Milano si è fermata, come la Lombardia e poi tutta Italia. Lo stivale è “zona protetta” con un provvedimento maxi, un DPCM dell’11 marzo 2020 di estrema severità, che ha stabilito la sospensione di attività commerciali ed esercizi come enoteche, wine-bar, ristoranti. Molti, almeno in Lombardia, avevano già anticipato i tempi chiudendo tutto, consapevoli di non riuscire a tutelare adeguatamente dipendenti e clienti. Questione di responsabilità e salute pubblica, ma non solo, anche di crollo degli incassi. Sono già quattordici i giorni di mancato guadagno, un periodo durissimo che colpisce sia chi da anni ha investito la propria vita in un lavoro h24 per 365 giorni l’anno, sia coloro la cui vita imprenditoriale nasce invece in questo frangente e subito corre sul filo di una recessione chiamata “COVID – 19”.
“La cassa integrazione in deroga, ogni altro intervento che si sta attuando a tutela dei lavoratori come la sospensione dei mutui o il blocco degli sfratti è assolutamente importante e necessario, così come è utile ogni provvedimento che tuteli la singola persona e il nucleo familiare. Non ci si deve dimenticare però che il nostro settore vive sulla quotidianità, sul “contante” che entra. Abbiamo tutti bisogno continuamente di liquidità. Senza di essa, senza cassa è difficile far fronte a qualsiasi cosa. Bene le deroghe, bene spostare i mutui, bene spostare i debiti, ma ci vuole da parte del sistema bancario uno sforzo importante nel concedere prestiti, nell’ampliare i fidi, nello sbloccare richieste e nell’abbassare le garanzie da fornire. Per rimettere in moto la macchina, perché la liquidità per noi è fondamentale non essendo un settore “ricco”. Nonostante quello che si pensi, la stragrande maggioranza di noi ha una economia di sussistenza.
“Ad oggi non stiamo prendendo misure condivise, né ci stiamo muovendo in modo concertato, anche perché essendo stata minata la creazione di socialità – il nostro unico valore -, è davvero difficile trovare alternative. Ci sono però diverse singole iniziative. Hic Enoteche per esempio sta mettendo rapidamente in piedi una vendita on-line, creando l’alternativa per un minimo guadagno, visto che una vera alternativa al momento non c’è. Siamo imprenditori, mettiamo in conto il rischio imprenditoriale che significa anche le comparse dei cosiddetti “cigni neri”, come è questo del Coronavirus. Ci aspettiamo però di giocare un gioco con regole chiare e uguali per tutti, di mettere in campo ognuno le proprie capacità per poter ottenere il massimo”.
“Come addetti ai lavori siamo rimasti un pó sorpresi sin dall’inizio del problema. Già il 23 e il 24 febbraio, quando ancora non avevamo capito la gravità della situazione, le indicazioni iniziali non erano chiarissime. All’inizio la chiusura, poi a metà settimana il dietro front con la possibilità di servire esclusivamente al tavolo, regola che noi come Hic Enoteche adottiamo da sempre in tutti i nostri locali. Poi il confronto con i colleghi, il senso di smarrimento, il cambio di modalità. Sembrava che si riuscisse comunque a contenere il disagio, i clienti erano diminuiti ma non di tanto, il lavoro procedeva. Le successive restrizioni hanno veramente aggravato la situazione e ad oggi devo dire per fortuna che sono state prese. Col senno del poi si doveva bloccare tutto il 24 febbraio. Sotto questo aspetto wine-bar ed enoteche si sono trovate vicine nelle scelte, manifestando attraverso i social l’unica azione di responsabilità possibile: sospendere ogni attività. Io credo che andrà tutto bene. È importantissimo restare calmi e seguire le indicazioni, supereremo le difficoltà”.
“Speranza. Anche la galleria più buia prima o poi vede la luce”.