Stiamo convivendo con due tipi di emergenze, una sanitaria e una psicologica. Sul primo fronte, grazie anche alle indicazioni oggi più precise (quasi) delle nostre istituzioni, stiamo comprendendo quali possono essere le precauzioni per evitare un contagio insostenibile per il nostro sistema sanitario.
Sul secondo fronte, invece, non abbiamo nessuna indicazione “istituzionale” ma solo la nostra capacità, come singoli individui, di reggere una pressione psicologica decisamente rilevante.
In quest’ultima direzione, è chiaro, anche i recenti sempre più duri appelli delle istituzioni, i media, le notizie che fuoriescono dagli ospedali in prima linea (in Lombardia in particolare), vanno a colpire fortemente la nostra psiche, il nostro stato d’animo.
Poco interessa e serve, arrivati a questo punto, capire se l’allarmismo è completamente giustificato o meno, se viene esagerato per convincere anche i più riottosi a cambiare stile di vita, di fatto dobbiamo imparare a conviverci.
Cercare oggi di capire le ragioni di questa situazione, di questa tipologia di comunicazione, delle scelte governative, sanitarie a noi appare una perdita di energie mentali che non possiamo permetterci.
Senza voler apparire “psicologi da bancarella”, ma solo usando il buonsenso, allo stato attuale dal nostro punto di vista il fattore più importante che ci può aiutare tutti in una situazione di questo genere è la calma, riuscire a fare silenzio dentro di noi e cercare in tutti i modi di stare lontani dagli stati d’ansia.
Facile a dirsi molto più difficile da realizzarsi. Lo sappiamo bene e anche chi scrive non è certo immune da una continua altalena di umori, sensazioni, stati d’animo.
Filosoficamente si dice che non è tanto importante capire i “perché” quanto invece concentrarsi sui “come”.
In questo caso il “come” è relativo al “come riuscire a stare meglio, a convivere con il giusto approccio mentale ad una condizione di così forte pressione”.
Non abbiamo tante risposte in tal senso, e siamo convinti che ognuno di noi sta cercando la soluzione a lui più utile. Da chi preferisce rifugiarsi in se stesso, leggendo libri, guardando film e quindi cercando una costante evasione, a chi, invece, preferisce continuare (auspicabilmente) da casa la sua routine lavorativa, chi magari sente la necessità di essere costantemente informato su quanto sta avvenendo, tenendo così una continua connessione con i media.
Nessuno può dirci cosa è meglio.
C’è, però, dal nostro punto di vista, un denominatore comune che potrebbe aiutarci molto in una fase così delicata e nuova per tutti noi: il sentirsi uniti.
Può apparire un’affermazione retorica, magari anche banale, eppure mai come oggi il sentirsi parte di una comunità grande può veramente rappresentare la “medicina” migliore per superare al meglio un momento così difficile.
Non è sicuramente facile e penso sia sufficiente dare uno sguardo ai numerosi messaggi su WhatsApp che stiamo ricevendo in questi giorni per capire come la “comunità” si sia invece fortemente divisa anche in questi giorni.
Chi ancora è alla ricerca di responsabili, chi considera inadeguate le scelte governative, chi invece fa un plauso a chi sta gestendo l’emergenza, chi condanna i media che fanno allarmismo chi, invece, li benedice.
Spesso affermiamo che l’uomo dà il meglio di sé nelle condizioni di emergenza. Sicuramente questo in parte è vero ma adesso è uno di quei momenti in cui dobbiamo riuscire a dimostrarlo.
E non significa, secondo noi, essere d’accordo su tutto, sicuramente vi sono e vi saranno altri errori sulla gestione di una vicenda così nuova per le istituzioni di tutto il mondo, ma dobbiamo trovare la forza che questi punti di vista diversi non inaspriscano ancora di più le relazioni all’interno della nostra comunità.
Anche per questa ragione abbiamo deciso di mantenere un filo diretto costante con le aziende. Riteniamo molto importante far parlare tutti, evitare che gli imprenditori ed i manager del vino si sentano isolati.
Ed è bello constatare che a fronte di qualcuno, una netta minoranza, che legittimamente si è chiuso nelle sue paure, altri stanno cercando di reagire nei modi più disparati e creativi.
Non significa condannare i primi ed esaltare i secondi.
Siamo in quelle situazioni che non può vincere solo qualcuno, dobbiamo provare a tutti i costi a vincere insieme, come squadra, come si usa dire in gergo calcistico.
Gli esempi virtuosi che stiamo raccontando in questi giorni nel nostro magazine non vogliono pertanto essere un modo per occultare le tante preoccupazioni, che peraltro raccontiamo con altrettanta trasparenza.
Vogliamo però dare un nostro piccolo contributo alla crescita del senso di appartenenza, nel nostro caso come uomini ma anche come Wine People, donne e uomini del vino.
Insieme, uniti ce la faremo prima e meglio.

Limportanza di stare uniti
Questa grave emergenza non deve inasprire ulteriormente le nostre relazioni ma essere un’opportunità straordinaria per capire quanto è importante essere uniti, giocare di squadra, non far prevalere le diversità sulle cose che ci uniscono.