Ne avevamo sentito tanto parlare ma non era mai arrivata l’occasione buona per andare in azienda per conoscere dal di dentro l’anima vera di questa realtà vitivinicola salentina.
Seguivamo da tempo, attraverso i media e i comunicati aziendali, l’evoluzione del loro “Premio” che è diventato negli anni uno degli appuntamenti più importanti nel panorama degli eventi culturali organizzati da un’azienda vitivinicola.
Stiamo scrivendo dell’azienda Apollonio oggi una delle realtà più interessanti e soprattutto originali nel panorama della vitienologia del nostro Mezzogiorno.
Una realtà dalle radici lontane, come ci ha raccontato Massimiliano Apollonio che rappresenta, assieme al fratello Marcello, la quarta generazione coinvolta nella conduzione dell’azienda. La storia dell’azienda, infatti, fonda le sue radici nel 1870 nel basso salento, una delle aree oggi fortunatamente riconosciute tra quelle a maggiore vocazione vitivinicola del nostro Paese.
Un’azienda storica ma che proprio grazie a quest’ultima generazione è riuscita a compiere una straordinaria evoluzione sia in termini di prodotto che di immagine.
Un esempio a nostro parere eccellente di come oggi, nonostante le indubbie difficoltà del mercato, le insidie dell’attuale scenario competitivo, sia possibile costruire un’impresa moderna ad alto valore identitario.
E questo non solo grazie ad un terroir produttivo altamente vocato ma anche, e soprattutto, grazie ad una competenza e coraggio imprenditoriale di straordinario esempio in un Sud Italia al quale spesso viene rimproverato di non avere aziende imprenditorialmente evolute.
Lo evidenziamo senza mezzi termini, Apollonio è una realtà invidiabile nel panorama vitienologico italiano. Spesso sottolineiamo l’importanza di costruire aziende autentiche, riconoscibili, capaci di mettere in risalto con coraggio e trasparenza tutti i propri fattori, da quelli produttivi a quelli legati alle risorse umane.
Ecco Apollonio rappresenta un esempio eccellente in tale direzione. E una delle dimostrazioni più eloquenti di tutto ciò è il “Premio Apollonio” a nostro parere probabilmente oggi uno degli eventi organizzati da un’azienda vitivinicola più efficaci e capaci come pochi altri di esaltare il rapporto tra vino e cultura. Un premio giunto quest’anno alla 12a edizione (da due anni con la direzione artistica del bravo ed eclettico attore Neri Marcoré) e che ogni anno riesce a portare a Lecce, nel suggestivo Chiostro del Rettorato dell’Università del Salento, alcuni dei più importanti artisti italiani ed internazionali e, soprattutto, richiama l’attenzione di migliaia di persone tra appassionati e addetti ai lavori.
E tutto questo grazie ad una straordinaria capacità di creare relazioni, di non fermarsi mai davanti alle difficoltà, trainati da un coraggio e una passione che fa superare ostacoli che sembrerebbero insormontabili.
Basta parlare con Massimiliano per capire subito che ci si trova di fronte ad una persona capace di coniugare competenza, passione e anche sana umiltà.
Un coraggio espresso anche nel vino con la scelta, per certi aspetti in controtendenza, di investire soprattutto in vini dai lunghi affinamenti in legno.
Quando molti si allontanavano, sempre per inseguire le tendenze “modaiole”, dal legno, in casa Apollonio si è studiato come valorizzare i grandi vitigni pugliesi a partire dal Primitivo e dal Negroamaro e far percepire come è possibile ottenere da tali varietà eccellenze enologiche dalla straordinaria longevità.
Un percorso produttivo complesso e rischioso ma che certifica in maniera eloquente il grande valore enologico di queste varietà che per troppo tempo hanno subito un’immagine fuorviante, legata spesso all’arricchimento di altri vini del nord o per realizzare semplicemente vini di pronta beva.
Abbiamo avuto la fortuna di degustare i più importanti vini dell’azienda al centro della loro incredibile barriccaia, anche se sarebbe più corretto parlare di “cattedrale del legno”, dove si affinano gran parte dei vini Apollonio.
Un luogo “mistico” dove, però, grazie all’affabilità e le capacità di narrazione di Massimiliano, ci si sente a casa.
E mentre degustiamo e ascoltiamo Massimiliano pensiamo a cosa significhi concretamente comunicare l’identità vera di un’azienda e dei suoi vini, trasmettere senza filtri la propria anima, in estrema sintesi “farsi conoscere”.
Non è solo “tecnica comunicativa” ma è essere se stessi senza la paura di nascondersi dietro le proprie bottiglie, senza il timore del giudizio, anzi aprendosi ad esso.
Finiamo la degustazione, ci diamo l’arrivederci alla sera dove avremo la fortuna di essere tra il pubblico del Premio Apollonio.
E sarà proprio in quell’incredibile Chiostro di una Lecce che ogni volta che visitiamo ci affascina di più, che ci rendiamo conto dell’incredibile alchimia che questa famiglia è riuscita a creare e che si manifesta attraverso una rete di relazioni sempre più vasta.
Relazioni vere, non superficiali e dopo poco tutti ci sentiamo di appartenere in qualche modo alla famiglia Apollonio.
Per la cronaca durante il Premio non si vede mai una bottiglia di vino, se non vagamente alla fine delle premiazioni. Ma si ha la sensazione costante che non ve ne sia bisogno, in fin dei conti siamo tutti amici, che diamine sappiamo cosa fanno gli Apollonio.