Il 2020 è stato un anno terribile per quanto riguarda il settore del vino, tutti ne parlano e a inizio 2021 traggono le proprie conclusioni al riguardo, sperando in un futuro con meno incertezze. Dal canto suo, Robert Joseph, di Wine Business International, è positivo riguardo il commercio internazionale e al consumo di vino.
Infatti, considerando l’anno passato senza le principali fiere ed eventi internazionali, sono stati comunque molti i contatti che si sono instaurati o che sono stati mantenuti grazie a Zoom o alle altre numerose piattaforme utilizzate per connettersi in tutto il mondo. A dirla tutta, probabilmente con alcune persone è stato anche più facile parlare attraverso uno schermo senza pressioni esterne, più di quanto si fa normalmente a fiere importanti come ProWein o Vinexpo.
Joseph afferma, infatti, di aver gradito la lunga ed interessante degustazione individuale via Zoom con l’enologo di Catena Zapata, Fernando Buscema, perché se l’avesse incontrato ad uno dei numerosi eventi presenziali probabilmente non ci sarebbe stato il tempo necessario per apprezzare il suo vino così a lungo. Naturalmente, degustare un grande vino in un gruppo di individui geograficamente separati significa non essere in grado di scambiare le proprie idee su sentori e note profumate con chi è seduto accanto, permette però di scambiare opinioni con persone a Singapore e San Francisco che potrebbero essere molto più esperte e meglio informate della persona che si è seduta sulla sedia accanto alla tua durante una degustazione presenziale.
“Senza Zoom – continua il giornalista di Wine Business International – dubito che avrei potuto ‘incontrare’ D’Lynn Proctor e André Mack, Gary Obligacion e Tanisha Townsend e parlare della diversità nel mondo del vino, come abbiamo fatto in una delle prime sessioni online di Real Business of Wine. Non vedo l’ora che l’anno prossimo ci siano molte altre discussioni di questo tipo”.
Ci sono state, inoltre, molte conferenze e seminari online. Fare una presentazione è certamente molto diverso quando non è possibile vedere come il pubblico nel suo complesso reagisce a quello che dici, ma a giudicare dall’evento online Wine2Wine, i discorsi sul web pare siano più concisi.
Due delle figure del settore i cui sforzi sullo schermo sono stati notevoli, a giudicare da Joseph, sono Jean-Charles Boisset e Sandro Bottega.
JCB è l’apariscente proprietario/presidente californiano della Collezione Boisset: oltre 24 imprese che hanno fatturato circa 350 milioni di euro, tra cui il Clos de la Tenuta di Vougeraie, diverse aziende artigianali in Borgogna, nel Rodano e nel sud della Francia, oltre ad alcune aziende vinicole californiane, tra cui Buena Vista, de Loach e Raymond. Boisset ha anche una linea di spille per uomini e donne che disegna (e crea) lui stesso. Una di queste, Gina’s Kisses’, prende il nome da Gina Gallo, sua moglie e madre delle sue figlie gemelle.
Sandro Bottega, invece, si veste elegantemente come ci si potrebbe aspettare da un italiano del Veneto, ma non indossa spille e non ha l’aria dell’imprenditore teatrale come Boisset. Tuttavia, come Boisset, ha ereditato e ingrandito la sua azienda fondata dal padre e ha una profonda conoscenza dell’importanza del branding, del packaging, del marketing e della distribuzione.
Ai tempi in cui eravamo soliti fare il check-in in aeroporto, sarà capitato a tutti di vedere le sue bottiglie dorate di Prosecco nel duty free, sulla strada per prendere un volo.
Il rivestimento vistoso della bottiglia, spiega Bottega, è sia un cenno ai tetti della basilica di San Marco, sia un modo per proteggere il vino dai colpi di luce. Ma distingue anche chiaramente e inequivocabilmente il suo Prosecco da tutti gli altri presenti sul mercato.
Il marketing, il branding e il packaging sono spesso denigrati dai professionisti del vino che li vedono come incompatibili con la qualità – ad eccezione dello Champagne, a cui è permesso comportarsi come un bene di lusso.
Sia Bottega che Boisset, invece, abbracciano positivamente il packaging di lusso, sia per i vini fermi che per gli spumanti.
L’etichetta in pelle con borchie sul Brunello di Bottega compete direttamente con il blend rosso “The Sceriff” – Buena Vista di Boisset, la cui etichetta è la caratteristica stella oro da sceriffo americano.
Ma i due imprenditori sanno benissimo che non basta l’apparenza. Le etichette appariscenti devono essere, infatti, supportate da vini di qualità. Quindi, come ha dimostrato Bottega in una recente degustazione su Zoom, i suoi Prosecco, che provengono dai colli trevigiane, hanno davvero un taglio al di sopra di quelli che la maggior parte dei consumatori avrà sperimentato. La doratura della bottiglia toglie a questi vini l’idoneità per essere DOCG, ma pare che gli acquirenti non si preoccupino troppo della presenza o dell’assenza di una‘G’.
Anche i vini di Boisset superano la prova del gusto e, come Bottega, si preoccupa anche lui del tema della sostenibilità. Nel suo caso ciò significa il rispetto delle regole della biodinamica e l’utilizzo dell’energia solare per le sue cantine americane. In Italia, invece, i vigneti di Bottega sono biologici, la cantina alimentata da energia elettrica rinnovabile e vengono riciclate annualmente 50 tonnellate di acqua. Inoltre, il 50% delle bottiglie dorate proviene da vetro riciclato.
L’industria del vino ha sicuramente spazio per realtà di ogni dimensione e stile. Sarebbe un peccato se tutti fossero come Boisset e Bottega, ma sarebbe ugualmente triste se non ci fosse spazio per il glamour e il fascino che questi uomini, come altri, portano al settore.
In conclusione alla sua riflessione, Joseph dichiara di sperare in un 2021 in cui brindare assieme ad un’ampia gamma di professionisti del settore vino. Vero è, però, che se saremo costretti davanti ad uno schermo ancora per un po’, lasciamo che continui così in previsione poi di gustarci la libertà ritrovata in totale sicurezza.