Il volume “I terroirs del Conegliano Valdobbiadene Prosecco. Studio sull’origine della qualità nelle colline Patrimonio UNESCO”, presenta uno studio realizzato dal CREA-VE, in collaborazione con il Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco DOCG.
Abbiamo voluto approfondire gli argomenti ed i risultati della ricerca, seguendo il webinar di presentazione che ha visto gli interventi di Diego Tomasi (Direttore CREA-VE Conegliano), Federica Gaiotti (ricercatrice del CREA) e Innocente Nardi (Presidente del Consorzio di Tutela Conegliano Valdobbiadene Prosecco). La pubblicazione del volume cade nel primo anniversario dal riconoscimento Unesco.
“Il libro cosa ci rivela?” si domanda Innocente Nardi in apertura: “ci rivela che è il territorio a rendere superiore questo vino, sono le sue caratteristiche geomorfologiche e pedoclimatiche”.
Rispettare il territorio che racchiude la storia geologica, umana e lavorativa di questo piccolo lembo di terra composto da 15 Comuni è il punto di partenza per poter continuare a valorizzare non solo il Prosecco Superiore DOCG, ma anche lo straordinario contesto che ne ha garantito il successo a livello internazionale.
Raccontare in maniera scientifica il lavoro di 3400 viticoltori e valorizzare la biodiversità da cui derivano i 19 terroirs identificati sono elementi identitari che devono essere divulgati e conosciuti da un pubblico sempre più ampio e diversificato.
“Io credo che il Conegliano Valdobbiadene sia una realtà ancora da scoprire” afferma Nardi “perché molti operatori e consumatori continuano ad avere un approccio superficiale. A livello internazionale il Prosecco ha cambiato il modo di consumare le bollicine e questo lavoro credo possa essere un contributo importante alla conoscenza del Prosecco Superiore DOCG. Noi dobbiamo vedere questo territorio in una logica di comunità, abbiamo un patrimonio di umanità che deve emergere, una storia centenaria”.
“Il libro è sostanzialmente suddiviso in 2 parti” afferma Federica Gaiotti, ricercatrice del CREA-VE Conegliano, “la prima parte descrive gli elementi del terroir analizzandone gli aspetti storico-culturali, fisico-ambientali e le interazioni tra questi elementi. La seconda è dedicata alle 19 sottozone che rappresentano i terroirs del Conegliano Valdobbiadene”.
L’analisi storica si concentra sui caratteri agronomici della Glera, il suo ingresso nel territorio, la selezione clonale ed il passaggio del nome da Prosecco a Glera. Si procede considerando il clima, l’orografia, i processi pedogenetici che hanno dato origine a questi suoli ed i caratteri organolettici che questi suoli producono. Un capitolo è dedicato ai fabbisogni idrici del Glera ed alll’idrografia del territorio.
È importante focalizzare l’attenzione sull’interazione vitigno-ambiente, una fase fondamentale del processo di zonazione. Le risposte del vitigno Glera all’ambiente in termini di acidità, reazione del terreno, zuccheri.
La forma aromatica ed i caratteri organolettici riconducibili alle diverse sottozone di produzione sono fondamentali per comprendere le peculiarità dei terroirs individuati.
La seconda parte del volume si concentra sui 19 terroirs delineati, analizzati singolarmente con delle schede ad hoc. In ogni scheda è definita la zona attraverso una cartina geografica, i caratteri orografici, paesaggistici ed i sistemi colturali che sussistono. Per ogni scheda si riportano i dati sul clima (sia i dati attuali che quelli storici degli ultimi 25 anni), sulla fenologia (dal germogliamento fino alla maturazione e alla vendemmia), sul suolo (profondità, tessitura, capacità di riserva idrica con caratteristiche pedologiche), sulle disponibilità idriche (caratteristica fondamentale per poter valutare la complessità qualitativa), sulle rese, sulla maturazione (zuccheri, acidità), sui contenuti aromatici delle uve ed infine sui caratteri organolettici dei vini basati su degustazioni fatte da specifici panel.
Qual’è il bene più prezioso che ha un produttore della zona di Conegliano Valdobbiadene?”
Diego Tomasi (Direttore CREA-VE Conegliano) non ha dubbi: “credo che il bene più prezioso sia il suolo, responsabile per oltre il 50% del risultato produttivo. Siamo sicuri di aver sempre compreso questo fattore? Non basta dare azoto o acqua perché questo suolo dia il meglio, abbiamo pensato poco alla sostanza organica, alla cura delle lavorazioni. Dobbiamo imparare a conservarlo e ricucire qualche errore prodotto in passato. La qualità del nostro vino nasce dal suolo e dobbiamo dare il giusto valore a questo elemento”.
Il clima è un ulteriore fattore che ha permesso di ottenere risultati eccellenti, ma le temperature sono aumentate e le precipitazioni si concentrano in maniera differente rispetto a 20 anni fa. I maggiori effetti del global warming si notano sugli aromi, i sentori di frutta sono più decisi, ma attraverso un’accurata gestione della parete vegetativa si possono tamponare alcuni effetti di questo processo.
Sulla sostenibilità e sull’uso spesso retorico di questo termine, Tomasi è lapidario: “sono stufo di sentire questa parola utilizzata in maniera generica, dovremmo invece parlare di zero diserbo, di cura delle Rive, del recupero dei vigneti storici, di viabilità sicura, concentrando l’attenzione su quello che sul territorio sta diventando realtà.
Quando abbiamo fatto questo studio, durato quasi dieci anni, siamo andati oltre i freddi dati tecnico-scientifici. Si parla di attaccamento al territorio e necessità di valorizzarlo e divulgarlo anche al di fuori del nostro contesto. Vogliamo difendere queste unicità e possiamo farlo solo conoscendo i punti di forza ed anche quelli di debolezza.
Non dobbiamo omologarci, l’elemento più importante che dobbiamo approfondire è la conoscenza microbiologica dei suoli”.