È passato un anno e siamo ancora esattamente come dodici mesi fa, ostaggio di una pandemia globale e una crisi universale di sanità pubblica che anche per il 2021 sarà lo sfondo dell’evento Bordeaux en primeur (degustazione dei vini in anteprima, prima dell’imbottigliamento). Ancora una volta critici enologici internazionali, commercianti, broker e rivenditori saranno impossibilitati a recarsi a Bordeaux, e affideranno gli assaggi a campioni “mobili”, cioè spediti fuori da Bordeaux. Una pratica che avremmo preferito rimanesse un’eccezione, ma che a questo punto ci chiediamo se possa forse divenire la nuova normalità.
A tal proposito Colin Hay, il corrispondente di Bordeaux di The Drinks Business, ha riflettuto su alcuni punti rilevanti della nuova prassi, evidenziando le molte insidie e i vari problemi correlati alla qualità, nonché le differenze legate alla diversa metodologia di distribuzione dei campioni, aspetti che sollevano diverse preoccupazioni riguardo la loro affidabilità.
Colin Hay sottolinea come non ci sia nulla d’insolito nell’assaggio dei campioni. En primeur ha da sempre puntato al commercio internazionale del vino e i critici che arrivano a Bordeaux da ogni parte del mondo sono consci di assaggiare vini più o meno rappresentativi di quelli che saranno i veri vini.
In quel momento sono acerbi, appena prelevati dalle barrique o da botti grandi o anfore custodite nelle cantine dei principali Château. Nel migliore dei casi in assaggio ci saranno le cuvée finali; in molti altri solo un assemblaggio proposto esclusivamente per l’evento en primeur; in altri ancora un semplice campione di botte.
Anche nelle classiche degustazioni en primeur non sono mai mancati dubbi sulla rappresentatività di tali campioni, cioè di quanto siano fedeli al gusto finale di Bordeaux. Ma è chiaro che non vi è alcun interesse da parte degli Château nel proporre assaggi di prodotti diversi dall’originale. Uno dei suggerimenti potrebbe essere quello di proporre tasting proventi da un solo contenitore di affinamento, un’attenzione che comunque non convincerà i più scettici.
Il punto però questa volta non riguarda le normali degustazioni en primeur ma quelle dei campioni inviati, una modalità congeniale nell’emergenza Covid-19 e che per alcune sue caratteristiche potrebbe avere un ruolo importante anche successivamente. Non più solo l’eccezione, dunque, ma in taluni casi una possibile alternativa.
Un campione en primeur è una forma d’assaggio particolarmente delicata e molto difficile perché presuppone una profonda conoscenza dell’andamento dell’annata e dello stile dello Château, ma anche la capacità d’immaginare il futuro di quel vino. La vita del campione en primeur inizia nel momento in cui viene prelevato dalla barrique. I vini naturalmente sono giovanissimi, instabili e per nulla pronti. Rischiano di cambiare con grande rapidità, anche solo dopo poche ore, soprattutto con il loro trasferimento. Attimo dopo attimo, degradano un po’ di più.
I fattori che incidono su questi cambiamenti sono relativi alla tipologia di vino, alla specifica barrique da cui vengono prelevati, alla preparazione del campione, al contenitore utilizzato per il trasferimento e alle condizioni di trasporto, oltre alla distanza percorsa e al tempo di transito prima che il campione giunga a destinazione.
Molto peggio è lo “stato” dei campioni spediti per le degustazioni professionali, campioni che generalmente impiegano almeno 5 giorni per arrivare in loco. Praticamente un numero importante di campioni en primeur viene consegnato anche una settimana dopo che sono stati prelevati. Alcuni di loro sono ancora degustabili; molti altri non lo sono più. Insidie che si amplificano per gli invii su destinazioni come Londra, Hong Kong o New York.
Colin Hay ha raccolto tali osservazioni dopo avere assaggiato circa 300 campioni “itineranti” 2020 en primeur. La maggior parte di questi gli è stata spedita direttamente a casa sua, a Parigi; altri li ha assaggiati in tasting professionali come la degustazione UGCB; altri in degustazioni private con l’enologo. “I campioni inviati direttamente da Bordeaux generalmente arrivano entro 48 ore e, se provengono direttamente dallo Château raramente impiegano più di 72 ore – afferma Hay -. Ho cercato però di non fare affidamento solo su quegli assaggi, ma tentare di degustarli una seconda e una terza volta. Una possibilità più facile per me abitando a Parigi”.
Questo ci porta a riflettere su un secondo punto, quello forse più cruciale: come si presentano i campioni non più ottimali? La risposta è chiara, almeno per Colin:
- perdono brillantezza, sono più opachi visivamente;
- perdono definizione, precisione aromatica, stratificazione e diventano più omogenei al naso;
- perdono precisione, definizione palatale e persistenza;
- i tannini perdono aderenza e concentrazione diventando omogenei;
- viene persa qualsiasi pixelizzazione della grana e qualsiasi trasparenza gustativa;
- dal momento dell’apertura raggiungono il livello massimo espressivo in circa 2 ore prima di iniziare a deteriorarsi.
Le implicazioni sono evidenti. Per questo Colin Hay ritiene opportuno che tutte le criticità siano condivise con chi aspetta le valutazioni dell’annata al fine di comprendere appieno la delicatezza dell’assaggio di vini en primeur itineranti. “È necessario che ci sia la massima chiarezza relativamente alla modalità di assaggio e di punteggio, indicando per esempio come si sono ricevuti i campioni e in che modo sono stati degustati.
Il lettore deve cogliere chiaramente il percorso svolto per l’assegnazione di quel preciso punteggio. L’ideale sarebbe degustare in loco, ma è una possibilità dispendiosa in termini di tempo, visto il numero elevato di campioni. Manca il tempo e manca la pazienza per assaggiarli correttamente” – afferma Colin Hay -.
A parte il momento contingente, rimane preferibile affidarsi a degustazioni professionali di gruppo condotte direttamente a Bordeaux perché i critici hanno l’opportunità di esperienze veritiere. Ma è chiaro che l’esperienza del campione “itinerante” permette di integrarsi a nuova normalità. La necessità, come afferma Colin Hay, è la madre dell’invenzione. E quella dell’invio dei campioni, dopo tutto, non è poi così pessima.