Quanto valgono i cosiddetti top wines sui mercati mondiali del vino? Circa il 10% del valore totale e cioè 24 miliardi di euro (nel 2016 il valore totale è stato di 239 miliardi di euro) secondo una recente analisi realizzata da Altagamma in collaborazione con EY (EY è leader mondiale nei servizi professionali di revisione e organizzazione contabile, assistenza fiscale e legale, transaction e consulenza).
Ricordiamo che Altagamma è la Fondazione che riunisce dal 1992 alcune delle migliori imprese dell’Alta industria culturale e creativa comprese aziende del vino del calibro di Allegrini, Bellavista, Biondi Santi, Cà del Bosco, Cantine Ferrari, Masi, tanto per citarne alcune tra le più famose.
In 9 maggio scorso, nell’ambito del Summit Seeds&Chips, è stato presentato l’” Altagamma Top Wines Study”, il primo studio approfondito sul consumo mondiale e sulle dinamiche di crescita dei vini di fascia alta.
Dallo studio è emerso che, come già evidenziato, che ol mercato mondiale del vino ammonta a circa 239 miliardi di euro a prezzi al consumatore. La fascia dei top wines vale circa il 10%, con un valore di 24 miliardi di euro. Gli Usa sono il mercato principale con 36 miliardi (con il segmento top al 10%), mentre a livello europeo l’Italia, con 14,4 miliardi (top 9%), è seconda dietro la Francia (22,4 miliardi, top al 15%).
I due fattori chiave di successo per le aziende sono il posizionamento nella fascia top e l’export.
Le imprese italiane che producono top wines e che esportano più del 60% registrano infatti un margine EBITDA di circa il 29% (contro una media del 9% per le aziende medium e mass market).
L’analisi del canale HoReCa è particolarmente significativa perché questo canale rappresenta il 33,5% del valore totale del consumo top wines ed è una fonte privilegiata per la conoscenza e per il consumo dei vini di alta gamma. La ricerca qualitativa di Altagamma e EY è condotta sulla ristorazione internazionale di eccellenza: sono stati intervistati 400 ristoratori stellati Michelin, su un complesso di 2.700 esistenti, di cui il 40% pluristellati, con un fatturato medio di 3 milioni di euro, situati per il 70% in location primarie in 8 Paesi del mondo (Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Svizzera, Usa, Cina e Giappone), con uno scontrino medio di 80-150 euro vini esclusi, un prezzo medio per bottiglia superiore a 100 euro per il 54% dei casi e una lista di almeno 200 vini. I ristoranti stellati Michelin nel complesso generano un fatturato annuo di circa 9 miliardi di euro (superiore, ad esempio, a quello dell’intero comparto del Wellness Equipment).
Il 70% dei ristoranti stellati intervistati prevede una crescita significativa (maggiore del 20%) del proprio fatturato nei prossimi 2-3 anni.
Viene attribuito al vino circa un terzo del valore di questa crescita: l’aumento del consumo di vino è dunque considerato una componente fondamentale della crescita dei ricavi dei ristoranti di fascia alta.
Quasi la metà dei ristoratori vede un aumento del consumo di vino e lo imputa alla crescita del numero di consumatori più che ad una maggiore spesa pro-capite.
La crescita del consumo è proprio trainata dal segmento di vini di fascia alta: in un caso su due, da etichette con un prezzo superiore ai 100 euro.
I criteri di scelta del vino da parte dei ristoranti e da parte dei loro clienti sono sostanzialmente divergenti: ad esempio l’associazione del vino con uno specifico cibo conta per i clienti quasi il doppio rispetto a quanto conti per i ristoratori/sommelier.
Inoltre, i clienti basano la loro scelta sulla conoscenza di una specifica etichetta, di un tipo di vino, o di un sapore/aroma: elementi del tutto assenti dai criteri dei sommelier.
Questa differenza tra i criteri di scelta suggerisce ad esempio che una strategia vincente per i produttori sia quella di proporre ai ristoranti una selezione di vini associabili ai piatti, per soddisfare pienamente le esigenze dei clienti.
Questo conferma l’importanza del tipo di relazione tra i produttori e distributori da una parte e i ristoratori dall’altra.
Lo studio evidenzia che per i ristoratori gli elementi di maggior valore nel rapporto con i distributori e i produttori sono la disponibilità di un efficace storytelling e di una proattiva veicolazione di notizie sulla cantina e sulle etichette. Questi elementi agevolano non solo la selezione dei vini, ma anche la relazione con il cliente finale.
Per quanto riguarda gli elementi di apprezzamento, gli italiani sono positivamente valutati dai ristoratori stellati per quanto riguarda la competenza dei distributori, l’ampiezza dell’offerta di etichette e il livello di assistenza. Scontano invece un evidente deficit di percezione, rispetto a cantine e distributori francesi, per quanto riguardo la presenza online e le attività promozionali quali degustazioni ed eventi.
Per quanto riguarda la notorietà e la reputazione dei top wines, più della metà degli intervistati segnalano la Francia come Paese produttore maggiormente accreditato, seguita dall’Italia, scelta dal 33%. La superiore qualità è riconosciuta come il principale attributo dei vini italiani da quasi la metà degli interpellati. Il secondo attributo è l’heritage. La versatilità, attributo generalmente riconosciuto come distintivo del vino italiano, rappresenta per le nostre aziende una leva di marketing e di comunicazione su cui puntare con decisione.
“Lo storytelling è ritenuto dalla ristorazione l’elemento più importante nell’interazione con fornitori e distributori” ha sottolineato Matteo Lunelli, vice presidente di Altagamma responsabile settore Alimentare. “Su questo il vino italiano può avere in futuro un forte vantaggio competitivo, grazie alla varietà e alle straordinarie qualità dei nostri territori, oltre alla capacità di innovazione delle nostre cantine. Lo studio suggerisce che cruciale sarà l’abilità dei website aziendali e del canale digitale di veicolare valori e narrazioni efficaci: per noi italiani, questa è una sfida da vincere, uniti.”