Veniamo costantemente subissati di richieste da parte di aziende alla ricerca di export manager che abbiano maturato lunghe esperienze sui mercati del vino.
Richieste legittime per tanti aspetti ma che al tempo stesso racchiudono pericolose illusioni e rischi di gravi errori.
Cerchiamo di spiegare il nostro pensiero, frutto di un doppio osservatorio, quello all’interno dei mercati del vino internazionali e quello legato nell’ambito della selezione di risorse umane per le imprese vitivinicole, in particolare sul fronte dell’export.
Ebbene, alla luce di questi due punti di vista, fortemente legati tra loro, ci sentiamo di fare alcune osservazioni.
Innanzitutto, sembra ovvio ma purtroppo continua ad essere dimenticato, o nella migliore delle ipotesi sottovalutato, il mercato del vino è profondamente mutato in quest’ultimo decennio. Fare finta che dal 2008 in poi non sia successo nulla e che il nostro comparto vitivinicolo sia stato l’unico a rimanere immune da quella che è stata definita la più grande rivoluzione socio-economica dell’era moderna, sembra quanto meno ingenuo.
Sono cambiati i mercati in tutti i loro aspetti, dai modelli di importazione e distribuzione, il mondo della ristorazione si modifica ormai a ritmi impressionanti (basta andare in qualsiasi metropoli anche ogni tre mesi per rendersene conto), ma soprattutto sono mutati gli approcci dei consumatori che hanno subito una segmentazione probabilmente mai così forte nel passato.
Tutto è cambiato e soprattutto si sta evolvendo ad una velocità che era imprevedibile fino a pochi anni fa.
Già questa prima constatazione ci fa capire che di sé per sé l’esperienza professionale, pur rimanendo un gran valore che nessuno vuole negare, non ha più la medesima “potenza” rispetto al passato.
Non a caso i migliori manager nell’ambito dell’export del vino di oggi, tra quelli che hanno sulle spalle almeno un ventennio di esperienza, sono quelli che sono riusciti a mettersi sempre in gioco, a non dare mai nulla per scontato e, come si dice in gergo, a studiare costantemente nuovi modelli di approccio ai mercati.
Studiamo quotidianamente le performance di molte aziende nell’ambito dell’export e dietro i successi o, talvolta, gli insuccessi, vi è sempre una figura professionale, ci piaccia o meno.
E quasi sempre ad un export manager, pur con esperienza, che è rimasto “fermo” nel tempo, corrispondono risultati poco soddisfacenti o comunque ben al di sotto delle potenzialità.
Significa allora che si debba ricorrere sempre a giovani senza esperienza ma con tanta voglia di fare e disponibili ad imparare in fretta?
Come sempre le risposte non sono mai semplici e certo non possono essere banali o scontate. Le ricette come ben sappiamo non esistono ma quello che è certo è che non si può adottare metodi di selezione di manager come nel passato: della serie, a quale azienda posso “rubare” un bravo export manager con esperienza?
Ma lo stesso concetto di esperienza va ben analizzato, soprattutto quando parliamo di mercato del vino. Siamo così certi che un export manager che ha maturato una certa esperienza con una o più aziende sia adeguato alla nostra?
A Prowein abbiamo incontrato parecchi export manager “migrati” da grandi aziende (industriali o cooperative) in piccole realtà o viceversa. I loro racconti parlano con onestà quasi sempre di difficoltà ad integrarsi in realtà molto diverse tra loro.
Diversità sia sugli approcci imprenditoriali ma anche sugli strumenti messi a disposizione e soprattutto sulle tipologie di mercato da affrontare.
Provate semplicemente ad immaginare un export manager che è stato abituato per anni a lavorare in una grande azienda che doveva gestire relazioni con pochi grandi importatori e con un back office a sua disposizione (dai listini alle schede tecniche dei vini, dalla contrattualistica alle spedizioni) che deve adattarsi ad una piccola realtà dove ci si deve occupare di tutto.
Esempi banali ma ve ne sarebbero tantissimi altri. Senza dimenticare che oggi, come continuiamo a raccontare su Wine Meridian, sarà necessario sviluppare sempre di più una figura di export manager plurimandatario ma con un approccio molto diverso rispetto al passato.
Un “plurimandatario” che però seleziona con criterio le aziende da rappresentare, capace di coordinare non solo l’attività export ma anche l’immagine complessiva delle imprese che dovrà gestire.
Dovrà diventare una sorta “imprenditore” di reti di impresa, non semplicemente una figura commerciale capace di vendere qualche “paletta” di vino qua e là in giro per il mondo.
Ebbene, a nostro parere, questa figura così necessaria e strategica oggi per il nostro settore vitienologico difficilmente si può trovare sul mercato tra i cosiddetti senior.
Non è una questione di età, ovviamente, ma di disponibilità a costruirsi un nuovo modello professionale che potrà rappresentare una straordinaria opportunità sia per i manager coraggiosi e capaci che intraprenderanno questa strada ma anche per le aziende che intelligentemente investiranno su di essi.