Oggi guardiamo ad Est (come del resto pare stia guardando il futuro del vino italiano secondo i recenti dati – Vinitaly/Wine Monitor) e ci concentriamo su un mercato che per molti versi si sta rivelando tra i più attraenti per il mondo del vino. Ad oggi il mercato giapponese è a tutti gli effetti identificato, assieme a quello cinese, suo vicino geografico, tra i più grandi nell’area asiatica. Per grandezza e volume di importazione, infatti, si classifica al secondo posto, contando circa 30-36 milioni di consumatori che poco a poco si stanno allontanando dai più tradizionali saké e birra. A dimostrazione di quanto il vino si stia facendo largo nel paese del Sol Levante basta pensare che nel 2008 il consumo annuale di vino era pari a 2,9 litri pro-capIte mentre nel 2016 abbiamo un incremento ponderale che arriva ai 3,5 litri. Ma come si sta comportando l’Italia?
Dando uno sguardo ai risultati italiani, le importazioni per volume sono in crescita, trainate sicuramente dalle bollicine, al quinto posto per importazione, ma anche dai vini biologici e i rossi.
Oltre alla bollicina, dominata dal Prosecco che fa impazzire i giapponesi, infatti, altri vini molto apprezzati sono: Sangiovese con un indice di gradimento pari al 41%, Merlot al 35% seguito poi dai Pinot Noir che si aggirano attorno al 28%.
Recentemente, l’indagine congiunta Vinitaly-Wine Monitor, ha confermato che anche in Giappone, secondo gli stakeholder intervistati, saranno soprattutto i prodotti biologici e quelli “premium” – cioè la fascia che costa oltre i 20 dollari a bottiglia – a determinare il successo futuro: la tendenza-green predominante nei mercati storici (Germania, Usa, Regno Unito e Giappone), e la fascia premium che contagerà ulteriormente gli Usa e gli emergenti Russia e Cina. Buoni auspici anche sugli autoctoni, indicati trend del futuro specialmente in Giappone ma anche in Russia e Stati Uniti, mentre è previsto un ritorno di fiamma per i rossi fermi, seconda tipologia più promettente dietro alle ormai immancabili bollicine.
Per chi volesse avvicinarsi al mercato giapponese deve tenere a mente che l’operatore giapponese, ma anche lo stesso consumatore, si interessa alla provenienza del vino che sta acquistando, a conferma dell’interesse per tutto ciò che è territoriale e autoctono, e che attualmente i vini italiani vengono distribuiti attraverso due canali principali: il comparto Ho.Re.Ca, che occupa circa il 65%, e i negozi, siano essi supermarket o Konbini (piccoli negozietti di quartiere aperti 24H al giorno).
Un consiglio? Tenete sott’occhio i Konbini, benché siano una realtà non familiare alla cultura italiana, questi negozi hanno un grande impatto in fatto di vendita di vini, soprattutto quelli italiani.
Dando uno sguardo al futuro, con più precisione verso il 2019, l’annunciato ribasso delle tariffe doganali potrebbe portare i vini italiani ad un significativo incremento delle vendite. Per quel che concerne i vini, infatti il recente accordo di parternariato economico Italia-Giappone, porterà ad una liberalizzazione totale del mercato (dazi zero) che ci consentirà di competere ad armi pari con alcuni competitor fra cui quelli cileni che, da quando Giappone e Cile hanno firmato l’Accordo di libero scambio, hanno registrato incrementi da capogiro nelle vendite verso il Sol Levante.