Abbiamo speso quasi due anni a fare previsioni sul cosiddetto new normal, di come il mondo, anche il nostro del vino, sarebbe cambiato dopo la pandemia. Non ne siamo purtroppo ancora fuori, anche se ci sembra di vedere un po’ di luce in fondo al tunnel, ma possiamo già affermare che molte delle previsioni che avevamo fatto sono già state smentite dai fatti di queste settimane.

Tra queste vi è sicuramente la “preveggenza” che portava ad ipotizzare un futuro con pochissimi eventi live e seguiti da un gruppo sparuto di coraggiosi o incoscienti.
Ho appena contato gli eventi live ai quali la nostra redazione è stata invitata dai primi di settembre ad oggi e sono ben 64 tra quelli aziendali e quelli che potremmo definire più istituzionali (es. Milano Wine Week, Vinitaly Special edition, ecc.).

Non solo: molti auspicavano, compresi noi di Wine Meridian, ben prima dell’arrivo del Coronavirus nelle nostre vite, che sarebbe stata necessaria una migliore calendarizzazione degli eventi del vino cercando di evitare almeno le sovrapposizioni degli eventi più importanti.

Guardando però quello che sta succedendo in queste settimane e anche quello già in programma nei prossimi mesi, si ha la sensazione che la situazione sia addirittura peggiorata. Se va avanti così, prima di Natale arriveremo al climax degli eventi del vino e non sono così convinto che questo si possa considerare un orgasmo positivo.
Perché se da un lato non dovevamo essere dei veggenti per comprendere la voglia di tutti di tornare alla normalità dall’altro era auspicabile sfruttare questi due anni di riflessione forzata per pianificare meglio almeno le azioni comunicative. E invece non c’è nulla da fare: tutti (privati ed istituzioni) ogni volta che si parla di eventi sul vino vogliono mostrare i muscoli fregandosene del buonsenso e del comprendere meglio quali sono gli obiettivi di tale attività, peraltro decisamente dispendiosa.

Senza contare che dover dire no a molti inviti ricevuti (purtroppo nessuno di noi ha il dono dell’ubiquità) risulta veramente triste e spesso, addirittura, si viene anche percepiti come “quelli che se la tirano” o che si muovono solo dopo lauti compensi (mi viene da ridere o da piangere). Quindi siamo già alle prese con il solito paradosso della comunicazione del vino in Italia: molti piangono, in privato, di una situazione economica che gli impedisce di fare qualsiasi investimento (in particolare in risorse umane) e poi corrono per organizzare l’evento più figo o partecipare all’iniziativa più o meno cool.

Per trovare una giustificazione a tutto questo dovremmo ancora una volta ricorrere alla scusa del “settore del vino ancora molto giovane, poco maturo”, ma nel frattempo gli anni passano e allora dobbiamo chiederci quando il nostro amato comparto raggiungerà la benedetta maturità. Anche in queste settimane, alla vigilia della partenza del Vinitaly Special Edition (17-19 ottobre), abbiamo incontrato imprenditori e manager che quasi sconsolati ci hanno detto: “Mi sa che verrà pochissima gente a questa edizione speciale di Vinitaly. Molti operatori non sanno nemmeno che è in programma!”.

Io invece scommetto che ne verrà molta di gente, forse anche troppa considerando le tuttora attuali problematiche legate al Covid. E questo lo dico non perché sono un veggente o una cassandra, ma semplicemente perché “questo è il nostro mondo del vino bellezza!”.