La recente polemica, che in realt tanto recente non , che si riaccesa in Valpolicella riguardo alle azioni di tutela messe in atto dal Consorzio per la difesa del brand Amarone (link) testimonia come oggi la gestione delle denominazioni di origine sia un tema centrale e ha assunto una complessit enorme troppo spesso sottovalutata.
Per questa ragione riteniamo che sarebbe sbagliato e pericoloso liquidare anche una vicenda come quella che vede coinvolta la denominazione Valpolicella e in particolare lAmarone, come un “semplice” conflitto tra produttori o come la solita e frequente diatriba tra Consorzi di tutela e frange di produttori.
Non capire ancora oggi che la gestione di una denominazione di origine, di un brand collettivo cos importante, sul quale gravita il destino economico non solo di moltissime aziende vitivinicole ma, attraverso lindotto, di interi territori unattivit che richiede una straordinaria competenza e assoluta dedizione.
Allo stato attuale questa attivit in assoluta esclusiva nelle mani dei Consorzi di tutela.
Nel vario susseguirsi delle norme che hanno scritto e riscritto nel tempo le regole per la tutela delle nostre denominazioni i Consorzi hanno di volta in volta assunto nuove e diverse responsabilit.
Responsabilit che, soprattutto con la fine del ruolo di controllo e lassunzione di compiti sulla promozione e la tutela dei brand sui mercati, sono diventate ancor pi importanti e delicate.
Il paradosso, per, che nonostante le nuove norme dessero ruoli sempre pi difficili ai Consorzi non si quasi mai pensato di renderli pi forti, competenti, autorevoli.
E lo vogliamo dire con estrema chiarezza, oggi non esiste unalternativa ai Consorzi di tutela. Se quindi riteniamo che la tutela e la gestione dei nostri brand territoriali sia strategica per il futuro della nostra economia vitivinicola dobbiamo per forza seriamente pensare a come strutturare in maniera adeguata i nostri Consorzi.
Pensare di avere una denominazione forte con un Consorzio debole unillusione pericolosa.
Anche perch, ed introduciamo adesso solo in maniera sintetica un tema chiave, forse il pi complesso nella gestione di una denominazione, si tratta di un brand caratterizzato quasi sempre (potremmo togliere il quasi) da una forbice di prezzi decisamente ampia. Non un caso, infatti, che la maggioranza dei conflitti allinterno delle denominazioni, anche quelle pi prestigiose, legato alla questione prezzi. Ma non vogliamo andare oltre su questo fronte perch stiamo realizzando una precisa indagine al riguardo.
In conclusione, quindi, se oggi ai Consorzi di tutela chiediamo di essere un ufficio legale competente, un esperto di legislazione vitivinicola, di marketing, di comunicazione, di pubbliche relazioni, capace di ideare e organizzare eventi internazionali, di gestire risorse pubbliche, di mantenere costanti relazioni con i soci, di monitorare i prezzi delle denominazioni, possiamo poi realisticamente pensare che questa attivit sia fatta mediamente da un paio di persone? Persone che nella maggioranza dei casi o hanno una competenza sul fronte vitivinicolo (tecnica o legislativa), o magari hanno sviluppato un po di esperienza sulla comunicazione ma difficilmente con gli strumenti che hanno a disposizione possono gestire “imprese territoriali” che valgono talvolta anche sopra il miliardo di euro.
E come se un grande gruppo industriale da centinaia di milioni di euro di fatturato fosse gestito da un direttore e un paio di segretarie.
Non possiamo quindi meravigliarci se talvolta osserviamo anche in importanti denominazioni errori che sembrano quasi fatti da dilettanti.
Sarebbe sbagliato e grave scaricare sui Consorzi di tutela la responsabilit. Essi sono lo specchio di una denominazione, del suo tessuto produttivo che ci piaccia o no.
E se veramente abbiamo a cuore il destino dei nostri brand territoriali, che a nostro parere oggi sono pi che mai preziosi e fondamentali (quanti aziende da sole sono in grado di accreditarsi nel mondo solo con il loro brand privato?), dobbiamo migliorare, adeguare le nostre strutture consortili.
Lo si era gi scritto quando usc il noto decreto legislativo 61/2010 che, pur togliendo la parte dei controlli, diede compiti ancor pi complessi ai Consorzi di tutela che di seguito, per rinfrescare la memoria, evidenziamo:
a) avanzare proposte di disciplina regolamentare e svolgere compiti consultivi relativi al prodotto interessato, nonch collaborativi nell’applicazione della presente legge;
b) espletare attivit di assistenza tecnica, di proposta, di studio, di valutazione economico-congiunturale della DOP o IGP, nonch ogni altra attivit finalizzata alla valorizzazione del prodotto sotto il profilo tecnico dell’immagine;
c) collaborare, secondo le direttive impartite dal Ministero, alla tutela e alla salvaguardia della DOP o della IGP da abusi, atti di concorrenza sleale, contraffazioni, uso improprio delle denominazioni tutelate e comportamenti comunque vietati dalla legge; collaborare altres con le regioni e province autonome per lo svolgimento delle attivit di competenza delle stesse;
d) svolgere, nei confronti dei soli associati, le funzioni di tutela, di promozione, di valorizzazione, di informazione del consumatore e di cura generale degli interessi della relativa denominazione, nonch azioni di vigilanza da espletare prevalentemente alla fase del commercio, in collaborazione con l’Ispettorato centrale della tutela della qualit e repressione frodi dei prodotti agro-alimentari e in raccordo con le regioni e province autonome.
Ed il legislatore, spesso vituperato anche a torto, scrisse alla fine di questi nuovi incarichi e responsabilit messe nella mani dei Consorzi una “profetica” disposizione: disponga di strutture e risorse adeguate ai compiti.

Denominazioni d’origine: maneggiare con cura
Sono tante, troppe, sono molto diverse tra loro, alcune sostengono l’economia di interi territori, altre molto meno, ma la loro gestione oggi è tra le attività più complesse e rischiose nel settore vitivinicolo