Siamo verso la fine del nostro Italian Wine tour e confesso che la stanchezza si fa sentire. I bambini sono bravissimi ma iniziano ad essere stanchi. Il caldo è potente e Gino è senza aria condizionata. Ma ogni volta che scendo in un’azienda entro in un nuovo viaggio che mi fa sentire come al primo giorno. 

Abbiamo già visitato 50 aziende e non ne ho trovata una simile ad un’altra, anche parlando di aziende che distano un km una dall’altra. Questo è il potere dell’identità delle risorse umane che animano il nostro mondo del vino, la vera chiave della riconoscibilità. 

Ogni volta che risalgo sul camper mi accorgo che sale con me anche un pezzo delle persone con cui ho parlato. Mi porto via emozioni, sogni, fatiche, visioni. Ed è per questo che mi sento sempre diversa. 

Ormai lo sapete che durante le visite ci lasciamo ispirare dalle carte di The Wine Village, il nostro nuovo progetto legato allo sviluppo delle competenze nel mondo del vino e che parte dal presupposto che siamo tutti abitanti di un villaggio con ruoli e funzioni diverse e con una simbologia radicata in noi e nelle nostre storie di vita.

Che cosa ho imparato da Donatella Cinelli Colombini di Fattoria del Colle?

Se l’obiettivo di questi miei articoli è descrivere gli incontri che ho fatto dal punto di vista umano e relazionale ammetto che qui potrei scrivere pagine su pagine, perché stiamo parlando di una donna che per me ha rappresentato e tutt’ora rappresenta una fonte di insegnamenti inesauribile. 

Donatella ha questo fare apparentemente ingenuo, quasi sbadato. Ad una prima conoscenza potrebbe apparire come una donna da ruoli più politici e diplomatici che concreti e dinamici. Ma basta starle vicino per poche ore per capire di quanta sensibilità, quanto sacrificio, quanto senso del dovere e di quanta operatività sono intrise le sue giornate. Da Donatella ho imparato che se c’è una possibilità per ricevere consenso e per farsi seguire da un team è quella di dare l’esempio. E farlo con generosità e genuina disponibilità a mettersi in gioco. 

Da Donatella ho imparato che le eredità hanno due medaglie: non solo la fortuna di avere luoghi o aziende da valorizzare, ma anche il senso della responsabilità e del dovere morale verso chi ci ha preceduto, responsabilità che i manager non hanno e che a fatica possono capire. 

Da Donatella ho imparato che assieme si fa meglio: lei ha questa capacità di aggregare, di combattere per le cause in cui crede, di far infiammare gli animi per cause comuni. 

Grazie Donatella, sei una di quelle donne a cui sarò sempre riconoscente, poterti vedere nella tua casa, ascoltare i tuoi racconti, ma anche interpretare i tuoi silenzi, posso dire che mi ha dato la sensazione di catturare qualcosa in più di te. 

Ma l’insegnamento più grande che mi porto dentro è, ancora una volta, che dietro al successo c’è sempre una ragione che spesso è legata al farsi un mazzo enorme, quello che tu ogni giorno ti fai come donna, come imprenditrice e come rappresentante istituzionale.

Tra gli abitanti del Wine Village ho intercettato il Capo del Villaggio. 

Che cosa ho imparato da Paolo e Debora Bosoni di Lunae? 

È venuta ad accoglierci Debora al cancello e la mia prima impressione è stata: ecco una fata. Non tanto per i suoi capelli celesti, ma per la leggerezza, l’eleganza e la delicatezza con cui ha saputo condurci nell’universo di Lunae. 

Siamo stati travolti dalla sua carica magica e accompagnati nel suo regno. E tutto questo con una dose di umiltà tanto autentica quanto potente. 

Da Debora ho imparato che è sempre importante mettersi in discussione, anche quando hai la fortuna di presentare aziende che parlano da sole. Talvolta quando vedo manager che rappresentano realtà di successo, rintraccio quella arroganza di fondo che indispone e allontana. 

