L’impatto del Covid-19 sulle abitudini dei consumatori è il tema centrale della prima giornata del Cibus Forum di Parma.
Il tavolo di confronto è stato aperto da Christian Centonze (Nielsen, Industry Food Director): “l’obiettivo è raccontare con i numeri i principali fenomeni che abbiamo visto nel largo consumo durante questo periodo, la premessa che voglio farvi oggi è che la pandemia non è affatto sorpassata, ma è nel pieno del suo sviluppo, questa domenica abbiamo superato i 25 mln di casi”.
In Italia da febbraio ad aprile abbiamo visto crescere i negozi di prossimità del +27% e l’e-commerce del +144%, mentre le grandi estensioni come gli ipermercati sono calati del -16%. Sono cresciuti molto i surgelati, la pasta, il latte UHT e tutti i prodotti da dispensa, bevande alcoliche.
Un fattore di differenziazione tra il lockdown ed il post-lockdown, la convenienza: “le persone stanno tornando a premiare la convenienza e la pressione promozionale sta tornando” ha aggiunto Centonze.
Il largo consumo segue il cambiamento delle esigenze di consumo, nel prossimo futuro, secondo Centonze, si registreranno 4 fenomeni principali:
1. crisi economica
La crisi non sarà uguale per tutti, ci sarà la polarizzazione dei prezzi. Ci troveremo tra prezzi bassi e prezzi alti. Il posizionamento intermedio sarà perdente.
2. elaborazione del trauma
Questa crisi ci lascia clienti più poveri anche di certezze, la gran parte degli italiani è intenzionata a spendere di più per marche rassicuranti sia a livello oggettivo sia a livello psicologico, soggettivo.
3. nuova centralità della sfera domestica
Nuove modalità di consumo (home made), smart working, socialità domestica (alcolici e aperitivi in casa). I clienti staranno meno tempo nei punti vendita, bisogna tenerne conto e fornire subito ciò di cui hanno bisogno.
4. nuova normalità digitale
I più anziani hanno dovuto fare i conti con il digitale per cui c’è la necessità di facilitare l’accesso ai meno digitalizzati.
Nicola Levoni (Board Member MOB FoodDrinkEurope) in collegamento sostiene: “L’alimentare è privilegiato perché ha continuato a lavorare in questo periodo, ma all’interno delle nostre aziende è cambiata la logistica, l’organizzazione, i turni di lavoro, la flessibilità”.
Ivano Vacondio (presidente Federalimentare) analizza le risposte dell’industria alimentare durante il lockdown: “Durante il lockdown l’industria alimentare ha dimostrato una grande capacità di reggere delle responsabilità enormi. Non è stato possibile reggere questo da soli, la logistica ha dato delle risposte importanti così come il mondo agricolo. Il cibo era dato per scontato, in quel periodo ci siamo resi conto di quanto il cibo sia centrale nelle nostre vite. È vero che noi perdiamo solo il 3% nel semestre, aggiungo però che questo è il peggior risultato di sempre per l’industria alimentare italiana.
Il problema non è solo il fatturato ma è la redditività, è sparito il turismo enogastronomico, il fuori casa e soprattutto l’Horeca. Gli hard-discount fanno un +7% ma la redditività dell’Horeca e del turismo non è paragonabile”.
Tanya Kopps (CEO Metro Italia) dichiara “per il cash & carry i clienti principali sono Horeca e servizi di catering. Le restrizioni anche dopo l’apertura sono state comunque impattanti”
Il direttore generale ICE, Roberto Luongo si mostra ottimista: “a maggio 2020 l’export del settore agroalimentare è cresciuto del 5% rispetto al 2019 ed è in crescita di oltre il 20% rispetto ad aprile scorso. Noi abbiamo un vantaggio, siamo il paese che ha più prodotti di alta qualità DOP, IGP, DOC, DOCG (300 quelli alimentari, 500 quelli vitivinicoli).
