Il Chianti Classico torna a Milano al Circolo Filologico Milanese in una di quelle giornate che in questo difficile anno segnano una nuova svolta per una città e una regione in un equilibrio davvero precario. A poche ore dall’uscita dell’ennesimo DPCM, pensare di poter parlare a una platea di giornalisti, enotecari, sommelier, addetti ai lavori, seppur in un ambiente ampio come il Circolo Filologico e secondo il rispetto di norme molto rigide, diventa l’ennesima sfida da vincere per portare avanti una vita che come abbiamo già sperimentato durante il periodo del lockdown non si arresta. Lo scorrere delle stagioni segna il tempo della natura viva, feconda, e di paesaggi che oltre ad essere una bella immagine da raccontare diventano la chiave di lettura del carattere di un vino. Il Chianti Classico “A colpo d’Occhio” è la presentazione, in anteprima, di un nuovo progetto ancora in fase embrionale che il Consorzio sta sviluppando con la collaborazione di Alessandro Masnaghetti; 25 anni di attività nel mondo del vino come critico e degustatore, e figura di riferimento in tema di cartografia e analisi dei territori vinicoli – per la rivista Wine Spectator “Map Man” –.
Di cosa si tratta? A Colpo d’Occhio è una moderna esplorazione dell’area del Chianti Classico Gallo Nero che avviene in modalità interattiva, non più solo mappe cartacee ma immagini e vedute a 360 gradi che permettono di navigare il territorio. Un progetto legato ad una collaborazione decennale, dalle prima mappe comunali dei vigneti pubblicate nella collana “I Cru di Enogea” fino all’intera denominazione, anche con versione in rilievo.
“Quello che oggi presentiamo – afferma Giovanni Manetti, Presidente del Consorzio Vino Chianti Classico – è solo l’inizio di uno studio più ampio che stiamo sviluppando. Un lavoro che valorizzerà ulteriormente la nostra denominazione, mettendo in evidenza proprio quelle caratteristiche che rendono unico nel Chianti Classico il binomio vino territorio”. Un concetto che Alessandro Masnaghetti, in un viaggio virtuale che mette il pubblico in una condizione attiva attraverso l’esplorazione di comuni, alture, fiumi, vigne e punti di riferimento paesaggisticamente rilevanti, svilupperà addentrandosi nel concetto di territorio, il solo fattore non trasferibile per parlare di unicità. Pietra angolare rimane il paesaggio concepito come geologia, esposizione, quota, altimetria. Da qui prende vita la conoscenza, lo studio per produttori e consumatori per comprendere che essere in sintonia con il paesaggio e il territorio significa sviluppare l’assaggio di un vino in una modalità unica e completamente diversa. “L’impronta digitale di un vino e di una denominazione coincidono con il profilo del suo paesaggio – commenta Alessandro Masnaghetti -. Imparare a leggerlo, ad apprezzarne le sfumature e a valorizzarne le differenze sono la chiave per rafforzarne l’identità.
Gli assaggi di Chianti Classico d’annata, ben dieci – vendemmia 2017 e 2018 -, sono l’espressione più caratteristica per cogliere le differenze della denominazione. Dalla zona più alta e fresca e suoli di macigno di Greve in Chianti con Lamole di Lamole Chianti Classico Etichetta Bianca 2017, l’eleganza e l’equilibrio in un corpo di carattere, ci si indirizza verso Radda in Chianti in un’esposizione che guarda a sud e che porta nei vini concentrazione e spinta. Come per Castello di Volpaia, Chianti Classico Volpaia 2018, Castello di Ama, Ama 2018 (Gaiole in Chianti), Ricasoli Brolio 2018 (Gaiole in Chianti) e Felsina, Pagliarese 2018 (Castelnuovo Berardenga) su suoli di alberese, che trovano un frutto più concentrato, un carattere caldo ingentilito dalla dinamicità del sorso. Il versante occidentale della denominazione è tracciato da vini come Principe Corsini, Villa Le Corti 2018 in San Casciano Val di Pesa, terreni omogenei che individuano la tipicità del Chianti Classico o dalla gentilezza di Castello di Monsanto 2018 a Barberino Tavernelle. Il suolo nelle sue trame sabbiose esprime un canto diverso, una gentilezza e una vivacità piuttosto rara nel raggio di venti chilometri. A Castellina in Chianti, Villa Cerna – Tenuta Famiglia Cecchi con Primocolle 2017 e Castagnoli 2018 – solo 7.452 bottiglie di Sangiovese in purezza- , impongono altri ritmi: in questa zona la viticoltura è più frazionata, terrazzi e terreni di pietraforte danno calore e profumi. Cambia la quota altimetrica ed esce il frutto in tutta la sua croccantezza. Acidità, tannino e frutto: tutto si gioca su queste tre componenti che si combinano magistralmente in Bindi Sergardi, La Ghirlanda 2018 ultimo vino che ci riporta nuovamente in Castelnuovo Berardenga.
Un breve focus merita anche la vendemmia appena conclusa che si preannuncia un’ottima annata, con una quantità prodotta inferiore di circa il 10% rispetto all’anno precedente. Un andamento regolare, primavera fresca ed estate calda con importanti escursioni notturne, hanno permesso un buon processo di maturazione del Sangiovese che si sta dimostrando capace di un incredibile adattamento alla variabilità climatica. Punto fermo della denominazione che nasce nel 1716 e si estende in un’area di 70mila ettari con una superficie vitata di 10mila ettari e 7.200 vigneti iscritti all’albo è la qualità. Una produzione media annua di 35/38 milioni di bottiglie e 270.000 ettolitri e un’esportazione in 130 paesi del mondo per il 34% negli Stati Uniti e il 22% in Italia, che mette al centro storia, complessità, equilibrio ecologico, ambiente; prerogative di tutti i 515 viticoltori soci del Gallo Nero tesi al massimo impegno nell’incontrare il gusto del consumatore. Qualità che ancor di più oggi coincide con territorialità, caratteristica irriproducibile, non trasferibile, non replicabile e che permette al vino di creare con il territorio un rapporto univoco.