Non c’è mese che passi che dagli Usa non ci arrivino notizie positive sulla crescita delle vendite di vino in lattina. All’inizio sembrava una sorta di “fuoco di paglia”, una tendenza modaiola destinata, come avvenuto anche nel passato, a spegnersi presto.
Ma così non è e gli stessi dati Nielsen riferiti alle vendite off-premise delle ultime 52 settimane (fino a giugno di quest’anno), parlano di una crescita del 125,2% in valore, con vendite salite a 14,5 milioni di dollari (6,4 milioni di dollari in più rispetto all’anno precedente).
Non meraviglia quindi leggere sul numero di novembre di Wine Spectator un titolo molto significativo “Cans crack wine’s glass ceiling” che potremmo tradurre in “le lattine superano la barriera del vino in vetro”. In questo caso, ovviamente, si tratta di una “barriera” di tipo culturale che per molti anni sembrava avesse posto una sorta di veto invalicabile all’ingresso sul mercato di un packaging così “estremo” per il vino.
Parlare di consumatori americani che accettano completamente questa tipologia di confezione potrebbe tuttoggi apparire azzardato ma sicuramente molte resistenze sono state abbattute.
Lo pensa anche Ben Parsons, titolare di The Infinite Monkey Theorem, un’azienda vitivinicola di Denver, tra i primi a immettere nel mercato Usa vini in lattina: “Quando abbiamo lanciato vini in lattina nel nostro mercato nel 2011 vi era ancora una quasi assoluta resistenza dei consumatori a questa tipologia di confezionamento”. “Possiamo affermare” prosegue Parsons “che solo alla fine del 2014 siamo riusciti a partire seriamente e non a caso abbiamo ricevuto la chiamata dei responsabili acquisti di Whole Foods (la catena di supermercati più qualificati negli Usa ndr). In concreto una piccola realtà del Colorado si è trasformata, grazie al vino in lattina, in un’impresa presente in 42 Stati con una vendita di ben 40.000 casse nel 2015.
Dobbiamo andare ancora più indietro del 2011 per trovare altre esperienza di vendita di vino in lattina, a partire dalla famosa Sofia Mini Fizz, la lattina dedicata a Sofia Coppola, figlia, e regista pure lei, di Francis Ford Coppola. Eravamo ad inizio degli anni 2000 forse ancora troppo presto per l’affermarsi di un packaging di questa natura. E non a caso in quegli anni il noto regista dichiarò “nel wine business è molto difficile acquistare un unico prodotto. Puoi acquistare una lattina di Pepsi, una di Budweiser, ma non puoi comprare una lattina di vino”.
Oggi le cose non sembrano più così o comunque appaiono decisamente modificate e se tuttoggi le quote di mercato del vino in lattina sono meno dell’1% si ha la sensazione che non vi siano più pregiudiziali ideologiche che ne possano impedire la crescita.
Ciò non significa che questa crescita coinvolgerà tutti i produttori di vino in lattina.
Interessante, a questo riguardo, il parere di Doug Jeffirs, direttore alle vendite di vino di Binny’s Beverage , la maggiore catena di distribuzione di alcolici di Chicago, che sempre a Wine Spectator ha dichiarato: “Nei nostri negozi abbiamo proposto almeno una dozzina di brands di vini in lattina ma solo alcuni hanno avuto successo”.
Ma forse anche quest’ultimo aspetto testimonia un salto di qualità su questo nuovo fronte dell’offerta enologica, con consumatori che cominciano a cercare differenze anche all’interno di questo packaging fino a poco tempo fa così lontano dal nostro mondo.