ProWein rinviata di un anno, Vinitaly posticipato a metà giugno (14-17 giugno). L’emergenza è fattuale e coinvolge tutto il comparto vitivinicolo.
In questo contesto difficile, ci appare prioritario non cavalcare l’onda dell’allarmismo pleonastico, ma dar voce ed ascoltare le aziende del settore, approfondendo le loro impressioni e la loro percezione concreta di questo particolare frangente storico. Per questo stiamo monitorando con un’indagine che proseguirà, opinioni, timori, ripercussioni, strategie delle aziende di fronte all’emergenza mondiale dovuta al coronavirus.
1) Innanzitutto ci può dire quanto l’attuale emergenza Coronavirus sta influendo nella sua attività?
> Vincenzo Mercurio, Wine maker multibrand – Le Ali di Mercurio
Sicuramente l’emergenza coronavirus sta influenzando l’attività dal punto di vista fieristico, ma non da quello lavorativo in senso stretto. Siamo infatti in una fase di preparazione dei vini e di imbottigliamento in cui non c’è alcun contatto col pubblico ed in azienda si lavora con degli standard di igiene elevatissimi. Vivendo in un contesto agricolo al momento siamo ancora tranquilli, specialmente nelle aziende per le quali lavoro in Centro e Sud Italia.
> Marco Giacopelli, Sales Manager – La Sala
L’emergenza coronavirus sta influenzando tantissimo la nostra attività. L’Italia è praticamente ferma, l’estero va molto a rilento. Anche ieri ero a Firenze col nostro agente e Firenze era vuota. Sono stato testimone delle difficoltà dei ristoratori che fanno fatica per gli incassi scarsi e soprattutto per la difficoltà ad interpretare i tempi di uscita da questa crisi.
> Fabio Genovese, Export Manager – Donnafugata
Nonostante la diffusione del virus, siamo ancora alle prime avvisaglie sul lavoro. I numeri e la tendenza ipotizzata in fase di programmazione sono in linea con l’anno scorso, ma dai contatti quotidiani con importatori e partner stiamo capendo che per i prossimi due o tre mesi la situazione sarà complessa. La difficoltà a comprendere il problema non ci consente di affrontare le varie situazioni con la dovuta serenità. I dazi statunitensi, per fare un esempio, erano una minaccia concreta e visibile, il virus ed i suoi effetti no. C’è anche un discorso diffuso di panico che rivolge lo sguardo al nostro Paese e quindi essere presenti nei mercati internazionali può risultare “non piacevole” o addirittura, ragionando in funzione delle quarantene, sconveniente. Difficile prevedere e gestire gli effetti di quanto sta accadendo ora.
> Raffaella Trabucchi, Titolare Trabucchi d’Illasi
L’emergenza ci ha costretti a bloccare le visite in azienda, avevamo incontri e gruppi sia italiani che esteri che sono saltati. Manca la percezione sugli ordini rivolti all’estero, ma di certo la sensazione è che siano rallentati. Non partono con il ritmo che avevamo precedentemente.
> Cesare Materossi, Titolare Monte Cicogna
A brevissimo subiremo sicuramente un calo significativo, di quanto non sappiamo ancora.
> Michele Ranieri, Titolare Podere Ranieri
Attualmente l’unico cambiamento che ho percepito è stata la ricaduta su fiere internazionali e manifestazioni locali legate al Consorzio. Noi siamo una piccolissima realtà quindi diventa una perdita di opportunità e di contatti più che una questione numerica calcolabile. Il rallentamento c’è, sicuramente.
Non è una questione legata alla vendita di bottiglie, ma in mancanza di occasioni di incontro ci sarà poco spazio per le novità e le sperimentazioni.
2) Prowein e Vinitaly sono stati posticipati…qual è la vostra opinione rispetto a queste difficili decisioni degli enti fieristici?
> Vincenzo Mercurio, Wine maker multibrand – Le Ali di Mercurio
Credo che sia stata una decisione saggia perché ci sono tanti operatori esteri che hanno difficoltà logistiche e psicologiche a raggiungere l’Italia. Scelta difficile, pesante economicamente per i produttori visto che non ci saranno rimborsi dagli enti né tantomeno da compagnie aeree ed alberghi. In ogni caso fare una fiera come “atto di coraggio”, senza partecipanti, sarebbe stato inutile o quasi.
> Marco Giacopelli, Sales Manager – La Sala
Gli enti fieristici hanno dato l’esempio nel seguire le direttive. Arriviamo però a giugno che, almeno per i nostri prodotti, è un momento inadatto. Comunque meglio avere occasione di esserci e di partecipare a Vinitaly piuttosto che annullarlo.
> Fabio Genovese, Export Manager – Donnafugata
Se guardiamo da un punto di vista sanitario credo che, malgrado la poca letalità del virus, per evitare una pericolosità obiettiva a livello statistico le decisioni prese siano corrette. Dal punto di vista del business, le fiere nella contemporaneità hanno un’importanza forse inferiore rispetto al passato perché oggi si viaggia molto di più per i mercati e quindi diventano più che altro momenti di confronto con partners già acquisiti. Le fiere rimangono molto importanti per presentare le novità, scambiarsi visioni e rafforzare le relazioni. Mi auguro che il Vinitaly si svolga per dare un segnale forte di uscita: ne abbiamo bisogno per ricompattarci, anche da italiani.
