Per quanto ci possiamo sforzare è molto difficile oggi capire come si modificheranno i mercati del vino dopo una pandemia così complessa di cui conosciamo ancora molto poco (sia in termini di diffusione che di durata).
Risulta però utile provare ad ipotizzare alcuni scenari, non tanto sul fronte dei numeri (perché qui servirebbe veramente la palla di cristallo dell’indovino), quanto sugli atteggiamenti concreti del trade e sulle conseguenti strategie operative delle imprese.
In particolare risulta interessante capire quanto questa drammatica emergenza condizionerà le relazioni commerciali.
E si tratta di un tema fondamentale per un prodotto come il vino che vede proprio nelle relazioni la chiave di successo sui mercati.
Quante volte, infatti, abbiamo sottolineato come la costruzione di relazioni efficaci, soprattutto sul piano umano, siano essenziali per costruire un presidio del mercato adeguato.
Quante volte abbiamo evidenziato che prima di tutto con gli importatori, i distributori, i clienti nelle loro diverse forme e identità vada costruita una relazione forte, di reciproco beneficio.
In questa direzione le aziende più performanti sui mercati sono sempre state quelle che hanno avuto i loro “uomini” a contatto costante, sul marciapiede come si suol dire, con i diversi buyer sul campo.
Ma sarà così anche in futuro?
Se ci limitassimo a guardare le cose con gli occhi del presente ci verrebbe da dire che nel futuro, almeno quello più prossimo, il mercato del vino “vorrà mantenere ancora le distanze”. Nel senso che facciamo fatica ad immaginare, almeno nel breve-medio periodo un ritorno alle relazioni tradizionali sui mercati del vino. Relazioni che si esplicavano in eventi affollati di presentazione dei prodotti (fiere e b2b in primis), attività di accompagnamento dell’importatore in numerosi ristoranti ed enoteche, continui viaggi degli export manager in vari angoli del pianeta.
Non consideriamo le attività sopra evidenziate, ovviamente, come scenari che si modificheranno completamente, o peggio ancora che si annulleranno, ma sicuramente vi saranno delle evoluzioni.
E quali potrebbero essere queste evoluzioni?
Sul fronte fieristico tradizionale queste evoluzioni le stiamo già vedendo con lo spostamento dei vari appuntamenti in tempi auspicabilmente più “tranquilli” (ad oggi sono più di 200 le manifestazioni spostate). Ma probabilmente non si tratterà “solo” di spostare delle date ma anche di rivedere l’impostazione di molti eventi dedicati al mondo del vino.
Dal nostro punto di vista, su questo fronte, avremo la necessità di iniziative molto più focalizzate rispetto al passato, anche quello più recente.
Ad essere onesti non possiamo ascrivere questa necessità solo all’attuale emergenza perché è da tempo che gli operatori chiedono al sistema fieristico l’organizzazione di eventi più mirati attraverso, in particolare, ad una selezione più accurata del target da coinvolgere nelle manifestazioni.
Riteniamo che vi sarà un’accelerazione in tal senso e questo non può essere visto come una negatività.
Non a caso VeronaFiere annunciando lo spostamento di Vinitaly al 2021 (18-21 aprile) ha parlato di necessità di un New Deal per il sistema fieristico che implica, a nostro parere, anche la rivisitazione dei modelli organizzativi.
Ma questo vale anche per tutte le iniziative b2b che dovranno avere sempre di più come faro di riferimento la migliore profilazione possibile degli invitati.
In questa direzione, però, servirà finalmente anche una capacità delle imprese di giudicare le iniziative alle quali partecipano non più sui numeri ma sulla qualità dei partecipanti.
E passando alle imprese è evidente che assisteremo anche a modifiche sul fronte della gestione dell’export. Sicuramente nella prima fase del dopo emergenza sarà probabile una sorta di “dopoguerra” dove le imprese più “coraggiose” (e strutturate in tal senso) affronteranno i primi mercati che via via si riapriranno. Qualcosa del genere a breve lo osserveremo in Cina dove i primi export manager che riusciranno a raggiungere questo grande Paese godranno sicuramente di condizioni favorevoli. Quante però saranno le imprese pronte e disponibili ad essere le prime a ripartite nel viaggio dell’export? Probabilmente non tutte quelle che c’erano prima di Covid-19. 
E allora entrerà in campo, molto più di prima, a nostro parere, la figura dell’export manager multibrand e del resident manager già presente sul campo.
Non a caso già in questi giorni stiamo leggendo su Linkedin di professionisti che si stanno “offrendo” per un supporto all’export in Asia, a partire dalla Cina ovviamente.
Ma è altrettanto evidente che quest’emergenza porterà sicuramente ad un’accelerazione nell’individuazione di strumenti di “relazione a distanza”. In questa direzione la crescita attuale dell’e-commerce deve essere vista non solo come un “rimedio temporaneo” ma forse come una fase di maggiore “educazione” dei consumatori e del trade nei confronti di questo modello di distribuzione.
D’altro canto è noto come la maggioranza delle nostre abitudini si sviluppano in condizioni particolari, quando siamo obbligati a “fare le cose”.
Lo stesso “home delivery” sta allenando numerosi distributori, anche del vino, ad una modalità che fino a poco tempo fa era un patrimonio solo di pochi operatori.
Ma attenzione, non significa, dal nostro punto di vista, che i diversi soggetti coinvolti nel commercio del vino non si incontreranno più, non si daranno più la mano, non avranno più la necessità di costruire relazioni fedeli, ma lo faremo con più attenzione, evitando le inutili dispersioni, il muoversi tanto per muoversi.
E questa non è detto che sia una cattiva notizia.