C’è un tema, in queste settimane di grandi difficoltà anche per il nostro settore vitivinicolo, che emerge poco, troppo poco. Ci stiamo riferendo al tema dei prezzi, non tanto e non solo quelli di oggi ma soprattutto quelli di domani, in particolare quelli che scaturiranno dopo la vendemmia 2020.
Si fa un gran parlare delle misure possibili per far fronte all’emergenza attuale, come la distillazione di crisi, la diminuzione delle rese, il blocco degli impianti, tanto per citare le più immediate, ma non si vuole fare emergere con chiarezza che in una fase così difficile sarebbe fondamentale garantire che i prezzi delle nostre denominazioni non fossero oggetto di pericolosi fenomeni speculativi.
Quest’ultimo fenomeno, dovuto in gran parte al trend di crescita sul fronte del canale moderno, non può non essere visto positivamente e il nostro augurio è che prosegua anche nei prossimi mesi.
Inutile negare che quando si verificano casi di questo genere i rischi principali sono due: le aziende più performanti hanno la possibilità di andare ad acquistare uve o vini a prezzi molto convenienti da azienda in difficoltà; aziende in difficoltà che pur di “svuotare” le proprie cantine sono disponibili a svendere il proprio prodotto a “colleghi più fortunati” o a catene distributive alle quali prima non avrebbero mai pensato di rivolgersi.
Su questo fronte, purtroppo, sappiamo da tempo come i Consorzi di tutela abbiano le cosiddette mani legate e le misure che possono adottare, come quelle precedentemente evidenziate (blocco impianti e diminuzione delle rese), in una situazione emergenziale come questa potrebbero essere solo meri palliativi.
In questi giorni ci siamo confrontati anche con alcuni responsabili di Consorzi che ci hanno espresso con chiarezza la loro preoccupazione sul fronte prezzi e, al tempo stesso, la loro frustrazione di poter fare ben poco.
Ma quella che era una pessima e pericolosa abitudine nel recente passato oggi potrebbe trasformarsi forse nella mannaia più deleteria per il futuro delle nostre denominazioni.
Quello che appare sempre più chiaro, infatti, pur all’interno di una situazione emergenziale ancora difficile da decifrare, è che avremo delle conseguenze che avranno un impatto temporale più limitato e altre che potrebbero generare un indotto negativo per molto, molto tempo.
Tra quest’ultime vi è sicuramente la possibile drammatica diminuzione del posizionamento delle nostre denominazioni.
Al momento noi vediamo una sola strada che se può apparire “ingenua”, in una fase così “straordinaria” come questa potrebbe avere un’efficacia nel passato impensabile: un accordo tra gentiluomini.
Si, un vero e onesto accordo tra produttori che garantiscono prezzi di acquisto e di vendita non al di sotto di un determinato limite prefissato.
Non vediamo altre alternative al momento, e considerando la delicatezza del tema prezzo, sarà difficile che anche nel futuro i Consorzi saranno autorizzati a mettere vincoli a questa variabile così importante.
Ma oggi è in ballo il futuro delle nostre denominazioni e la sostenibilità economica delle nostre imprese. Illudersi che i grandi ribassi di oggi potranno essere recuperati domani potrebbe essere veramente fatale.
E’ arrivato il tempo degli “smart agreements”, in tutti i sensi.