In chiusura il Ministro degli affari esteri e della cooperazione Luigi Di Maio ha dichiarato: “Il Cibus Forum nasce dall’esigenza di rilanciare i consumi e l’export. L’agroalimentare rappresenta 538 miliardi di euro di fatturato, secondo comparto per volumi di esportazioni dopo i macchinari. Le fiere rappresentano una vetrina internazionale di incontro, sviluppo e consolidamento dei rapporti commerciali con l’estero. Il Governo si è attivato per sostenere questo settore. Il patto che abbiamo sottoscritto può contare su risorse ingenti di 1,3 miliardi di euro. Cinquanta milioni di euro sono stati stanziati per promuovere il Made in Italy nel mondo con una campagna in 30 Paesi”
Durante la seconda giornata del Cibus Forum di Parma, i temi della Tavola rotonda, moderata da Paolo De Castro (Presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento Europeo) hanno analizzato l’impatto del lockdown sulle filiere agroalimentari con l’obiettivo di far emergere alcune strategie di successo attuate dalle aziende e misure di politica agraria europee e nazionali che rafforzino la catena produttiva.
Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione, Denis Pantini, ha dichiarato: “La sfida che abbiamo è arrivare al 2050 con la neutralità chimica e inquinamento zero, stimolando ricerca e innovazione.”
Il confronto si è concentrato sul progetto europeo denominato “Green Deal” che si pone diversi obiettivi.
“Gli obiettivi che si sono posti sono molto ambiziosi” sostiene Pantini “bisogna ridurre entro il 2030 l’uso degli agrofarmaci chimici del 50% ed i fertilizzanti del 20%, aumentare le superfici a biologico entro il 2030 fino ad arrivare al 25% dell’intera superficie agricola dell’Unione Europea, garantire redditi equi e sostenibili ai produttori agricoli, favorire la digitalizzazione e la diffusione dell’agricoltura di precisione, ridurre gli sprechi alimentari e gli imballaggi non ecologici/riciclabili”.
I dati forniti riflettono le tendenze che stanno segnando il 2020: il 26% degli italiani cerca prodotti 100% italiani, il 22% prodotti bio ed eco-sostenibili, il 16% cerca tipicità e tradizione, il 14% la convenienza e il low cost.
Secondo fonti Nomisma su dati Efsa e Ministero della salute, il minor quantitativo di residui chimici nei prodotti agroalimentari ha premiato l’Italia (60% di assenza), seguita dalla Spagna con il 43% di assenza di pesticidi (controlli ufficiali nei paesi UE. 2017).
Il ministro ha sostenuto che la digitalizzazione nell’agrifood rappresenta uno strumento efficace per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità.
Dallo studio Nomisma è emerso che il target più propenso ad investire in tecnologie digitali è quello delle imprese con almeno 20 ettari di SAU, condotte da imprenditori agricoli con meno di 50 anni e prevalentemente specializzate nell’allevamento e nei seminativi.
“I principali benefici dell’agricoltura 4.0 sono la riduzione dei costi di produzione, l’aumento delle rese ed il minor impatto ambientale” ha sottolineato Pantini.
A prendere parola, per la seconda presentazione della mattinata è Carlo Cici (Associate Partner, Head of Sustainability di The European House, Ambrosetti): “Le 3 sfide per l’agroalimentare di oggi e di domani che abbiamo individuato sono salute, economia e ambiente”.
I dati parlano di 29 milioni di decessi annui per cause legate agli accessi alimentari nel mondo, il 50% della popolazione europea è in sovrappeso e si stima un aumento del +20% dei prezzi dei beni alimentari entro il 2050 a causa del cambiamento climatico.
Cici ha presentato uno studio sul futuro dell’olio d’oliva realizzato in collaborazione con Monini SpA. Le proposte di sviluppo per la filiera che abbiamo individuato ruotano attorno a 6 temi chiave: olivicoltura italiana, rapporti di filiera, redditività e retribuzione, impatti ambientali della filiera, educazione alimentare, qualità a 360°.
“La filiera conta oltre 826 mila aziende” puntualizza Cici: “il 94% opera nel segmento olivicolo che impiega circa 150.000 persone e produce 1,5 miliardi di fatturato ogni anno. Produrre olio extra vergine di oliva in Italia può costare fino 4 volte più che in altri paesi. Il fatturato annuo complessivo della filiera è di 4,5 miliardi.
“La proposta” sostiene Cici, “è di elaborare un catalogo di pratiche di gestione sostenibili, promuovere la misurazione e la rendicontazione degli impatti ambientali attraverso il riconoscimento di un premio alle aziende più virtuose”.
Dino Scanavino, presidente CIA, ha precisato: “siamo uno dei pochi paesi UE che si sta realmente impegnando nel ridurre l’uso della chimica. Dobbiamo concentrarci sulla qualità, le tecnologie sono un elemento strategico per rafforzare questo aspetto”.