Sempre molto interessante leggere il rapporto Mediobanca relativo alle evoluzioni delle prime 155 società di capitali coinvolte nell’industria vitivinicola italiana (49 coop, 94 spa e srl italiane e 12 estere) con un fatturato superiore ai 25 milioni di euro.
Si tratta di un segmento numericamente limitato ma che, con un fatturato di circa 7,7 miliardi di euro, rappresenta quasi l’80% del complessivo del comparto e circa il 70% in termini di addetti.
Ovviamente, mancando i dati delle cosiddette “aziende agricole”, si “perde” nella fotografia quel 20% del nostro settore che però rappresenta numericamente il gruppo più vasto.
Secondo i dati più recenti forniti da Ismea e risalenti al 2015 in Italia vi sono ben 45.730 aziende che presentano la dichiarazione di produzione. Rappresentano numericamente il 75% delle imprese del vino italiane ma dal punto di vista produttivo solo lo l’1% con una produzione media inferiore ai 100 hl, meno quindi di 15.000 bottiglie da 0,75 l.
Le realtà in Italia superiori a circa 15 milioni di bottiglie sono solo lo 0,2% del totale ma rappresentano quasi il 42% della nostra produzione vitivinicola.
La categoria di aziende più rappresentativa in Italia (quasi il 52%) è rappresentata dalle realtà con una produzione tra 1,5 e i 15 milioni di bottiglie (di cui circa il 21% tra l’1,5 e i 6,5 milioni e il 15% tra le 150.000 e l’1,5 milioni di bottiglie). In conclusione di questa premessa è importante sottolineare come in Italia oltre il 90% delle aziende vinificatrici ha una produzione sotto le 150.000 bottiglie.
Per tale ragione l’analisi di Mediobanca va ritenuta molto importante dal punto di vista macroeconomico ma è evidente che non è sufficiente per darci una visione completa di un comparto che continua ad essere estremamente frammentato. Sempre Ismea, a questo proposito, proprio al Vinitaly dello scorso anno, ricordava come dal 2010 al 2015 le aziende che vinificano in Italia sono scese del 27% ma la dimensione media rimane ancora bassa passando da 1,73 a 2,08 ettari.
Torniamo allora al rapporto Mediobanca che complessivamente ci restituisce un’immagine dei big del vino italiano in salute.
Il fatturato nel 2017, infatti, risulta in aumento del 6,5% sul 2016 (+24,7% dal 2012) grazie alle vendite estere (+7,7%) e al buon andamento di quelle domestiche (+5,2%).
Il maggiore sviluppo, come era facile prevedere, è realizzato dagli spumanti (+9,9%), grazie sia all’estero (+12,2%) che al mercato nazionale (+8,3%), mentre i vini non spumanti si fermano a +5,6% (+7% all’estero)
I Paesi UE si confermano il mercato estero principale, con una quota del 53,4% dell’export totale e un incremento dell’8,6% rispetto al 2016.
Top seller e top earner nel 2017 si conferma prima Cantine Riunite-GIV con un fatturato di 594 milioni (+5,1% sul 2016), seguita da Caviro che aumenta del 3,9% a 315 milioni e da Antinori che guadagna lo 0,4% a 221 milioni. Il record di crescita nel 2017 spetta alla coop La Marca che passa da 101 a 131 milioni (+30,7%, dalla 19a alla 13a posizione), seguita da Farnese che sale dalla 33a alla 26a posizione; altre 5 società hanno realizzato aumenti dei ricavi superiori al 10%; la più rilevante presenza sui mercati esteri è della Botter che vi realizza il 96% del proprio fatturato; i top performer di redditività 2017 sono Antinori (utile su fatturato al 25%), Frescobaldi (20,5%), Santa Margherita (17,2%) e Ruffino (15,7%)
Nel 2017 decisamente vivaci anche gli investimenti materiali, aumentati del 26,7% sul 2016; cresce meno, purtroppo, l’occupazione, dell’1,8% sul 2016, a dimostrazione del perdurare di maggiori investimenti sul fronte materiale rispetto a quello delle competenze.
Come di consueto l’ufficio studi di Mediobanca ha analizzato anche le aspettative di queste grandi imprese rispetto al 2018: il 93% prevede di non subire un calo delle vendite, gli ottimisti (crescita delle vendite superiore al 10%) sono il 17,4%; appena il 7% teme una flessione dei ricavi.
Sul fronte export, tra i produttori di spumanti nessuna traccia di pessimismo.
In crescita anche la redditività: il roi ha seguìto un trend crescente dal 2012 per toccare il 6,8% nel 2015 e 2016, valore massimo del quinquennio. Il roe ha raggiunto il 7,9% nel 2016, anche in questo caso sui massimi del periodo.
La classifica dei produttori in base alla forza dei loro bilanci – basata su un indicatore di sintesi delle performance economiche e patrimoniali del 2016 – attribuisce alle venete Villa Sandi, Mionetto, Vinicola Serena e Botter i migliori punteggi, seguite da Masi, dalla toscana Ruffino e da Santa Margherita; Vignaioli Veneto Friulani è la migliore cooperativa (15a); nelle prime 10 posizioni figurano sei società venete, tre toscane e una piemontese.
Il valore di mercato delle 94 spa e srl vinicole italiane ammonta a circa 3,13 miliardi di euro. In base ai multipli di borsa delle società quotate sui mercati internazionali Mediobanca stima indicativamente il valore di mercato in 5,3 miliardi, con un “premio” sul valore contabile pari a circa il 70%.
L’aggregato dei 15 maggiori produttori internazionali quotati chiude il 2016 con ricavi in salita del 5,8% a 13,8 miliardi di euro (9,8 miliardi senza la divisione birra di Constellation), con incidenze dei margini industriali sulle vendite al top nell’ultimo quinquennio.