Normalmente ci occupiamo di mercati internazionali ma sono troppo ghiotti gli spunti di riflessione che ci fornisce il primo report realizzato da Wine Intelligence sul “Mercato italiano delle bollicine”.
Innanzitutto gli analisti di Wine Intelligence evidenziano come il mercato delle bollicine in Italia è decisamente diverso rispetto a quelli di altri Paesi dove sostanzialmente la competizione si riduce ai soliti grandi player, Champagne, Prosecco e Cava, e solo in qualche caso affiancati da una produzione nazionale significativa come negli Usa, in Australia o in Germania.
In Italia, invece, il consumo degli sparkling è decisamente più diversificato e oltre alle zone storiche di produzione (Trentino con il Trentodoc, Franciacorta, Oltrepò Pavese), numerose tipologie di spumante si stanno sviluppando in numerose regioni italiane, spesso grazie all’utilizzo di vitigni autoctoni che meglio si prestano ai processi di spumantizzazione. E’ il caso, ad esempio, del Durello in Veneto che oggi rappresenta forse uno degli esempi più interessanti di bollicina “autoctona” con ottime interpretazioni sia nella versione metodo classico che charmat. Ma in interessante evoluzione anche l’Erbaluce in Piemonte, il Verdicchio nelle Marche e la Ribolla Gialla in Friuli Venezia Giulia.
A questo riguardo sarebbe interessante analizzare meglio quelle che sono le potenzialità di sviluppo delle bollicine italiane realizzate anche con il contributo di vitigni autoctoni. Riteniamo, infatti, che vi siano ampi margini di crescita soprattutto se si eviteranno le pericolose “speculazioni” all’inseguimento del successo del Prosecco e si valorizzeranno invece quelle varietà e quei territori che meglio d’altri consentono l’ottenimento di bollicine di pregio, con una precisa identità riconoscibile.
Tornando al report di Wine Intelligence emerge come anche in Italia tra i consumatori non è chiara la diversificazione tra i diversi metodi di produzione degli sparkling e questo causa non poche problematiche sul versante delle percezioni e dei posizionamenti.
Per questa ragione gli esperti di Wine Intelligence giustamente consigliano una migliore azione di comunicazione sulle caratteristiche del prodotto sia da parte dei produttori che del trade.
Rispetto al tema delle vendite, le bollicine italiane sono destinate a crescere ulteriormente sul mercato nazionale e questo, in particolare, grazie alla destagionalizzazione delle vendite e ad un consumo più frequente. Nel 2017, a questo proposito, 31,6 milioni di italiani, il 64% della popolazione adulta, hanno consumato vino spumante o frizzante almeno una volta nel corso dell’anno. Per quanto riguarda la spesa media, eccezion fatta per lo Champagne, per una bottiglia di spumante o frizzante varia tra i 7-14,99 euro nell’off trade. Il canale di distribuzione più utilizzato è quello della gdo ad eccezione di Champagne e Franciacorta dove prevale il canele dell’horeca.
Per quanto concerne le occasioni di consumo il report evidenzia come il vino spumante è un termine che resta comunque fortemente legato a feste, celebrazioni e brindisi, mentre con il termine “frizzante”, molti consumatori italiani identificano un bollicina poco impegnativa, quella che spesso viene chiamata “frizzantino”.
Come era facilmente presumibile l’indagine di WI evidenzia come il Prosecco sia ormai entrato nelle scelte di gran parte dei consumatori italiani. La quasi totalità del campione, infatti, ha dichiarato di averlo bevuto almeno una volta nel corso dell’ultimo anno. Prosecco e Lambrusco, inoltre, risultano le bollicine consumate più frequentemente e sono quelle considerate con il miglior rapporto qualità/prezzo.
In termini di percezione qualitativa, però, lo Champagne continua ad essere il leader assoluto seguito dal Franciacorta.
Trentodoc, Alta Langa, Pignoletto, sono meno diffusi ma raggiungono comunque un’incoraggiante percentuale di consumatori.
Interessanti le indicazioni che emergono dal trade che, ad esempio, associa il Pignoletto al Prosecco in termini di stile, occasione di consumo e posizionamento); mentre l’Alta Langa viene considerata una tipologia alla ricerca di una collocazione precisa, a metà tra il Prosecco e il Franciacorta. Riguardo al Trentodoc, invece, il trade intervistato ritiene che abbia ampi margini di crescita sia a livello di penetrazione di mercato che di percezione qualitativa, sfruttando in particolare il traino di Ferrari, il suo brand più famoso.
E a proposito di brand, il report di WI evidenzia come Ferrari, Martini, Gancia e Maschio sono quelli riconosciuti maggiormente dai consumatori intervistati, con percentuali oltre l’80%. Le performance migliori sono registrate da Ferrari (Trentodoc) e Berlucchi, (Franciacorta) che evidenziano un tasso di conversione in acquirenti di oltre il 44%.
Il ruolo dei brand aziendali per sviluppare maggiormente la notorietà delle denominazioni delle bollicine italiane appare come uno degli aspetti più importanti evidenziati nel report di WI. In Franciacorta, ad esempio, dopo Berlucchi (leader nel retail), marchi come Cà del Bosco, Bellavista e Contadi Castaldi rappresentano brand di grande traino e dimostrano che vi sono ottime opportunità anche per costruire branding tra le bollicine made in Italy.