Lo dichiaro gi� nel titolo: queste sono riflessioni contaminate dalla mia formazione filosofica e da un approccio non solo legato alla sostanza ma anche alla forma.
E con questo pezzo inauguriamo una nuova rubrica di Wine Counseling, una rubrica che avr� l�obiettivo di orientare, sostenere e sviluppare le potenzialit� di tutte le persone che operano nei vari ambiti della filiera del vino, che siano essi produttori o export manager, segretarie o responsabili della comunicazione, promuovendone atteggiamenti attivi, propositivi e stimolando le capacit� di crescita, che spesso, diciamocelo da subito, parte dal buon senso.
Da molti anni noi di Wine Meridian parliamo di identit�, intendendola come uno strumento importante per rendersi riconoscibili nei mercati.
E allora non posso non raccontare che ho iniziato la fiera con la testimonianza di un produttore che ha deciso di investire nella formazione delle risorse umane interne all�azienda, coinvolgendo tutto l�organico anche chi si occupa della pulizia della cantina, perch� secondo lui se tutte le figure che lavorano hanno chiari il percorso identitario e la mission aziendale, � pi� facile trasmettere una immagine dell�azienda coesa, passaggio fondamentale per poter parlare di business. Quale miglior inizio di fiera? Per noi il tema della valorizzazione delle risorse umane � uno dei temi pi� attuali, dopo la vigna e la cantina � il momento di concentrarsi sulle persone.
Venendo al tema dell�identit� mi sono chiesta cosa poteva emergere agli occhi di un visitatore in relazione all�immagine delle nostre imprese e denominazioni vitivinicole. E� emersa una identit� dei due padiglioni italiani talvolta confusa e poco contagiosa. Se da una parte mi verrebbe da pensare che i due padiglioni, essendo tra i pi� gremiti di espositori, avrebbero dovuto pullulare di vita e di energia, dall�altra invece i commenti non hanno dato la sensazione di confermarlo.
Gli stessi produttori che ho incontrato hanno osservato che in altri padiglioni c�era un clima pi� ordinato e allo stesso tempo pi� vitale. Dal Portogallo alla Francia, dal Canada all�Australia in molti hanno notato qualcosa, di difficilmente trasportabile a parole, ma che ha facilmente creato un confronto con i nostri stand. E non si tratta solo di aspetti logistici e di allestimento, anche se su questi aspetti ci sarebbe da fare una lunga riflessione.
Una cosa va detta: uno stand � fatto di bottiglie, di brochure, di bicchieri ma � soprattutto fatto di persone.
Vedere una persona dentro ad uno stand con lo sguardo nel vuoto, o intenta a scrivere al cellulare, a prescindere che sia il titolare o un assistente, d� una immagine non sempre coerente con la mission di una fiera.
Sentire gli eccessivi giudizi critici degli addetti ai lavori, come se fosse pi� identitario criticare piuttosto che analizzare con oggettivit� ogni situazione, mi fa ipotizzare che ci sia una sorta di gusto della lamentela fine a se stessa.
Aspettarsi visite inaspettate da importatori mi fa pensare che non ci sia stata una adeguata preparazione prima della fiera: ma � proprio colpa di Prowein o di come ti sei organizzato?
E, per concludere, che immagine possono dare due padiglioni che gi� a partire dalle 13 della terza e conclusiva giornata di fiera, iniziano a smobilitare? L�identit� � fatta anche di rispetto di un ruolo e della responsabilit� di rappresentare fino all�ultimo minuto l�offerta enologia del nostro paese. Per la cronaca, uscendo alle 18.45, ho incontrato 4 importatori tedeschi conosciuti la sera prima che mi hanno detto .” Erano le ultime nostre due ore libere che ci eravamo tenuti per trovare qualche novit� nel padiglione Italia, ma qui non c�� pi� nessuno” . C�� poco altro da aggiungere, la forma � anche sostanza.
Come sempre per� la capacit� italiana di creare, di innovare e di valorizzare � emersa anche in questo Prowein.
E mi ha rincuorato, a dieci metri prima dell�uscita in chiusura di giornata, una produttrice che ha raccontato: “E pensare che non volevo venire nemmeno quest�anno. Mi sono dovuta ricredere, � stata una fiera in cui ho creato nuove collaborazioni, ho avuto contatti strategici, ho chiuso alcuni ordini”. Dietro la stanchezza di tre giorni di fiera, aveva ancora uno sguardo vivo, un sorriso soddisfatto, ed una mente lucida e progettuale.
Ecco, questi siamo noi italiani ed � cosi che dobbiamo farci percepire!