In previsione del prossimo ProWein che si terrà dal 15 al 17 maggio 2022 a Düsseldorf abbiamo voluto raccogliere le testimonianze di alcune figure di spicco del panorama vinicolo italiano riguardo alcune tematiche chiave legate all’attualità. 

Partendo da questi presupposti abbiamo voluto intervistare Riccardo Ricci Curbastro, CEO Azienda Agricola G. Ricci Curbastro e Figli S.s. e Presidente di Federdoc ed Equalitas.

Le denominazioni continuano a rappresentare uno strumento fondamentale per valorizzare il made in Italy vitienologico nel mondo. Ma quale può essere la ricetta per aumentare la notorietà e il posizionamento di quelle nostre tante denominazioni che oggi continuano ad avere una scarsa visibilità soprattutto a livello internazionale?

Quello delle D.O. del vino italiano è uno straordinario patrimonio, sono 526 al momento, frutto di una ricchezza culturale del nostro Paese e di una orografia che rendeva difficili gli scambi che non ha pari al mondo.  Tuttavia sappiamo da tempo che questa ricchezza non è sempre adeguatamente valorizzata e circa 120 D.O. rappresentano il 90% del mercato dei vini a Denominazione italiani.  Federdoc ritiene che le 400 Denominazioni poco presenti sul mercato siano comunque un patrimonio di biodiversità – contrapposto alla globalizzazione in atto anche nel mangiare e nel bere – da preservare. Questo però sarà possibile farlo solo avendo a mente che quelle 120 Denominazioni hanno un Consorzio ove, talvolta con discussioni e difficoltà, si riescono a realizzare progetti ed indirizzi comuni circa la qualità del vino e la sua promozione. Nella maggior parte di queste 400 Denominazioni poco presenti sul mercato, spesso manca il Consorzio ed il lavoro comune di valorizzazione della Denominazione.
I Consorzi sono e devono restare volontari ma abbiamo il dovere di immaginare realtà Consortili che rappresentino più Denominazioni laddove la produzione è troppo limitata e che possano essere di aiuto al lavoro comune di valorizzazione. 
Un’altra possibilità che spesso ricordiamo è quella di unire tra loro Denominazioni limitrofe salvaguardando le specificità di quelle più piccole con, ad esempio, le sottozone.  In etichetta sarebbe salva la diversità, ma la massa critica esibita sul mercato sarebbe maggiore garantendo gli investimenti necessari per conquistare nuovi mercati.

Lei è fortemente impegnato sul fronte della sostenibilità. Non ritiene che si sia fatta troppo confusione, anche a livello normativo, su un tema così strategico anche per il futuro della reputazione delle nostre produzioni vitivinicole?

Si dice che il tempo sia galantuomo e così è anche per il mercato ove noi consumatori con le nostre scelte siamo in grado di dare indirizzi precisi e premiare comportamenti chiari e virtuosi.  Sostenibilità è una parola di moda a cui vorremmo affidare la cura di questa Terra già troppo malata a causa di nostri comportamenti non sempre lungimiranti.  
Sostenibilità però è soprattutto garantire i livelli di vita odierni senza compromettere la possibilità ed il diritto dei nostri figli e nipoti di godere dello straordinario livello di vita di cui godiamo. Questo significa che sostenibilità non è una parola magica ma può essere solo un insieme di comportamenti, progetti, parametri misurabili e certificazioni per ottenere che un insieme di comportamenti virtuosi inverta la spirale negativa. Per questo motivo Federdoc si occupa di sostenibilità, di cantine, vini e territori, già dal 2015 e con un gruppo di partners ha dato vita allo standard di sostenibilità Equalitas.
Uno standard ambizioso per il livello “agonistico” a cui è stata posta l’asticella, che ha ottenuto molti lusinghieri riconoscimenti internazionali dai più grandi buyer di monopoli e catene distributive e da altri progetti simili o monotematici nel mondo. Uno standard Equalitas che, già oggi, certifica sostenibili circa 9 milioni di Hl cioè il 20% della media di produzione italiana. 
Il nostro Ministero ha fatto una scelta che consideriamo lungimirante di creare anche uno standard nazionale, il primo in Europa, che servirà a molte aziende ad approcciare il concetto multidisciplinare della sostenibilità (ambientale, sociale ed economica); è un approccio più elementare, da neofiti, possiamo solo sperare che non vi siano poi troppi abbandoni della “carriera scolastica” ma che sempre più aziende affrontino con serietà e dedizione il tema.  Ancora una volta sarà il mercato a giudicare e credo di poter dire che noi come consumatori forse non siamo più disponibili a fare sconti su temi che riguardano la vita delle prossime generazioni.