Quando durante il nostro tour negli USA abbiamo chiesto ai vari produttori della Pennsylvania quale fosse la storia del loro territorio, ci hanno risposto quasi tutti che, prima del proibizionismo (il bando sulla fabbricazione e vendita di alcol degli anni ‘30), nel territorio c’erano 1000/1200 cantine e migliaia di acri. Oggi le cantine dello stato si aggirano attorno alle 300 unità.
Questo passato accomuna un po’ tutti i territori degli Stati Uniti e fa sicuramente riflettere. C’è da chiedersi: se non ci fosse stato il proibizionismo, quanto sarebbe stata diversa la storia dell’industria vitivinicola americana? Gli USA sarebbero potuti diventare primi produttori a livello mondiale?
Quell’interruzione non solo ha bloccato lo sviluppo, ma ha anche fatto in seguito ripartire l’industria del vino americana negli anni ’70 con quelli che sono definiti i “big guys” come la famiglia Mondavi o la famiglia Gallo, che soprattutto in California ha dato il grande rilancio a tutto il sistema vitivinicolo di questo Paese.
L’offerta vitivinicola ed enoturistica della Pennsylvania
La Pennsylvania è uno stato nel Nord-est degli Stati Uniti e una delle prime 13 colonie americane. Quello che ci ha colpito delle aziende qui è che non ci sono delle aree dove la concentrazione di cantine è alta o bassa, ma sono distribuite uniformemente. Si dice infatti che ovunque tu sia in Pennsylvania non sei mai distante più di 40 minuti da un’azienda vitivinicola. Le aziende qui potremmo considerarle in genere medio-piccole, anche se durante il viaggio abbiamo visitato delle strutture piuttosto importanti.
Il profilo qualitativo dei vini è interessante, in linea con tutta l’area della East Coast, dal New Jersey alla Virginia. Grazie alle mutazioni climatiche questi territori sono riusciti a raggiungere delle condizioni molto più adatte ad una viticoltura di qualità rispetto ad un tempo.
Va altresì sottolineato che ci sono molte aziende giovanissime che oggi riescono a trovare il successo proprio grazie all’enoturismo. Cantine da 40, 30 mila bottiglie che hanno un mercato ridottissimo da un punto di vista tradizionale, quindi senza distribuzione negli Stati Uniti né tantomeno all’estero, riescono grazie all’accoglienza a rendere sostenibili le loro imprese. Questo è un valido esempio per molte aziende italiane.