Il Sudafrica è generalmente considerato all’avanguardia per quanto riguarda l’enoturismo, ma nell’ultimo decennio ha dovuto affrontare diverse problematiche:

  • una forte siccità e le relative restrizioni nell’utilizzo della risorsa idrica,
  • la pandemia che ha impedito la vendita di alcolici e bloccato le esportazioni di vino,
  • una drammatica recessione economica e la caduta del Rand (moneta sudafricana),
  • una rete elettrica malfunzionante che ha causato black-out frequenti.

“L’agricoltura è un settore difficile da gestire”, afferma Mariëtte du Toit-Helmbold, fondatrice di Destinate (agenzia di destination management e marketing turistico fondata nel 2013) e figura di riferimento dell’enoturismo a livello internazionale.

“Per sopravvivere, le aziende vinicole hanno dovuto scavare i propri pozzi per irrigare, installare pannelli solari, adottare il digitale e puntare sull’enoturismo”.

Secondo una ricerca di VinPro, il turismo del vino in Sudafrica rappresenta il 14,7% del fatturato delle cantine. Per le “micro-aziende”, ovvero quelle il cui fatturato è inferiore a 10 milioni di Rand (500.000 dollari), l’enoturismo rappresenta il 41% del fatturato dell’azienda. Complessivamente contribuisce all’economia sudafricana con 7,3 miliardi di Rand (390 milioni di dollari) e 36.000 posti di lavoro.

“Abbiamo capito molto tempo fa che l’enoturismo è un ottimo modo per portare i visitatori nelle aree rurali che necessitano di turismo. Inoltre il margine di profitto sul vino è molto più alto se viene venduto direttamente in azienda” precisa Du Toit-Helmbold. “L’enoturismo è un ottimo modo per far sì che le persone si fermino a lungo, ed è un ottimo reddito secondario”.

Quali sono i punti di forza dell’enoturismo in Sudafrica?

Di recente Du Toit-Helmbold ha ospitato un gruppo di produttori di vino europei che hanno espresso il loro entusiasmo per ciò che avevano visto e vissuto in Sudafrica, in particolare rispetto a 4 aspetti legati alla gestione dell’enoturismo:

  • Buon vino e buone persone
    Innanzitutto, una regione vinicola deve avere un buon vino da offrire e delle persone aperte e accoglienti. Non si può ingannare la gente per molto tempo oltre la prima visita.
  • Formazione e conoscenza
    Il livello di ospitalità, la formazione e la conoscenza del personale in materia di vino e il modo in cui lo comunicano ai visitatori.
  • Qualità
    Un’altra cosa che ha sorpreso i viticoltori è stata l’attenzione ai dettagli. Si è rivelata un’esperienza di qualità sia che siano andati in una vecchia casa rustica e semplice, sia che siano andati in un hotel a cinque stelle.
  • Raccontare una storia credibile
    Avere una buona storia ed essere pronti a raccontarla paga. Ma mentre i sudafricani sono più che disposti a parlare del passato oscuro dell’apartheid, molte altre destinazioni si ostinano a presentare solo il volto positivo e felice, privo di drammi e sfumature storiche.

Gli ostacoli dell’enoturismo in Sudafrica (ma anche in Italia)

L’attrattiva del lavoro

Per attirare persone appassionate, l’enoturismo deve essere più attraente e meglio retribuito. Deve offrire un vero e proprio percorso di carriera perché, come dice Du Toit-Helmbold, “le condizioni in cui si lavora non sono ottimali. Le ore di lavoro sono lunghe e il momento di massima attività è quando molte altre persone sono in vacanza”.

Di conseguenza, molte persone lo vedono come un primo lavoro, o come il lavoro part-time che fanno prima di iniziare una carriera seria. La fidelizzazione del personale ed i livelli di carriera sono quindi estremamente importanti.

Il livello di competenza

Le qualifiche sono fondamentali in ambito commerciale. “Abbiamo bisogno di un maggior numero di persone che diventino contabili, amministratori delegati o bravi manager, perché quando si gestisce un lodge o un’azienda vinicola di alto livello, è necessario avere competenze avanzate in ambito finanziario-economico”.

Attenzione al cliente

Prendere sul serio l’enoturismo significa anche capire cosa vogliono i clienti. Du Toit-Helmbold prende come metro di paragone la Spagna: “Sono molto seri nell’implementazione della loro offerta enoturistica, hanno appena ospitato la conferenza dell’UNWTO. Ma se ci vai come turista, alcuni posti chiudono ancora per la siesta”.

In alcuni casi anche i negozi all’interno delle cantine possono essere poco forniti e non vendono singole bottiglie di vino. “Devi comprare una cassa. Inoltre la maggior parte delle aziende ha dei bellissimi tapas bar o ristoranti, ma alcuni chiudono alle tre di pomeriggio e a volte non riaprono”.

Sviluppi futuri

Una tendenza che, secondo Du Toit-Helmbold, sta emergendo è quella dei “viaggi rigeneranti”. Le persone vogliono viaggiare, ma si chiedono cosa possono fare per rendere il viaggio più responsabile. C’è poi tutto il concetto di rewilding e di connessione con la natura.

È probabile che questo si manifesti attraverso la volontà di un ritorno all’essenziale, in cui i visitatori non cercano il lusso a tutti i costi ma una vicinanza con l’ambiente circostante: “Non si soggiorna in un palazzo dorato in una riserva di caccia, ma si cammina nel territorio con una guida e si sta più vicini alla terra. La gente paga cifre enormi per queste esperienze”.