Se c’è un concetto estremamente complesso ma altrettanto affascinante da continuare a sviluppare è proprio quello di sostenibilità, un termine utilizzato per la prima volta nel 1992 durante la prima Conferenza ONU sull’ambiente, in cui ne fu data anche una precisa definizione: la condizione di un modello di sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presenti senza compromettere la possibilità di quelle future di realizzare i propri. Una considerazione incentrata soprattutto sui temi dell’impatto ambientale, in relazione alla crescente sensibilizzazione dell’uomo riguardo all’inquinamento e alla gestione e salvaguardia delle risorse naturali, evitando lo sfruttamento intensivo di queste ultime. Il concetto di sostenibilità non riguarda in fondo solo il sistema agricolo ma diventa lo specchio che riflette tutte le scelte attuali sul nostro domani. La “Writing Competition”, promossa dalla nota master of wine Jancis Robinson, intesa più che altro come un contributo di idee sul tema, ha approfondito questi concetti chiamando in causa figure professionali estremamente autorevoli come la dott.ssa Irina Santiago-Brown. 

La prima evidenza raccontata dai tanti protagonisti, “eroi” della sostenibilità, è di come la comunità del vino stia “adottando” e si stia “adattando” al mondo che cambia, scegliendo innanzitutto con molta attenzione i sistemi di coltivazione, selezionando nel modo ottimale gli input delle aziende agricole, gestendo per esempio l’uso di sostanze chimiche di sintesi a favore di un accrescimento della biodiversità, inducendo una riduzione delle carbon footprint grazie all’utilizzo di fonti di energia alternative. Ma la gestione responsabile delle risorse non è l’unico aspetto della sostenibilità. Un altro elemento fondamentale su cui si è correttamente iniziato a ragionare è la “sostenibilità economica”, la capacità di generare reddito e lavoro. L’essere inventivi e creativi per aumentare le vendite, ad esempio, con l’introduzione magari anche della raccolta differenziata o ipotizzando l’utilizzo di imballaggi più intelligenti. Un aspetto che si sposa peraltro con la sostenibilità sociale. Gli “eroi” che hanno scelto questo percorso nel tentativo di cambiare lo status quo del mondo del vino, non tralasciano elementi come la sicurezza, la giustizia e la diversità sociale intesa come ricchezza e povertà. È fondamentale promuovere i cambiamenti e affrontare anche i problemi connessi con l’immigrazione proprio in ragione del benessere della comunità, valutazioni importanti che prese singolarmente fuori dal contesto in oggetto, non sono certamente valide per considerazioni etiche che concernono la sostenibilità. 

Parlando di viticoltura e di sistemi, i percorsi per diventare sostenibili sono molteplici. All’interno del processo esiste per esempio la dicotomia tra regioni vinicole calde e secche, e regioni fredde e piovose. Nel primo caso gli interventi in vigna saranno ridotti: sarà necessario trattare meno volte, ma probabilmente visto il clima secco si dovrà forse irrigare di più. Al contrario nelle regioni vinicole più fredde e più piovose, si pensi ad esempio alla Champagne, la necessità di trattare i vigneti per proteggerli da malattie fungine sarà maggiore. Si può quindi pensare di essere sostenibili se si tratta meno ma s’irriga di più? Non vi sono soluzioni uniche e universali, ma sistemi e scelte agricole. In viticoltura potranno essere le più varie: convenzionale, biologico, biodinamico e rigenerativo sono solo una piccola parte per un contesto sostenibile. Il contesto, appunto, i fattori esterni sui quali non si ha alcun controllo come il clima, la disponibilità d’acqua, le leggi, i regolamenti, la comunità o l’accesso ai fornitori che interagiscono con i processi decisionali. Scelte che includono inoltre valori fondamentali come, il tempo, le risorse disponibili, le preferenze paesaggistiche, il denaro o semplicemente il trasportato del carico, fattore estremamente impattante sulla sostenibilità essendo uno dei maggiori contributi in termini di carbon foodprint nell’industria vinicola (l’impatto ambientale misurato in “unità” di anidride carbonica emessa in atmosfera per un certo prodotto). Si è funzionali, quindi, introducendo imballaggi più leggeri e bottiglie più leggere che incidano meno sul trasporto. Come ha fatto Salcheto, l’azienda agricola toscana, che utilizza le bottiglie di vino più leggere al mondo, la prima azienda ad avere certificato l’impronta di carbonio di una bottiglia: la Toscanella Bordolese. Per Spottwoode Winery – USA -, ad esempio, la scelta dell’agricoltura biologica è da considerarsi solo il punto di partenza all’interno di un quadro più ampio: la natura sistemica della sostenibilità.

Ma quando allora si può affermare di essere con certezza sostenibili? Paradossalmente uno dei fattori meno considerati è la componente temporale. È possibile considerare un vigneto sostenibile in un preciso momento, oppure si può pensare alla sostenibilità, il prendersi cura della propria terra in modo che possa sostenere le prossime generazioni, quando vengono adottate pratiche nuove e chiare? Franz Weherheim, dell’omonima azienda biodinamica situata in Palatino – Germania – aggiunge che sebbene spesso si parli di aziende molto piccole, le stesse hanno sviluppato una modalità di collaborazione e di sinergie per rendersi più forti e qualitativamente migliori. L’uso condiviso di attrezzature agricole, di imbottigliamento, di macchine moderne e di nuove tecnologie gioca un ruolo importante per la “sostenibilità di produzione”. Come afferma Franz Weninger non è la tecnologia che preserva il nostro ambiente ma la sua ponderata applicazione. In fondo essere sostenibili non significa smettere di migliorarsi o non sostenere il cambiamento, anzi, ognuno degli attori in gioco può e deve fare sempre di più verso la comunità del vino, in relazione alle proprie dimensioni. La grande fortuna è che la viticoltura è unica rispetto ad altre produzioni alimentari. Ad essa non è solo connessa la coltivazione e la realizzazione di un prodotto agricolo che diventa vino, ma soprattutto la creazione di valori e indotti legati al paesaggio e all’enoturismo che incontrano l’unicità di progetti molto più ampi e soprattutto sostenibili. 

Se dovessimo tirare delle conclusioni potremmo dire che tutto cambia costantemente. Gli aspetti e gli ambiti economici, sociali e ambientali si modificano costantemente. Molte cose considerate oggi sostenibili, tra pochi anni non lo saranno più. La scienza, il comportamento individuale si modificano continuamente. Da ciò si può dedurre che la sostenibilità è un obiettivo in costante movimento; richiede a tutti di imparare dal passato guardando al futuro, adottando nuovi modelli e adattando quelli attuali. Domenico Tappero Merlo, produttore piemontese, sta sperimentando robot per misurare su ogni pianta le carenze nutrizionali e il potenziale rischio di malattie. Dom del la Colombette sta allevando viti ibride per accrescere la resistenza alle malattie. 

Il punto per Irina Santiago-Brown è chiaro: la sostenibilità nel contesto specifico dei viticoltori può essere intesa come la ricerca dell’equilibrio tra le variabili economiche, sociali e ambientali. Un vigneto sostenibile è quello in grado di provvedere economicamente alla sussistenza del produttore mantenendo costante la capacità produttiva, accrescendo nel tempo la qualità.