In Debora, che è titolare dell’azienda di famiglia, ho invece rintracciato quella giusta dose di insicurezza che ti porta ad avere sempre voglia di imparare e di migliorarti. Quella carica emotiva che non ti fa mai dare nulla per scontato e credo che sia il motore per non annoiarsi mai a prescindere dal ruolo che si ricopre. 

Grazie Debora perché in te ho riscontrato la bellezza di entrare in relazione alla pari, e talvolta di aver pure bisogno dell’approvazione per poter dare ancora di più e per poter esprimere in pieno la creatività che vive dentro di noi. 

Tra gli abitanti del Wine Village ho intercettato il Folle. 

C’è poi stata una veloce incursione di Paolo, fondatore dell’azienda. 

Da Paolo ho imparato che una chiave del successo è mettere sempre l’altro al centro della comunicazione. Non è stato immediato farlo parlare della sua azienda, della sua storia, della sua visione, perché per lui eravamo più importanti noi, e ha messo noi davanti alla sua azienda. Questa capacità di anteporre l’altro al proprio ego è rarissima, e quando è autentica come è stata in Paolo, non c’è bisogno di aggiungere altro. Capisci tutto, ti arriva ogni sfumatura della sua visione e non puoi fare altro che inchinarti di fronte  a chi ha contribuito ad innalzare il vino italiano nel mondo, partendo da casa propria. 

Tra gli abitanti del Wine Village ho intercettato il Capo del Villaggio.

Che cosa ho imparato da Sergio Bucci di Cantina Vignaioli Morellino ? 

Conosco Sergio da qualche anno e fa parte di quelle persone che riesce a catturare sempre la mia attenzione quando parla. Durante questa visita ho imparato da lui quanto è importante miscelare con equilibrio tre ingredienti: concretezza, visione e pragmaticità. Sergio sa essere leggero ma al tempo stesso attento alle dinamiche che lo circondano e di lui mi piace molto il modo sobrio e senza fronzoli di analizzare ogni situazione, valutando con sguardo attento pro e contro senza entrare in personalismi. Credo che queste caratteristiche siano essenziali per un manager oggi, dove è facile farsi trascinare in giudizi affrettati o in visioni miopi delle realtà del comparto vitivinicolo. Grazie Sergio perché mi hai insegnato quanto è importante essere bilanciati e soprattutto che si può manifestare la criticità con pacatezza, senza per forza dover sbottare. 

Tra gli abitanti del Wine Village ho intercettato il Costruttore.

Che cosa ho imparato da Elena Oberto e Cesare Barbero di Pertinace? 

Finalmente abbiamo potuto visitare Cantina Pertinace dopo tanti tentativi sempre colpiti da imprevisti. Cesare Barbero rappresenta la concretezza senza fronzoli fatta persona. Da lui ho imparato che le cose si fanno anche senza far troppo rumore. E questo non significa non farle. 

Ma soprattutto da Cesare ho imparato che un po’ di ironia non guasta mai, ma aiuta nel gestire un team e nel poter risolvere problemi con leggerezza. 

Tra gli abitanti del Wine Village ho intercettato il Cuoco. 

Da Elena Oberto ho imparato quanto è importante essere versatili e sapersi fare spazio in un’azienda. Molti manager pretendono di entrare con un unico ruolo definito nelle aziende, ma non è questo lo spaccato delle aziende del vino, dove talvolta i lavori si costruiscono man mano aggiungendo ruoli in base alle necessità e in base alle competenze messe a disposizione. 

Da Elena ho imparato come le cose avvengono in una duplice direzione: non basta una azienda fertile e con spazio, ma serve anche avere manager capaci e volenterosi di mettersi in discussione, di mettersi alla prova e di prodigarsi con amore per ogni singola mansione. 

Tra gli abitanti del Wine Village ho intercettato il Tessitore.

Quando si chiude la porta del camper e ripartiamo, sento che sono già diversa e che mi sto portando dentro qualcosa di nuovo che mi è stato donato durante lo scambio in cantina. Prima ancora che ottime degustazioni arrivano le storie di vita, le emozioni e gli stati d’animo di chi ci ha accolto. 

Questa è l’Italia, questa è la vita, questo è il mondo del vino che non ci deve far temere nulla.