Nella quotidianità di ognuno di noi ci sono alcuni elementi non negoziabili – cibo, alloggio, trasporto – che saranno sempre al primo posto. In alcune famiglie, queste necessità primarie esauriscono la maggior del reddito disponibile.
Come riporta Wine Intelligence, l’inflazione nella maggior parte dei mercati sta accelerando ad un ritmo che non si vedeva da oltre 30 anni, secondo la maggior parte delle previsioni economiche le famiglie di tutto il mondo vedranno un rapido e significativo sconvolgimento dei loro bilanci nel 2022, con un picco nella seconda metà dell’anno.
Le decisioni su quali generi alimentari comprare, già centrali nella vita di molte famiglie a basso reddito, diventeranno punti dolenti anche per le famiglie a medio e alto reddito. Quando questo accadrà, anche i consumatori benestanti dovranno fare delle scelte difficili.
Per il momento, non ci sono risposte chiare, in parte questo è dovuto al fatto che le famiglie stanno iniziando solo ora a percepire alcuni cambiamenti nelle loro spese e potrebbero avere ancora risparmi residui accumulati durante la pandemia.
Nel frattempo, a cosa dovrebbero pensare gli strateghi dell’industria del vino? Ecco quattro spunti suggeriti da Wine Intelligence:
In tempi di crisi, il pubblico di base conta più di quello periferico
Durante la pandemia, i dati di Wine Intelligence hanno mostrato una polarizzazione tra i consumatori frequenti di vino e quelli periferici. Il primo gruppo ha raddoppiato il consumo di vino in casa, mentre il secondo gruppo ha abbandonato la categoria, inclusa un’ampia coorte di giovani il cui rapporto con il vino era in gran parte guidato dal consumo sociale nei locali pubblici.
Il risultato è stato che diversi mercati in cui i volumi di vino sono storicamente statici o in declino, come Svezia, Regno Unito, Germania, hanno invertito la tendenza ed i volumi di vino sono effettivamente cresciuti. Allo stesso tempo si è verificata una riduzione dei bevitori regolari di vino in diversi mercati, con i consumatori più giovani che sono diminuiti fortemente.
Il cambiamento dei comportamenti in altre categorie può avere effetti sul settore vino
Una delle evidenze più significative che ha fatto emergere la pandemia globale è stata il modo in cui i consumatori hanno speso soldi che in una situazione normale sarebbero stati destinati ad altre attività.
In una situazione di inflazione e diminuzione del potere d’acquisto come quella che si profila all’orizzonte, i consumatori rinunceranno ad un viaggio oltreoceano per alternative più accessibili, ad esempio un viaggio fuori porta all’insegna dell’enogastronomia? In sostanza bisognerà vedere come reagiranno i consumatori e se il vino rientrerà nelle loro scelte di consumo.
La disponibilità è importante quasi quanto il valore
I brand che sono risultati vincenti durante la pandemia, sono stati quelli disponibili per i consumatori quando le scelte di acquisto erano limitate.
Dato che i consumatori si sono orientati verso il consumo domestico, hanno scelto i luoghi di acquisto ed i canali online più semplici e rapidi da utilizzare. I brand che erano presenti e disponibili su questi canali ne hanno beneficiato.
I marchi con poco o nessun valore percepito risulteranno penalizzati
Nel settore del vino, a differenza dei distillati e della birra, raramente ci sono adeguati investimenti in marketing e troppo spesso il denaro disponibile viene incanalato in sconti nei punti vendita per mantenere i volumi in movimento.
Quando le previsioni inflazionistiche si tradurranno in minore disponibilità di acquisto da parte dei consumatori, i pochi marchi che hanno sviluppato una efficace strategia di valore percepito risulteranno meglio posizionati rispetto ai marchi che non sono altro che un’etichetta ed un punto di prezzo a scaffale.