A livello globale il consumismo etico sembra configurarsi come la tendenza socio-economica dominante del XXI secolo.
L’industria del vino si sta adeguando, spinta in parte dalla filiera stessa (che vuole mostrare le sue credenziali etiche) ed in parte dalla crescente aspettativa dei consumatori che ritengono che il vino – data la sua immagine artigianale e agricola – debba fare la sua parte per la sostenibilità.

Il progetto di ricerca SOLA (Sustainable, Organic & Lower-Alcohol wine) di Wine Intelligence ha coinvolto 12.000 consumatori nei 15 principali mercati vinicoli del mondo nel 2019, con un campione che rappresenta circa 250 milioni di consumatori abituali di vino. Tenendo conto dell’influenza e del potenziale di ogni mercato, il modello SOLA ha elaborato un cosiddetto “Opportunity Index” ponderato per ogni tipologia di vino cosiddetto “alternativo”.
I dati sono stati confrontati per la prima volta con quelli raccolti 12 mesi prima per verificare se ci sia stato un cambiamento generale nell’interesse verso i vini SOLA.
La risposta sintetica è sì,
tutte le categorie SOLA, ad eccezione dei vini “Fairtrade” (commercio equo e solidale), hanno totalizzato un punteggio più alto nel 2019 rispetto al 2018.

I 13 sottogeneri presi in considerazione comprendono: vino biologico e biodinamico, vini “green” (Sustainably produced wine o environmentally friendly wine), vini “etici” (Fairtrade wine, Carbon neutral winery), vino vegetariano o vegano, vino senza solfiti o conservanti, l’orange wine, il vino “low-alcohol” (a basso contenuto alcolico) o analcolico.

Sono i consumatori più giovani – sotto i 35 anni – a determinare questi risultati, dimostrando una apertura ed un interesse crescenti per i vini SOLA, visti come “più sani” e positivi per l’ambiente.
Circa il 21% dei consumatori abituali di vino negli Stati Uniti di età compresa tra i 21 e i 34 anni, ad esempio, ha acquistato una bottiglia di vino biologico negli ultimi sei mesi. Oltre i 55 anni, questa cifra scende al 6%. In Australia, le cifre sono rispettivamente del 16% e del 4%.
L’ecosostenibilità e la salute sono valori chiave per questa fascia d’età, ed entrambe le qualità vengono associate al vino biologico.

Non tutte le tendenze risultano attrattive, come dimostrano gli scarsi risultati del vino vegano e vegetariano che, nonostante seguano un lifestyle in perenne ascesa, hanno ottenuto il punteggio più basso nella classifica assieme ai vini analcolici. La difficoltà e la riluttanza a relazionare il concetto di vegetariano o vegano con il prodotto vino, sono ancora molto forti.

La tendenza all’analcolico (non-alcoholic wine) o al basso contenuto alcolico (lower alcohol wine) sta aumentando molto nella birra e nei distillati, ma non ha ancora coinvolto il mondo del vino. Nonostante abbia mostrato un forte aumento rispetto al 2018 ed abbia ottenuto un buon punteggio in Nuova Zelanda e Singapore, il punteggio conseguito (31) li ha fatto scivolare i vini analcolici all’ottavo posto, leggermente al di sopra degli orange wines.
La maggior parte degli esperti del settore concorda sul fatto che arriverà il momento dei vini a basso contenuto alcolico o senza alcol, ma solo dopo che ci saranno stati evidenti progressi tecnologici che ne miglioreranno le proprietà ed il gusto.

Il vino biologico è stato tra i primi tre classificati in 12 dei 15 Paesi presi in considerazione, con un punteggio ponderato di 48 punti, davanti al Sustainably Produced Wine (vino prodotto in modo sostenibile) che si è classificato in seconda posizione e nettamente davanti (7 punti) al Fairtrade Wine (vino equo e solidale). In Finlandia, Svezia e Stati Uniti il vino biologico si è piazzato al primo posto, con un punteggio di oltre 50 punti nell’”Opportunity Index”.
La pole position del vino biologico si basa sul crescente riconoscimento e sulla crescente sensibilità da parte del pubblico che beve vino. La consapevolezza dei consumatori sul vino biologico è aumentata di oltre tre punti rispetto all’anno precedente, fino a raggiungere un punteggio di 51,9 nell’Awareness Index. Si tratta di oltre dieci punti in più rispetto a qualsiasi altra categoria di vino SOLA.

Detto questo, in quasi la metà dei 15 mercati presi in esame – Stati Uniti, Irlanda, Australia, Singapore, Canada, Australia e Regno Unito – la caratteristica principale che i consumatori relazionano al vino biologico non fa riferimento ad alcun beneficio, ma si concentra sul fatto che è un vino “più costoso”.
I consistenti aumenti del punteggio del vino biologico, tuttavia, suggeriscono che questo dato di fatto non è necessariamente un ostacolo all’acquisto.
Le proprietà benefiche superano le considerazioni sul prezzo, probabilmente il prezzo infonde una certa sicurezza e garanzia psicologica del fatto che il vino sia stato adeguatamente controllato.

Un fattore di incertezza potrebbe essere la confusione che caratterizza la regolamentazione della categoria. Ci sono oltre 300 organismi di certificazione per il vino biologico a livello globale con interpretazioni diverse riguardo a ciò che è ammissibile sotto il termine “biologico”. Solo negli Stati Uniti sono presenti tre definizioni distinte per il vino biologico: “Made with organic grapes”, “Ingredients: organic grapes” e “Organic wine”.
In altre parole, sembra essere una categoria in cui i consumatori rispondono a stimoli emotivi piuttosto che a informazioni verificate e scientifiche. La confusione e l’ignoranza sono ancora diffuse, ma non sembrano essere una barriera all’acquisto.

Una delle preoccupazioni maggiori è dovuta al fatto che, paradossalmente, l’attenzione sempre maggiore dei consumatori per le caratteristiche di eticità e sostenibilità dei prodotti, potrebbe portare alcuni produttori ad agire in modo illegale e non etico. Operatori senza scrupoli potrebbero sfruttare la confusione dei consumatori e le incoerenze legislative per far passare i prodotti non conformi come conformi.
A prescindere dagli scandali che in questo settore ci sono stati, sembra che il futuro per il vino abbia un solo nome: SOLA.