E� stata una bella occasione quella che ci ha regalato la Withers – uno degli studi legali pi� accreditati al mondo, e impegnato anche sul fronte del supporto delle imprese italiane del food and beverage nei processi di internazionalizzazione (in particolare nella costituzione di corporate joint venture negli Usa e in Inghilterra) � che lo scorso 21 gennaio nella sua sede di Milano ha organizzato un interessante seminario sulle prospettive di due mercati strategici per il vino come gli Usa e la Cina.
Di particolare interesse l�intervento di Lulie Halstead, ceo di Wine Intelligence, che ha presentato i risultati delle ultime indagini sui nuovi profili dei consumatori di vino negli Usa e su quali devono essere oggi le strategie e gli accorgimenti per costruire un brand enologico di successo in Cina. Di quest�ultima tematica ne scriveremo a breve sul nostro magazine, oggi vorremmo concentrarci sugli Usa.
Quello che la Halstead ci ha raccontato da un lato ci incoraggia e dall�altro ci preoccupa. Partiamo dagli aspetti che consideriamo positivi per il vino italiano.
Innanzitutto continuano a crescere i consumatori di vino negli Usa e, soprattutto gli abituali (cio� quelli che consumano vino almeno una volta al mese. Per noi pu� sembrare un tempo lunghissimo ma per quel mercato � un dato decisamente rilevante), che oggi (secondo l�US Census Bureau) sono circa 93 milioni su un universo di quasi 158 milioni di wine drinkers. Significa in sostanza che oggi quasi il 60% degli americani ha rapporti con il consumo di vino. Non male per un Paese che fino a pochi anni fa sembrava molto lontano da un consumo di vino cos� diffuso. E secondo la Halstead �nonostante alcune indagini che vedrebbero segnali di declino per il mercato del vino negli Usa, tutti i nostri indici ci portano a pensare che anche per il futuro vedremo ulteriori crescite�.
Considerando, poi, che il tasso di penetrazione dei consumatori abituali negli Usa oggi � di circa il 40% vi � ulteriore spazio di crescita potenziale (basti pensare che in Australia siamo al 65%). Secondo pertanto le proiezioni di Wine Intelligence si dovrebbe passare a 101 milioni di consumatori abituali di vino entro il 2020 e arrivare a 110 milioni nel 2025.
Se gi� questo ci fa ben sperare, ulteriore incoraggiamento ci viene dal fatto che gran parte di questi nuovi consumatori saranno curiosi e �avventurosi� cio� interessati anche a vini diversi dai soliti del mainstream enologico mondiale.
Saranno consumatori pi� interessati anche alle piccole e meno conosciute realt� produttive e molto pi� attenti a concetti come la trasparenza e l�autenticit�.
Riguardo al tema �trasparenza� e �autenticit��, la Halstead ha riportato un interessante esempio del mondo dei piccoli artigiani della birra negli Usa, alcuni dei quali ultimamente sono stati oggetto di acquisto da parte di colossi dell�industria birraia. �Il risultato � ha spiegato la Halstead � � stata l�immediata perdita di fiducia da parte dei loro consumatori perch� non ravvedevano pi� elementi di garanzia in termini di trasparenza ed autenticit��.
A guidare questo nuovo esercito di consumatori sono i tanto ormai citati (a volte forse a sproposito) Millennials (che oggi hanno tra i 24 e i 34 anni) che tendenzialmente hanno buone capacit� di spesa e sono in gran parte regular drinkers (1 su 3 consumatori regolari di vino negli Usa sono di questa categoria). Mettendo insieme sia i giovani (21-29 anni) che �vecchi� millennials (30-34 anni), rappresentano circa il 32% dei consumatori regolari di vino statunitensi. Se a questi poi aggiungiamo la next gens (cio� la nuova generazione, quella che nel 2025 avr� tra i 21 e i 29 anni), vi sono molti elementi per capire come potr� essere il futuro del vino in questo mercato.
E sempre secondo Wine Intelligence questa nuova generazione di consumatori sar� ancor pi� consapevole che il vino rappresenta una bevanda alcolica diversa dalle altre, decisamente pi� sofisticata, capace di creare modelli positivi di socializzazione. Una bevanda fortemente legata all�abbinamento con il cibo. Una bevanda che ti differenzia, decisamente pi� elegante.
Ma se fino a qui potremmo dire tutto bene, vi sono poi elementi che, soprattutto per il vino italiano, devono far riflettere.
Per esempio gi� oggi i Millennials (soprattutto i pi� giovani) sono in qualche modo intimiditi da un�offerta enologica non spesso chiara, con una proposta cos� eterogenea e difficile da comprendere. Non sono ancora completamente �ingaggiati� nel mondo del vino e necessitano di maggiori rassicurazioni. Nonostante siano curiosi per paura quando non capiscono bene l�offerta si rifugiano in brand a loro noti (esempio Yellow Tails).
I Millennials pi� anziani sono sicuramente pi� consapevoli ma questo non li impedisce di privilegiare spesso le proposte pi� tradizionali tradendo quindi una certa attitudine conservatrice.
In estrema sintesi la Halstead ha dipinto un giovane consumatore americano che oggi ma anche nel futuro, almeno quello pi� vicino, nel brand di vino cerca autenticit�, distinzione, rassicurazione, coerenza (qualitativa) e chiarezza.
Se dovessimo sovrapporre queste caratteristiche all�attuale offerta enologica italiana cosa ci viene da pensare?
Vogliamo limitarci adesso solo ad alcuni suggerimenti: possiamo immaginare che il nostro esercito di denominazioni sia oggi adeguato per rispondere a fabbisogni di chiarezza? Possiamo pensare che la nostra polverizzazione del tessuto produttivo possa rispondere ad aspettative di coerenza qualitativa?
Sono solo due domande che poniamo e ci poniamo, le cui risposte saranno molto importanti per il futuro del nostro vino nel pi� importante mercato al mondo.

I nuovi consumatori negli Usa, tra contraddizioni e opportunità
Dalle indagini di Wine Intelligence emerge un nuovo consumatore di vino negli Usa più aperto e curioso, che richiede trasparenza e autenticità, ma al tempo stesso vuole essere rassicurato e aiutato con un messaggio chiaro e semplice