> Raffaella Trabucchi, Titolare Trabucchi d’Illasi
Hanno fatto bene perché non si sarebbe presentato nessuno. Noi stessi avevamo degli appuntamenti che sono saltati nei giorni prima dell’annuncio ufficiale. Ho la sensazione che a giugno non si farà perché dovremo leccarci le ferite e forse sarà ancora troppo presto. Potrebbe essere un messaggio di ripartenza.
> Cesare Materossi, Titolare Monte Cicogna
Giudicare queste scelte non spetta a me. Sicuramente non sono scelte arbitrarie o campate per aria.
> Michele Ranieri, Titolare Podere Ranieri
Trovo che siano state decisioni dovute nel senso che, seppur io non sia ipocondriaco, ho cercato di farmi un’idea realistica sul coronavirus. Quello che spaventa è l’ipotesi di un collasso delle strutture ospedaliere. Accetto il boccone amaro per quanto riguarda il business a fronte di un bene superiore. Mi auguro che questa buona volontà, senza isterismi, venga ripagata.
3) L’emergenza coronavirus di fatto alimenta un quadro di incertezza che da alcuni anni sta caratterizzando anche il nostro settore vitivinicolo. Con quali strategie state gestendo una fase storica così complessa?
> Vincenzo Mercurio, Wine maker multibrand – Le Ali di Mercurio
La strategia è molto semplice, ritorniamo a fare ciò che non si fa da tempo, riflettiamo sul territorio, al di là della globalizzazione che ci porta sempre a ragionare a livello più ampio. Metaforicamente facciamo un passo “di lato”, né avanti, né indietro. In questa fase vogliamo restare a fianco di enoteche e ristoratori, creando sinergie con loro dato che rappresentano il settore che probabilmente uscirà con le ossa più rotte, ma che da sempre ci fa da cassa di risonanza.
Facciamoci anche aiutare da bandi di internazionalizzazione per arrivare in mercati nuovi, dotiamoci di strumenti innovativi per farci riconoscere dai consumatori come virtuosi nonostante i cambiamenti. Proviamo ad essere attori contro il cambiamento climatico per avere una gestione agronomica di precisione, preservando la disponibilità idrica dei suoli. Riusciremo a rispondere meglio anche alle improvvise necessità ed emergenze.
> Marco Giacopelli, Sales Manager – La Sala
Abbiamo deciso di puntare e focalizzarci più su Italia ed Europa rispetto ai Paesi oltreoceano. Questa scelta nasce da una esigenza di stabilità e d instaurare rapporti a lungo termine più semplici da gestire. Vogliamo dimostrarci davvero al fianco degli importatori e, come una squadra, cerchiamo di rivolgerci con loro all’obiettivo fissato.
> Fabio Genovese, Export Manager – Donnafugata
Noi siamo una realtà legata ad una forte tradizione familiare ed identitaria in una terra con tante peculiarità. Rappresentare la qualità e l’eccellenza vuol dire spendere maggior tempo nella selezione dei partners, dei canali distributivi, dei ristoranti e delle piattaforme. Stiamo cercando di fare selezione e progetti mirati per crearci un nostro nome ed un nostro brand lavorando bene sul marketing, la comunicazione e l’immagine. E’ un momento propizio per studiare e provare ad andare oltre l’esser solo bravi a produrre e commercializzare. Bisogna intercettare e capire le tendenze per trovare, o inventare, il modo giusto per cavalcarle.
> Raffaella Trabucchi, Titolare Trabucchi d’Illasi
Per il coronavirus non abbiamo ancora preso contromisure, penso la strategia migliore sia fare eventi in azienda con presentazione di vini nuovi, situazioni piacevoli ed offerte particolari.
> Cesare Materossi, Titolare Monte Cicogna
Riguardo questo momento storico, partirei dal cambiamento climatico sul quale dobbiamo intervenire in campo con potature, gestione del verde, del suolo, della vite. La nostra azienda nasce dal vigneto e risente particolarmente di questi aspetti agricoli, stiamo facendo degli aggiustamenti con i nostri tecnici. I mutamenti nell’ambito commerciale possiamo affrontarli accrescendo la valorizzazione dei concetti di territorialità ed originalità a sfavore di genericità e standardizzazione.
Ad un importatore, a seconda poi del mercato che rappresenta, direi comunque di continuare a credere nel vino italiano che è, e sarà certamente foriero di soddisfazioni per lui ed i suoi clienti.
> Michele Ranieri, Titolare Podere Ranieri
Cercherò di stare vicino ai miei clienti. Potrebbero nascere nuove idee che fino a ieri non avevamo bisogno di generare, magari facendo gruppo e sistema tra aziende e filiera. Quest’anno ho usato i social, in particolare Instagram, per organizzare i miei appuntamenti su ProWein. L’app mi suggeriva persone, credo che questi canali possano aiutarmi a trovare le figure più vicine al mio brand. Mi sembra un sistema veloce e snello che possiamo usare in questo momento di difficoltà al posto degli eventi di contatto.
Una strategia è quella di farci sentire con i clienti: “Come possiamo supportarvi in questo momento non facile?” oppure proporgli di fare una serata insieme, magari fornendogli un contenuto nuovo o presentandogli un nuovo contatto. In questo modo condividiamo obiettivi e risorse, sono fiducioso!