Sarà anche un caso (ma non è certo così), ma dopo una serie di notevoli investimenti per analisi approfondite del mercato cinese, l’export del vino australiano negli ultimi 12 mesi (da giugno 2015 a giugno 2016) è cresciuto nel più grande Paese al mondo di ben il 50% raggiungendo la ragguardevole cifra di 419 di dollari.Cifra che porta la Cina ha diventare il secondo mercato di sbocco per i vini australiani di poco sotto (solo 30 milioni di dollari) al mercato Usa.
Non può essere una coincidenza dal momento che la maggioranza dei fallimenti sul mercato cinese, ormai è assodato, è frutto di una scarsa conoscenza di questo Paese, delle sue dinamiche commerciali, di business, ma anche delle sue diverse attitudini relazionali.
Molto interessante, a questo riguardo, le osservazioni emerse durante l’Asian Cultural Workshop tenutosi nei giorni scorsi ad Adelaide, la nota cittadina nel sud dell’Australia.
Durante il Workshop sono state prese in esame le diversità culturali di questo grande Paese ed, in particolare, il suo differente approccio al business rispetto non solo all’Australia ma anche ad altri paesi di cultura occidentale.
Se, per esempio, nei paesi occidentali i processi decisionali si spostano dal punto A al punto B e poi al punto C e al punto D e così via con una modalità “lineare”; nella cultura asiatica, cinese in particolare, l’approccio al business è molto diverso, per certi aspetti “ambiguo” e per nulla “lineare”.
In Asia, infatti, i processi decisionali del business possono prendere direzioni multiple, dal punto A, pertanto, si può passare direttamente al D o partire dal punto B per arrivare poi al C e tornare indietro infine all’A.
Per questa ragione diventa fondamentale conoscere il mercato asiatico dal “di dentro” avendo come presupposto fondamentale la pazienza di capire una realtà complessa e molto diversa dalla nostra.
“Gli importatori e i distributori in Asia, ad esempio �” ha spiegato Jonathon O’Neill, export manager di Angove, prestigiosa azienda australiana �” sono generalmente abituati a restare fedeli tra alti e bassi, a differenza dei loro omologhi occidentali. Ma con loro si deve accettare la regola dei “tempi lunghi” per costruire una relazione affidabile e profittevole. Tempi a cui spesso noi occidentali non siamo certo abituati”. Se dovessimo usare una metafora sportiva potremmo affermare che se a noi piacciano i 100 metri piani, gli asiatici preferiscono sicuramente la maratona in fatto di business.
Grande importanza anche al tema dell’”etichetta del business”, cioè a come relazionarsi dal punto di vista “formale” con i diversi interlocutori asiatici. Dall’importanza del biglietto da visita, addirittura da come lo si consegna (in Giappone a due mani con l’inchino), ma anche alla corretta postura.
In estrema sintesi l’Australia sta cercando di codificare un modello di relazione con i mercati asiatici, a partire dalla Cina, capace di generare una importante empatia tra i due Paesi. L’approccio chiave è dimostrare con i fatti la “disponibilità” di capire questo grande mercato, di adeguarsi alle sue regole e non cercare invece di imporre le proprie.
Se il buongiorno si vede dal mattino si tratta della politica corretta, speriamo di non aspettare tanti anni ancora per realizzarne una anche noi come sistema Italia.