A sostegno della filiera agroalimentare e dell’export, che fissa come obiettivo entro il 2024 i 50 miliardi di euro, è stata presentata la scorsa settimana la piattaforma informativa Agrifood Monitor (www.agrifoodmonitor.com).
La piattaforma, lanciata da Nomisma e CRIF, condensa in un unico strumento dinamico dati di fonti diverse per delineare un quadro di analisi completo. Vuole essere una bussola completa e aggiornata oltre ad offrire benchmark di immediata comprensione a supporto dello sviluppo di efficaci strategie di internazionalizzazione e di marketing.
I numeri dell’agroalimentare, settore chiave per l’economia nazionale, con potenzialità competitive ancora inespresse, sono molto incoraggianti: 2 milioni di imprese, 3,8 milioni di addetti, 130 miliardi di euro di valore aggiunto e 47 miliardi di export. La concorrenza estera sempre più agguerrita e organizzata sta però erodendo quote sui mercati globali alle nostre imprese, che scontano la microdimensione e strategie di internazionalizzazione spesso frammentate. L’appeal del Made in Italy agroalimentare sulle tavole straniere è ancora intatto ma la crescita dell’export sta rallentando (+1,7% nel primo trimestre 2016) e questo sposta al 2024 il traguardo dei 50 miliardi di euro di vendite oltreconfine.

Dai dati forniti da Agrifood Monitor a turbare il sonno dell’export agroalimentare ci si mettono limiti di tipo politico, come i negoziati per gli accordi di libero scambio (Ceta, TTIP) fermi al palo, il rallentamento del commercio internazionale e l’aumento della pressione concorrenziale da parte di competitor globali, nonché il radicale cambiamento delle abitudini e degli stili di consumo.
Dopo il piccolo recupero dei consumi alimentari sul mercato interno (+1,1%) avvenuto nel 2015, i primi 5 mesi del 2016 evidenziano ” secondo dati Nielsen – un nuovo stallo (-0,2%). Ed anche sul mercato internazionale il primo trimestre mostra una crescita del nostro export agroalimentare di appena l’1,7%, troppo poco se si vuole arrivare al fatidico traguardo dei 50 miliardi di euro entro il 2020. “Se vogliamo arrivare al traguardo dei 50 miliardi di export agroalimentare entro il 2020 dobbiamo affrettare il passo, investendo maggiormente su mercati a più alto tasso di crescita economica come quelli asiatici: le nostre stime ci dicono infatti che, con lo scenario economico attuale, rischiamo di raggiungere l’obiettivo solo nel 2024” afferma Andrea Goldstein, managing director di Nomina.

“Dobbiamo aumentare la nostra presenza nei mercati extra-europei, dove oggi il nostro export alimentare pesa per meno della metà di quello francese o addirittura di un ottavo di quello statunitense. Possiamo farcela se riusciamo a combinare la buona reputazione che i nostri prodotti vantano in giro per il mondo con strutture aziendali che promuovano la crescita accelerata” ribadisce Goldstein.
L’elevata qualità derivante da unicità di gusti e tradizione produttiva riconosciuta nel mondo hai nostri prodotti agroalimentari pare però non bastare in mancanza di accordi commerciali e finanziati sicuri.
“La qualità dei nostri prodotti non basta per affrontare mercati lontani come quelli asiatici, se non si costruiscono rapporti commerciali e finanziari sicuri e in questa direzione strumenti di informazione e analisi diventano un asset strategico” – spiega Marco Preti, CEO di CRIBIS D&B, la società del Gruppo CRIF specializzata nella business information.
Buone notizie sul fronte del credito all’export: l’andamento è positivo e da un 16% di imprese che utilizzavano finanziamenti all’export nel 2013, si è arrivati oggi al 41%.