L’unico commento negativo a questa 52a edizione di Vinitaly l’abbiamo ascoltato da un taxista veronese che frustrato durante una coda in Viale Piave ci ha confessato: “Preferirei che Vinitaly si svolgesse in un’altra città, non la mia”.
Per il resto solo toni positivi e spesso anche entusiastici, soprattutto da parte dei produttori che sono e rimangono il vero termometro per giudicare una manifestazione fieristica.
E se loro sono contenti “tutto il resto è noia”, come canterebbe il compianto Califano.
Ma dopo quattro giorni di luci sfavillanti, di politici di tutti i colori che celebravano (più se stessi per la verità) il vino italiano, di manifestazioni di dilagante ottimismo, è forse lecito chiedersi se tale successo rispecchia esattamente lo stato di salute del nostro comparto vitivinicolo.
Verrebbe facile rispondere che questo Vinitaly 2018, ma questo probabilmente vale anche per le edizioni precedenti, non rappresenta una fotografia speculare della situazione attuale del vino italiano.
In fin dei conti è normale che durante una manifestazione, in particolare una come Vinitaly dove il tema della comunicazione rimane un aspetto centrale, si cerchi il più possibile di dare un’immagine positiva del settore e delle sue imprese coinvolte.
A cancelli di VeronaFiere chiusi, però, possiamo tornare alle analisi più obiettivi e cercare di capire meglio quale è la reale condizione del nostro sistema produttivo.
In aiuto ci vengono anche alcune indagini presentate a Vinitaly che come era prevedibile ci evidenziano un settore in una condizione a “macchia di leopardo”, con imprese che non solo godono di buona salute in termini di fatturato e margini ma che sono oggi ben strutturate e organizzate sia dal punti di vista produttivo che commerciale.
Dal nostro osservatorio di Wine People, attraverso un’indagine realizzata durante questo Vinitaly, è emerso che il principale limite e fabbisogno espresso dalle aziende intervistate è di avere risorse umane più competenti e preparate soprattutto per affrontare meglio sia il mercato nazionale che quelli esteri.
Un limite emerso anche nell’indagine realizzata dagli amici di Wine Monitor Nomisma in collaborazione con Confagricoltura ed Enapra, che ha evidenziato come ancora oggi per una cantina su quattro è molto difficile gestire la commercializzazione sui mercati internazionali, sia per limiti finanziari ma anche per la scarsa conoscenza dei mercati che si vorrebbero presidiare. Le aziende denunciano, inoltre, problemi sul fronte comunicativo e di difficolta a gestire i rapporti con la distribuzione. Difficoltà manifestate, inoltre, anche nell’accettare i cambiamenti del mercato di quest’ultimo decennio. Se poi aggiungiamo il problema ancora molto forte nelle aziende vitivinicole sul fronte del cambio generazionale ci rendiamo conto quanto sia determinante il tema delle risorse umane nel futuro del vino italiano.
Tutte problematiche che hanno, a nostro parere, pertanto, una risposta precisa: inadeguatezza delle risorse umane sia in termini numerici che, soprattutto, di competenze.
Riteniamo indicativo, a questo riguardo, quanto ci ha detto uno dei migliori manager del vino italiano, Ettore Nicoletto, amministratore delegato del Gruppo Santa Margherita:”Oggi le vera emergenza sono le risorse umane. Investire nella loro selezione e formazione è la chiave strategica per garantirci un futuro”.
Per noi di Wine Meridian e Wine People che da anni abbiamo messo al “centro del gioco” le risorse umane, pertanto, anche questo Vinitaly 2018 è stata un’ottima conferma della bontà e senso dei nostri sforzi.
Come pure non può non preoccupare la perdurante dipendenza del nostro sistema vitivinicolo ai mercati internazionali. Fa piacere leggere i dati del 2017 che ha portato il nostro export a sfiorare i 6 miliardi di euro di fatturato (sempre Wine Monitor ha evidenziato nella sua ricerca che per il 22% delle imprese italiane il primo fattore strategico nei prossimi anni sarà la possibilità di aprire nuovi mercati). Ma al tempo stesso vorremmo vedere un impegno crescente anche sul fronte del mercato nazionale. Lo ripetiamo da tempo, saremo competitivi nelle esportazioni in maniera direttamente proporzionale alla nostra forza e recupero sul mercato italiano.
Abbiamo ascoltato troppe aziende anche durante questo Vinitaly con aspettative troppo esagerata rispetto alle opportunità sui mercati internazionali del vino che richiedono, va sottolineato con grande forza, investimenti a medio e soprattutto lungo periodo.
Abbiamo intervistato anche numerosi importatori e distributori a questo Vinitaly e il leit motiv è stato sempre questo:” Se le aziende italiane accettano la sfida di andare lentamente sui nostri mercati investendo nel lungo periodo potranno avere possibilità di successo nei prossimi anni”.
Ma quante aziende italiane hanno la possibilità di avere questa “pazienza”?
Quando sentiamo le aspettative di molte aziende nei confronti del primo b2b che affrontano in qualche mercato internazionale ci verrebbe da pensare molto poche.
Ma di questo scriveremo a breve.
Per il momento godiamoci ancora per qualche giorno l’onda positiva di questo Vinitaly 2018, che l’ottimismo ci dia energia per superare i limiti.