino”, un ricco programma di assaggi e masterclass che hanno animato la città a partire dal 24 febbraio.

Lo scopo della manifestazione è inoltre annoverare, di volta in volta, alcuni special guests al di fuori delle Alpi, per creare sinergie e parallelismi. Quest’anno è stato il turno di sei produttori dell’Etna, ospiti d’eccezione, a cui è stata dedicata anche una masterclass.

Ma è tutto oro quel che luccica? I fondatori dell’associazione si proclamano al 100% wine lovers ed è proprio questo il target di Vinifera, che intende rivolgersi in prima battuta ad enoappassionati con una logica inclusiva, con elementi indicativi come il prezzo accessibile del biglietto (sui 25 €), l’easy mood dell’evento, un allestimento semplice ed efficace, l’essenzialità negli spazi e un pubblico variegato.

Tuttavia, spesso chi visita la fiera, anche secondo le aspettative delle cantine, è comunque un certo tipo di persona, in qualche modo intenditore, che ricerca prodotti particolari e specifici – vini naturali, biologici o biodinamici -, e che ha un’idea di ciò che troverà e degusterà. Aspetti sicuramente positivi per i produttori, che possono interfacciarsi con un interlocutore di un certo livello, ma che fanno sì che la manifestazione rimanga “una nicchia nella nicchia”.

In ogni caso, dato che le cantine tengono molto al loro pubblico, dedicano volentieri del tempo a raccontare i loro prodotti a chi è disposto ad ascoltarli. Proprio per questo motivo, gli organizzatori, alla vigilia dell’evento, hanno deciso di contingentare gli ingressi, per rendere l’atmosfera più vivibile e permettere a chiunque di interagire con i giusti tempi e spazi.

Anche se i wine lovers costituiscono il fulcro dei visitatori (con numeri che si sono aggirati intorno ai 1.000 partecipanti al giorno), c’è stata comunque l’esigenza da parte dell’organizzazione di richiamare all’appello gli addetti ai lavori – enologi, tecnici, sommelier ma soprattutto ristoratori ed enotecari –, per i quali è stato creato un momento specifico, Pro.Sit., degustazioni e masterclass che si sono svolte lunedì 27 marzo al MUSE di Trento. Necessità scaturita per incontrare le richieste delle aziende espositrici e compensare l’investimento di queste ultime per la loro partecipazione alla fiera.

Il business non comunque è il vero focus dell’iniziativa, anche dal punto di vista delle vendite dirette b2c. Alcune cantine decidono di non spingere volutamente gli acquisti allo stand, preferiscono incentivare gli ospiti ad andarli a visitare sul loro territorio o intendono semplicemente raccontarsi piuttosto che dedicarsi ad affari.

Il senso di partecipare all’evento, per molti produttori, è sentirsi parte di un sistema e di una filosofia che li rappresenti, una sorta di utopia, ma guidata dalla passione per il proprio lavoro e di volerlo comunicare al meglio.

Vinifera è quindi uno spazio aperto dove assaggiare idee genuine, incrociare sguardi autentici, stringere mani artigiane e affidarsi a cuori appassionati. Un luogo dove incontrarsi, confrontarsi e discutere. Il mondo del vino forse ha bisogno di più eventi di questo tipo e di incentivarne lo storytelling, cercando allo stesso tempo di ampliare il raggio d’azione per gli addetti ai lavori e di generare introiti secondo le logiche di mercato.