Sei all’interno di un cratere vulcanico e al tempo stesso all’interno di una della città più grandi e belle del nostro Paese, Napoli.

Ora ditemi se al mondo possono esistere realtà come queste, capaci di coniugare natura (anche quella più estrema) ad arte, cultura, gastronomia e chi più ne ha più ne metta.
È proprio visitando aziende come Astroni, nel cuore dei Campi Flegrei, che ti rendi conto di quanto siamo fortunati nel nostro Paese e di come la nostra realtà vitivinicola non abbia uguali al mondo. E non c’è nessun atteggiamento sciovinistico in questa affermazione, ma semplicemente la constatazione dei fatti.

Devi sudare per arrivare da Astroni, dove tutto è in salita e il caldo estivo sicuramente non facilita il cammino. Ma quando arrivi sei talmente ripagato che la fatica sparisce d’incanto.
La cantina prende il nome dal cratere Astroni: le sue vigne, infatti, si sviluppano sulle pendici esterne del grande cratere collocato tra Napoli e Pozzuoli, un tempo una delle più importanti riserve di caccia dei Borboni e oggi una delle più suggestive oasi naturali del WWF Italia. Basterebbe già questa descrizione per convincere un enoturista, di qualsiasi parte del mondo, a venire qui sui Campi Flegrei, una denominazione che si compenetra in una città come Napoli che ogni volta che la si visita è in grado di regalarti emozioni nuove.

Per tante ragioni, quindi, la visita ad Astroni è una sorta di comò con tanti cassetti, ognuno dei quali racchiude racconti diversi.
C’è il cassetto della famiglia Varchetta, che si occupa di produzione vinicola da oltre cent’anni (era infatti il 1892 quando Vincenzo Varchetta decise di aprirsi ad una fiorente attività commerciale), e, in particolare, il cassetto di Giovanni Varchetta, figlio di Vincenzo, che nel secondo dopoguerra decise di dare un grande impulso all’attività vitivinicola. La foto di Giovanni nel 1940 attorniato dai suoi 10 figli rappresenta forse l’immagine più bella e suggestiva di questo nostro Italian Wine Tour 2021.

Ma il racconto del passato in casa Astroni è prezioso per far comprendere meglio il presente. Un presente che parte dal 1999, anno in cui inizia la nuova storia di Astroni, che in circa vent’anni è riuscita ad accreditarsi come una delle realtà più dinamiche ed interessanti del panorama vitivinicolo campano. Un successo frutto di un altro “cassetto” chiave dell’identità di Astroni: il vigneto dove sono protagonisti la Falanghina e il Piedirosso dei Campi Flegrei, ancora oggi in gran parte pre fillosseri (a piede franco).

Il terzo cassetto chiave dell’azienda è sicuramente l’habitat vulcanico. I Campi Flegrei sono una delle terre vulcaniche più interessanti a livello mondiale e da tempo esprimono una vocazionalità vitivinicola indiscussa, ma è stato grazie ad aziende come Astroni che queste potenzialità si sono manifestate in maniera concreta. Ma da Astroni l’identità vulcanica non è racchiusa “solo” nei vini, ma anche sul fronte enoturistico. La visita aziendale, infatti, trova proprio nell’area che si affaccia sul cratere Astroni, il momento più importante. Precisamente in quell’area è stata allestita in maniera permanente una penisola didattica contente pannelli illustrativi riguardanti la storia e le caratteristiche del territorio e, ovviamente, delle vigne che ne sono parte integrante fin dai tempi più lontani.

Sicuramente Astroni rappresenta un eccellente esempio di enoturismo capace di esaltare al meglio le peculiarità di un territorio. La narrazione che Cristina Varchetta, quarta generazione e responsabile accoglienza, ci ha donato accompagnandoci tra le vigne e la cantina è stata sempre coerente al fine di poter spiegare il nesso fondamentale tra quel loro sito produttivo unico e i vini che realizzano.

E quando arrivi alla degustazione finale, dopo un racconto così chiaro ed esemplificativo, i vini ti sembra di averli già assaggiati e apprezzati ancor prima di metterli al naso e in bocca.
Quando avviene questo significa che si è riusciti a costruire lo storytelling enoturistico corretto.