Ci piace raccontare la nostra esperienza diretta, ed ammettiamo che dia soddisfazione raccontare storie di successo con finale positivo, magari anche dopo aver superato con arguzia e scaltrezza mille impedimenti per giungere alla perfetta conclusione della trattativa.

Ma non è sempre così: non sempre le cose si concludono al meglio. In qualche caso, ammettere un errore è necessario e pagarne le conseguenze è inevitabile.

Raccontiamo allora di quella volta in cui abbiamo sbagliato importatore e le conseguenze si sono fatte sentire per qualche anno.

Il caso riguarda un paese di cui possiamo vantare una buona conoscenza, ovvero la Cina, per cui l’errore vale doppio. Ma partiamo dal principio.

Quando un Export Manager opera per una Cantina, si trova sempre a dover bilanciare il lavoro di un buon manager (ovvero quello di chi può e sa programmare, pianificare, scegliere e gestire) con quello di chi deve “portare un risultato”, deve dimostrare di saper vendere e fare fatturato. La proprietà, in genere, vuol vedere i primi frutti del lavoro svolto già nel breve periodo. Il consulente, di pari passo, vuole dimostrare subito di essere stato un buon investimento.

Nel nostro caso, infatti, il voler dimostrare subito il proprio valore e la volontà aziendale di fare fatturato ci ha portato a fare la scelta sbagliata, ovvero quella di non selezionare con attenzione l’importatore. Abbiamo venduto ad UN importatore solo perché c’era da parte sua un interesse ai nostri vini, avevamo un accordo su prezzi, quantità, pagamento. Nel breve periodo tutto bello: pacche sulle spalle, soldi sul conto corrente, Manager e proprietario felici.

Il problema è venuto dopo. Avevamo scelto l’importatore sbagliato e non abbiamo impiegato molto tempo ad accorgerci dell’errore.

L’importatore cinese, completamente inadatto a vendere i nostri vini, ha impiegato pochi mesi a capire che non sarebbe stato capace di liberarsi delle bottiglie acquistate ed ha pensato bene, senza avvisarci, di pubblicare online il nostro vino, ad un prezzo che definire di realizzo è generoso. Nel giro di poco tempo era possibile trovare i vini della nostra Cantina su Taobao, Wechat, JD e probabilmente altri siti ancora, ad un prezzo più basso di quello pagato in acquisto dal nostro compratore.

Quando ci siamo accorti del problema abbiamo provato a fermarlo, ma senza alcun successo ed abbiamo intuito subito che per noi la situazione in Cina non stava prendendo una buona strada.

Sappiamo bene, infatti, che una delle prime cose che un possibile compratore fa, non solo in Cina ma in quel paese con maggiore forza, è andare a controllare la reputazione online del vino di cui sta valutando l’acquisto. Sappiamo anche che i prezzi online rimangono esposti per molto tempo, spesso anche quando il vino è finito, venduto, bevuto, e che ci possono volere anni per pulire il mercato e far dimenticare il posizionamento stabilito dall’importatore.

Risultato e conseguenza dell’errore fatto: la Cantina non è stata più in grado di vendere il proprio brand in Cina per quasi 3 anni. Ogni volta che entravamo in contatto con un nuovo buyer, prima o dopo ci veniva detto che i vini erano ancora online, che il consumatore finale poteva vedere un posizionamento errato, che non c’erano spazi di trattativa.

Abbiamo ovviato, in qualche modo, proponendo un brand diverso, ma il danno era ormai fatto e solo dopo molto tempo la Cantina è potuta tornare in Cina con il proprio nome ed il proprio marchio.

Lezione imparata. Dopo quell’esperienza, quando cerchiamo un importatore, facciamo tutto il possibile per scegliere quello giusto, che non crei danni, con cui lavorare nel lungo periodo, che posizioni il vino nel modo giusto. In Cina come in ogni altro paese.