Carlotta Salvini è una ragazza solare, sempre sorridente, che ha raggiunto il traguardo di Miglior Sommelier Fisar 2019 ed è oggi Hospitality Manager della Cantina Felsina, in Toscana tra il Chianti e le Crete Senesi.
Parlando con lei, che si definisce una “ragazza di campagna”, si comprende come la sua determinazione l’abbia portata a costruire da sé, un poco alla volta, la sua strada, riuscendo a fare della sua passione un lavoro. “Di fronte alle più grandi sconfitte e difficoltà – ci racconta – non ho mai smesso di credere in me stessa, grazie anche alle mie grandi passioni, ovvero l’equitazione e la chitarra classica”.
L’avvicinamento con il mondo del vino è stato graduale. Carlotta, infatti ha frequentato la Facoltà di Agraria di Firenze e nel 2010 decise di partecipare alla sua prima vendemmia per un’esperienza più a contatto con la terra ed un po’ meno con i libri. “Non mi dimenticherò mai quelle sensazioni – dice Carlotta con emozione – era il momento dell’uva fatta di relazioni, qualcosa che andava oltre il vino stesso e che faceva della vendemmia una vera e propria festa, sentita e viscerale. Capii allora che quella storia doveva continuare”.
Sia durante gli studi che dopo, abilitata come Agronoma, Carlotta è sempre stata in mezzo agli uomini, non senza poche difficoltà, in un settore prevalentemente maschile, in cui lei era vista come una giovane inesperta, presa quindi di conseguenza poco sul serio. Ma non si è mai arresa, anzi, è stato forse proprio questo a portarla ancora di più nel cercare la sua strada. “La mia scelta è stata a quel punto di specializzarmi nel vino – ci confida – prima con il diploma di Sommelier Fisar, poi con la Laurea in enologia, con cui sono riuscita a trovare la giusta dimensione per esprimere le mie attitudini e soprattutto seguire la mia passione. Anzi, in realtà è stata proprio lei, la passione, ad indicarmi la strada”.
Infatti, ci racconta la Sommelier, i traguardi sono poi arrivati, come risultato della voglia di imparare, rinnovarsi e soprattutto studiare ciò che piace, anche quando la strada sembrava senza uscita. “La passione non nasce dal nulla – continua Carlotta – non è qualcosa che si trova per strada o che Amazon ti consegna alla porta. È un percorso, in costante movimento ed è solo quando ti guardi indietro che capisci dove tutto questo ti ha portato. Il mio più grande traguardo è lavorare e non sentirne il peso e la fatica”.
Con l’avvento del digitale, poi, tutti i professionisti, uomini o donne che siano, sono stati messi davanti agli stessi problemi: come coinvolgere i propri potenziali clienti? Come gestire la distanza? Il coinvolgimento è diventato quindi la capacità indispensabile per stare davanti allo schermo e presuppone un atteggiamento comunicativo differente. Ci ha fatto capire che tutto cambia, tutto è in continua evoluzione.
“Lo schermo è democratico – asserisce con convinzione Carlotta – e ritengo che questo soprattutto nel settore del vino abbia eliminato determinate gerarchie: se si è efficaci nel comunicare funzioni, altrimenti sei fuori. Conosco tantissime persone stimate che davanti allo schermo assumono lo stesso atteggiamento di quando comunicano in presenza ed allora la conversazione diventa narcisistica, autoreferenziale e quindi, drammatica. Questo non vuol dire che l’analogico ed il relazionale non siano importanti – precisa – ti consentono di vivere gli occhi delle persone, l’atmosfera di un paesaggio, di una cantina e ritengo che il digitale possa essere uno strumento di supporto di cui in futuro non se ne potrà fare a meno”.
Per quanto riguarda invece il futuro delle donne nel settore, Carlotta ritiene che la strada sia ancora in salita anche se negli ultimi anni sono cominciate ad emergere figure femminili ai vertici nel mondo del vino e ed anche nell’imprenditoria vitivinicola. È quindi sempre più importante sensibilizzare non solo sulla figura della donna nel vino, ma in generale sul ruolo delle donne nel mondo del lavoro così come fanno associazioni quali le Donne del Vino, Donne della Vite, Fisar in Rosa. “Sono ancora poche le donne che raggiungono livelli alti perché sono altrettanto poche le donne che intraprendono questa scelta. – racconta Carlotta – E non è per l’impegno, la costanza o il sacrificio, ma per le criticità del nostro sistema e per i limiti di politiche desuete che continuano a responsabilizzare le donne per i loro insuccessi, senza invece mettere in luce le opportunità da valorizzare e le accessibilità da redistribuire”.