Oltre alle tensioni in corso nella catena di approvvigionamento, l’industria vinicola globale deve ora affrontare carenze di manodopera stagionale e salari più alti. Le tensioni sono particolarmente alte nelle regioni che dipendono dalla forza lavoro di provenienza internazionale, dato che i lavoratori non possono viaggiare a causa delle restrizioni legate alla pandemia.
Come riferisce Wine Enthusiast, da gennaio 2021 ad oggi, i salari per i lavoratori stagionali a contratto nei vigneti in Nuova Zelanda sono aumentati del 22%, compresi i costi (Managed In Quarantine) associati al rischio che attività come la potatura non vengano fatte in tempo.
“Ogni anno, l’industria del vino si avvale di una consistente forza lavoro stagionale per integrare la nostra forza lavoro permanente e questi lavoratori qualificati svolgono un ruolo vitale nel consentire all’industria di soddisfare i picchi critici di lavoro stagionale”, evidenzia Philip Gregan, CEO di New Zealand Winegrowers, l’organizzazione nazionale dell’industria dell’uva e del vino della Nuova Zelanda.
“L’annuncio del governo che i lavoratori stagionali RSE (Recognized Seasonal Employer) provenienti da Samoa, Tonga e Vanuatu possono andare in Nuova Zelanda senza dover sottoporsi alla quarantena, ha fornito all’industria alcune garanzie per far fronte alle prossime incombenze stagionali”.
Eppure, la disponibilità di lavoratori stagionali è una preoccupazione. Per mitigarla, alcune aziende vinicole neozelandesi hanno aumentato il loro numero di dipendenti a tempo pieno, con tariffe orarie superiori del 10% rispetto al nuovo salario minimo di 16 dollari l’ora.
Tuttavia, i posti vacanti non possono essere occupati solo dai neozelandesi, dato che il mercato del lavoro è piuttosto ristretto in molte regioni. “Continuiamo a lavorare con il Governo e le parti interessate per assicurarci che siano consapevoli di questi problemi e dell’impatto che la carenza di manodopera avrà sul comparto se non saranno in grado di attrarre la forza lavoro di cui il settore ha bisogno”, aggiunge Gregan.
Inoltre per soddisfare la crescente domanda globale di vino neozelandese, c’è stato un ampliamento della superficie coltivata a vigneto. Dal 2020 al 2021, i vigneti sono aumentati di 1.262 ettari e si prevede che questo processo continui nel 2022. Questo chiaramente aggraverà la carenza di personale.
Erica Crawford, fondatrice di Loveblock Wines avverte: “A meno che il governo non allenti la sua posizione sull’immigrazione, ci troveremo nella stessa situazione il prossimo anno”.
La meccanizzazione dei processi del vigneto può aiutare, poiché riduce drasticamente il numero di lavoratori necessari. Le aziende vinicole di tutto il mondo stanno sperimentando la potatura robotizzata e software per identificare le malattie, stimare le rese, irrigare i campi e altro ancora.
Man mano che i produttori abbracciano la tecnologia, tuttavia, sorgono nuove sfide. Crawford si preoccupa della perdita della “manualità umana”: “Siamo una piccola tenuta e cercheremo di gestire la maggior parte degli interventi manualmente, il più a lungo possibile. Ma ho il sospetto che la realtà ci costringerà a riconsiderare questa posizione”.
Rob Cameron, cofondatore di Invivo ed enologo è d’accordo: “C’è il rischio che, con una viticoltura più tecnologica, le varietà più sensibili e i siti più difficili possano rivelarsi meno favorevoli per gli investimenti nei prossimi anni a causa dell’offerta di manodopera e di un gap nella capacità di gestione meccanica”.
Alessandro Lunelli, amministratore delegato di Tenute Lunelli, sottolinea che: “La carenza di manodopera può essere dovuta a politiche protezionistiche, ad una mancanza di formazione o ad una mancata corrispondenza delle competenze. Oggi, un lavoratore che guida un trattore deve saper usare un tablet ed un sistema GPS. La potatura richiede un’enorme abilità. Quindi dobbiamo investire in tecnologia e formazione”.
Anche il business del vino californiano che vale 43 miliardi di dollari, è alle prese con questi problemi. Negli ultimi anni, ha sopportato incendi, siccità, infestazioni di parassiti, restrizioni pandemiche, carenze di manodopera e altro.
Stephanie J. Honig, Responsabile vendite della Honig Vineyard and Winery a Napa, ritiene che l’industria dovrebbe pagare salari più alti o lavorare per meccanizzare le operazioni al fine di limitare il numero di dipendenti necessari. “La gente ha bisogno di guadagnare uno stipendio, avere la copertura sanitaria per la famiglia e garantirsi uno stile di vita sostenibile”.
Diverse aziende vinicole californiane assumono appaltatori per combattere il problema della carenza di manodopera, l’outsourcing però ha un costo superiore.
In sostanza, l’industria del vino richiederà sempre del lavoro umano, ma la tecnologia può ottimizzare i costi del lavoro e permettere alle aziende di gestire una manodopera ridotta ma molto qualificata in maniera più efficiente attraverso una formazione più specifica e dei salari più alti.