C’era una volta solo il Prosecco. Un nome che raccontava di una bollicina facile, immediata, ottima per tutte le occasioni. Un nome che evocava in maniera immediata una tipologia di vino senza mai sentire l’esigenza di dover dare ulteriori spiegazioni.
Dal punto di vista del marketing, della comunicazione, quanto di meglio possa capitare: un nome che già dice tutto.
Ma quanto può durare una “strategia” di questa natura senza che questa “indifferenziazione” rischi di inficiare l’immagine e il posizionamento di una tipologia di vino?
Sembrerebbe, insomma, che molti produttori del Prosecco si stiano rendendo conto che non è più sufficiente nascondersi dietro questo nome e che anzi questo “anonimato” si può trasformare in una vera trappola per tutti coloro che cercano un migliore posizionamento, una migliore reputazione.
L’analisi della giornalista inglese è spietata quanto vera e da tempo noi enfatizziamo questo aspetto legato ai rischi del successo attuale del Prosecco.
“Anche perché ” spiega Alex Canetti, direttore dell’off-trade di Berkmann Wine Cellars ” oggi i consumatori non si stanno rendendo conto della miriade di differenziazioni all’interno dell’universo del Prosecco, sia in termini di stile, di caratteristiche gustative (da quelli più fruttati a quelli più floreali”. “In una degustazione alla cieca, ad esempio ” prosegue Canetti ” tu puoi individuare abbastanza facilmente un Prosecco della docg Asolo che normalmente è più rotondo, di maggior struttura (corpo), rispetto ad un Valdobbiadene docg normalmente più elegante con una maggiore finezza. Per non parlare del Cartizze normalmente caratterizzato da maggiore acidità e concentrazione”.
Una sorta di “strapotere” del nome Prosecco che in qualche misura ha sovrastato anche i singoli interpreti.
Quante volte ci siamo sentiti dire, a questo riguardo:”La nostra forza sta nel nome Prosecco, inutile andare ad evidenziare altre peculiarità che potrebbero spaventare e allontanare i tanti potenziali ulteriori consumatori”.
Ed è proprio nel continuare a considerare il bacino potenziale di consumatori di Prosecco ancora ampissimo dove, a nostro parere, si corre il maggior pericolo.
Avere potenzialità di sviluppo di mercato ancora ampie non significa che si debba concentrare la strategia comunicativa solo sul nome “Prosecco”. Ormai è noto, infatti, che il corretto presidio del posizionamento, come abbiamo scritto numerose volte, risiede nel saper dare una chiare diversificazione del sistema produttivo.
C’è chi, come Domenico Scimone, direttore marketing di Carpenè Malvolti che ritiene sia “ancora prematuro aspettarsi che tutti i consumatori possano riconoscere le differenze tra i numerosi territori produttivi del Prosecco. La stessa docg del Prosecco di Conegliano Valdobbiadene è troppo giovane (riconosciuta nel 2009) per poter aver acquisito una corretta notorietà”.
Secondo Gianluca Bisol, invece, presidente di Bisol Desiderio & Figli “la complessità della produzione del Prosecco e le relative differenze tra le denominazioni coinvolte è ben rappresentata dall’attuale piramide qualitativa che vede alla base il Prosecco doc (prodotto nelle 9 province tra Veneto e Friuli Venezia Giulia), nella parte media troviamo l’Asolo Prosecco docg per puoi muoversi verso il vertice della piramide dove troviamo il Conegliano Valdobbiadene Superiore docg. Ed è in quest’ultimo vertice dove si trova il Cartizze e le selezioni delle Rive come espressioni massime qualitative dovute, in particolare, alla caratterizzazione fortemente collinare di questi terroir produttive”.
Non è chiaro, però, se questa piramide “ben rappresentativa” di fatto oggi è percepita non solo dai consumatori ma anche di gran parte del trade a livello internazionale.
C’è poi chi come Paolo Lasagni, managing director di Bosco Viticultori che addirittura ritiene che la specificazione territoriale della docg Conegliano Valdobbiadene Superiore “aumenta la confusione all’interno dell’universo del Prosecco, simile a quanto avvenuto nelle denominazioni del Lambrusco che alla fine ha determinato una diminuzione complessiva del valore. Per questa ragione è più che sufficiente tenere separate la doc e la docg, soprattutto se diversificano una produzione di pianura rispetto ad una di collina, ma il termine le Rive può avere una valenza solo locale”.