Robert Joseph, noto editorialista di Meininger’s Wine Business International, si dichiara un estimatore dell’innovazione e dell’abbattimento delle barriere: “Simpatizzo con coloro che detestano qualsiasi tipo di “sistema di casta” che pone alcuni vitigni al di sopra di altri. Ci sono volte in cui un Trebbiano fresco può essere più gradevole di un blasonato Médoc. Ma, almeno per me, lo stesso si potrebbe dire di una buona birra fredda o di un gin tonic.”
Joseph prende in esame l’uva considerata di “livello o casta inferiore”, come Aligoté, Airen, Bourboulenc, Chasselas, Palomino, Rkatsiteli, Trebbiano e Carignan. Gli appassionati di vini particolari saranno sempre attratti da queste uve che, grazie alle peculiarità del luogo dove sono state piantate le vigne e/o all’abilità dell’enologo, hanno un gusto straordinario.
Ma questi vini puri, monovitigno, secondo Joseph saranno sempre marginali. I bevitori di Chardonnay e Sauvignon non passeranno mai in massa ad Aligoté o Bourboulenc.
Le miscele più emozionanti e distintive combinano uve di varie “caste”, Joseph su questo aspetto non ha dubbi: “Mi sono goduto del delizioso Meunier, ma non direi mai che è “buono” come il Pinot Nero. Eppure, per Krug dà comunque un contributo inestimabile. Potrei fare un’osservazione simile sul Petit Verdot, e credo ostinatamente che Merlot e Grenache siano – con le eccezioni – migliori nei blend che come solisti.
Alcuni dei vini più entusiasmanti che mi sono goduti negli ultimi tempi sono stati blend come l’Antiquarian di Phil Reedman MW, prodotto nel Riverland australiano con uve di “livello inferiore” come il Muscadelle e il Colombard, insieme ai più aristocratici Chenin Blanc e Semillon.”
Per chiarire la sua posizione in merito, Joseph suggerisce un paragone “musicale”: “un triangolo o un timpano non sono strumenti fini come un pianoforte o un violino. Tutti questi strumenti hanno un loro ruolo essenziale nell’orchestra, nessuno di questi può sostenere un concerto da solo”.