Quando ci troviamo davanti a una platea di persone alle quali dobbiamo comunicare la nostra azienda o i nostri prodotti è normale sentirsi confusi, agitati, magari anche imbarazzati da una situazione che non ci è familiare. Ad ogni modo, non dobbiamo lasciarci travolgere poco prima dell’entrata in scena da questo turbinio di emozioni che rischiano di rendere il nostro intervento inefficace.

Un buono speech parte dalla definizione dei contenuti e dalla preparazione dello stesso. Riguardo il primo punto bisogna ricordare innanzitutto che è fondamentale selezionare all’interno del mare magnum di informazioni che possediamo (lo step zero consiste nel conoscere alla perfezione l’argomento di cui andremo a parlare nel discorso!) i tre o quattro punti fondamentali che vogliamo toccare, e definire il messaggio che vorremmo che il nostro pubblico cogliesse.
Dopo aver concluso il primo step è necessario fare delle prove. La preparazione e la prova del discorso è fondamentale per poter “aggiustare il tiro” qualora si percepisse che l’orazione stia prendendo la piega sbagliata, in modo da dare al pubblico la performance migliore possibile.
Arriva a questo punto il momento dell’entrata in scena. È necessario tenere in mente che un buon discorso è formato da tre parti: l’introduzione, il contenuto e la chiusura.
L’introduzione è forse la parte più importante perché definisce il grado di attenzione che il pubblico terrà durante il nostro speech.

Ci sono delle tecniche per aprire il nostro discorso, di seguito ne vediamo alcune:

  • Fare un’auto-apertura: parlare di sé, portare un aneddoto che aiuti a “rompere il ghiaccio” o parlare di argomenti neutri che rilassino l’ascoltatore aiutano a creare il clima ideale per poter continuare in un’atmosfera più distesa
  • La domanda: è una grande alleata specialmente nel momento in cui non si conosce perfettamente chi ci sta ascoltando, e ci aiuta anche a correggere la traiettoria che prenderà il nostro discorso, rendendolo più dinamico e coinvolgente per chi ci sta ascoltando.
  • Utilizzare metafore: sono uno strumento valido per trasmettere in modo immediato il nostro messaggio, richiamando concetti conosciuti a chi ascolta

“Non abbiamo una seconda occasione per fare una buona prima impressione” diceva Oscar Wilde: i primi secondi di una presentazione sono fondamentali per l’oratore, che in questo lasso di tempo è chiamato a fare la ben nota “buona prima impressione” e sfruttare il cosiddetto bias di conferma, quel tipico atteggiamento della natura umana che ci porta a confermare la prima impressione che abbiamo su qualcosa o qualcuno, cercando gli elementi che la possano confermare.

Nei primi istanti della presentazione, oltre a focalizzarci su cosa dire, è importante curare anche altri aspetti della nostra persona, quali l’abbigliamento, la gestualità, il tono della voce: tutte quelle componenti della comunicazione che non includono la parola ma che fanno trasparire al nostro ascoltatore le nostre sensazioni ed emozioni, e che fanno sì che quest’ultimo abbia una propensione positiva verso di noi.

Oltre ad aprire con un’introduzione altamente coinvolgente, è altrettanto importante concludere il nostro speech con una riflessione o una call to action, ossia l’invito rivolto al pubblico ad eseguire una certa azione: ad esempio si potrebbe invitare il pubblico al nostro stand se ci troviamo ad un evento di tasting, oppure invitare l’interlocutore a fare una visita alla nostra azienda.
Ultimo ma non per importanza, il contenuto del nostro discorso, ossia il messaggio che vogliamo trasmettere, deve essere ben chiaro e formulato nella maniera giusta perché il messaggio giunga a destinazione con chiarezza e senza incomprensioni.

Infine, è necessario ricordare che la capacità di parlare in pubblico non è innata, non è un dono con cui alcune persone nascono e altre no. È un’arte che va allenata e perfezionata nel tempo, quindi non bisogna avere paura dei piccoli fallimenti che si faranno durante il percorso.

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