Durante il nostro International Wine Tour alla scoperta dell’enoturismo negli Stati Uniti, abbiamo ricevuto una testimonianza che va a confermare le nostre osservazioni: l’Italia ha molto da imparare dall’accoglienza all’estero.

A scriverci è stato Gian Luca Iannone, un concierge esperto che ha lavorato per i più grandi gruppi alberghieri internazionali, parliamo di realtà del calibro del gruppo Cipriani, Intercontinental Hotels Group, CIGA, Trousthouse Forte, Starwood e Marriott. Sommelier AIS e viaggiatore, ha condiviso con noi un punto di vista differente e delle idee che abbiamo deciso di condividere con i nostri lettori.

“Conosco, come voi, tanti produttori e ho visitato tantissime cantine e devo dire che dal mio punto di vista in Italia siamo molto lontani dal fare hospitality con l’H maiuscola. Certo, ci sono realtà straordinarie anche qui, ma con il nostro calore, i nostri prodotti e i nostri luoghi si potrebbe fare molto meglio.

Quando parlo alla gente di wine club, di merchandising, di wine shop sempre aperti, di visite in cantina open, anche last minute, mi guardano come se venissi da Marte. Accade addirittura che brand importanti mi confidino di vendere tutto all’Ho.Re.Ca.. Com’è possibile? Nel caso in cui poi si decidesse di andare nelle loro cantine, si ha quasi l’impressione di disturbarli! Ti vendono due sole bottiglie e devi pure ringraziarle, oltretutto spesso dopo esserti sentito dire di andare in enoteca. Assurdo.

Mancano gli investimenti sull’hospitality: ci si limita a prendere un paio di ragazzini, non importa chi, basta che parlino tedesco. Oppure si fa tutto in famiglia. Due cose in croce, le solite, imparate a memoria. Stop. Calore, amore… Quasi mai.

Mi ha sempre fatto piacere vedere come invece gli americani riuscissero a vendere, pubblicizzare, trarre profitto anche dalle cose più banali. Sono assoluti maestri in questo.

Chi va nella Napa Valley, trova ad accoglierlo un’insegna degna del suo nome. Noi no! Un “benvenuti” in Valtellina, Franciacorta, Chianti, Valpolicella… Ma quando mai? Se lo trovi è 70 cm per 20 cm… E neppure bandiere si trovano, sembra che ci si vergogni a mettere una bandiera italiana.

Come da loro, andrebbero creati anche qui negozi strutturati solo per il merchandising, di qualità però! Quando voi di Wine Meridian durante i vostri viaggi nelle cantine di tutto il mondo mostrate le mappe, i menù con prezzi riservati ai soci wine club, i grembiuli, le magliette, i capellini, i set da picnic, i libri… Mi commuovo. Cose che vedevo già oltre vent’anni fa in Canada, nelle aziende che visitavo per puro piacere.

Noi non ci arriviamo. Nemmeno il cavatappi. Qui solo stopper, glacette porta bottiglie e bicchieri. Pensa a quanto merchandising si potrebbe vendere in posti, solo per citarne qualcuno, come la Toscana, il Veneto, la Lombardia… Dovrebbe essere obbligatorio comprare il magnete di ogni zona vinicola d’Italia! Io regalerei addirittura cartoline da portar via, e per chi lo volesse anche il francobollo per spedirle.

Sono felice di leggere i vostri editoriali e tutte le informazioni che state trasmettendo da questo meraviglioso viaggio che state facendo ora negli States. Aiuterà moltissimo tanta gente. Mi aspetto, prossimamente, dei viaggi in località meno note. Dal Mediterraneo, all’est Europa, con uno sguardo in UK e poi lungo la via della seta. Dobbiamo essere curiosi e meno arroganti.

Se solo sapessero, i produttori che tanto guardano agli amici francesi, che proprio loro, i francesi, non temono gli italiani come concorrenti, ma USA, Argentina, Cile, Sud Africa, Australia, Nuova Zelanda e udite udite, la Cina. Ecco con chi ci confronteremo.

Negli Stati Uniti hanno il vino e la natura, eppure sfruttano tutto al massimo. Noi potremmo fare sinergia con la storia e i monumenti… Potremmo, ma anche per oggi sarà per domani. Vabbè, abbiamo i picnic in vigna…

Grazie ragazzi, buon viaggio. Un abbraccio forte in attesa di vostre nuove news.

Gian Luca Iannone