Il processo di selezione può essere visto come una sorta di imbuto, al pari del cosiddetto “funnel” del marketing: si parte da una base il più larga possibile e, procedendo per selezioni progressive, si restringe sempre più l’imbuto fino ad arrivare al candidato o alla candidata perfetta. Ci possono essere parecchi ostacoli lungo il percorso, analizziamo oggi la fase di conoscenza della persona: il colloquio.
Un rischio a cui si è esposti in questa situazione è il cosiddetto effetto alone. E’ il fenomeno per il quale un particolare aspetto di una persona che valutiamo positivamente trasforma in senso migliorativo la nostra percezione complessiva della persona medesima. Allo stesso modo per gli aspetti negativi con una percezione negativa.
Facciamo un esempio: se incontriamo un candidato che ha lavorato in una importante azienda del vino, di cui conosciamo l’ottimo posizionamento sul mercato, siamo così attratti dalla prospettiva di portarci a casa chissà quali contatti commerciali che tenderemo a vedere avvolte da alone positivo un po’ tutte le caratteristiche di questa persona, “facendola andare bene” anche se oggettivamente mancano alcune competenze che in sede di analisi avevamo definito come fondamentali (ad esempio non andando a verificare in profondità le attività effettivamente svolte in quell’azienda e le reali capacità dimostrate, oppure sorvolando sulla compatibilità del suo approccio personale e relazionale con il nostro contesto aziendale).
Possiamo dire, con una semplificazione forse eccessiva, che l’obiettivo del colloquio è quello di togliere tutti gli aloni e permetterci di giungere a una valutazione affidabile della persona che abbiamo davanti, in relazione al ruolo per la quale si è candidata. La via che ci consente di arrivare a questo risultato è principalmente una: fare domande, domande, domande. E ascoltare, per davvero.
Ci sentiamo quindi di dare alcuni consigli pratici per non addetti ai lavori:
- Stendere la cosiddetta “intervista mirata”, ovvero un elenco di domande collegate alle competenze da verificare, uguali per tutti i candidati, in modo da poter davvero comparare le risposte ed essere sicuri di mappare tutte le caratteristiche personali e professionali che ci interessano. Questo ci metterà al riparo dai due principali errori che si possono fare nella conduzione di un colloquio di selezione: lasciar parlare a ruota libera i candidati o parlare solo noi!
- Conservare poi la traccia scritta delle risposte date dai candidati ed aggiungere subito dopo il colloquio alcune brevi note valutative: vi garantiamo che dopo i primi 5 colloqui la confusione tra i candidati nella vostra testa sarà certa.
- Per evitare di perdere un’ora o più magari per un colloquio inutile, è prassi e consigliata una pre-intervista telefonica. Si tratta di un primo contatto diretto con la persona (normalmente telefonico o digital) che permette di smarcare subito le questioni di fondo relative ad esempio alla presenza di una particolare competenza (es: il livello di conoscenza dell’inglese), alla disponibilità ad un eventuale trasferimento fino alla verifica della motivazione rispetto al ruolo offerto e alle aspettative economiche. Con questo tipo di filtro veloce, le 15 candidature che erano scese nel funnel grazie allo screening diventeranno la metà o poco più. A questi e solo a questi candidati va dedicato tutto i tempo e tutte le attenzioni necessarie ad un colloquio di valutazione.
- Lasciare agli americani i colloqui che mettono sotto stress i candidati creando fittizie situazioni di tensione: è decisamente meglio la creazione di un setting relazionale che consenta un ascolto attivo e faccia sentire la persona invitata davvero accolta. Tra le attenzioni vanno sicuramente incluse la ricerca del giusto ambiente e l’esclusione di ogni tipo di interferenza esterna (sì, durante il colloquio non si risponde al telefono!).
Seguendo questi consigli avrete sicuramente raggiunto una condizione tale da effettuare una selezione superiore ad ogni altra realizzata in precedenza.
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