Le stime iniziali mostravano che i tre principali paesi produttori del mondo, Italia, Francia e Spagna, erano praticamente testa a testa dal punto di vista dei volumi, ma con il passare del tempo l’Italia sembra avere una marcia in più rispetto ai suoi due concorrenti. 
Come rileva Bulk Wine Club, i dati diffusi all’inizio di settembre dall’Osservatorio del vino italiano hanno mostrato che il paese è pronto a raccogliere circa 47,2 milioni di ettolitri, contro i 45 milioni della Francia e i 42 milioni della Spagna. 
È evidente che sarebbe stato un anno di punta per tutti e tre i Paesi se i volumi non fossero stati ridotti da misure come la vendemmia verde attuata a livello nazionale e la riduzione delle rese favorita da molti consorzi di tutela della denominazione. 
Ci sono state anche notizie positive dalla Spagna questa settimana, dove i dati del Ministero dell’Agricoltura indicano un calo delle scorte del 6,7% alla fine dell’ultima campagna. Nonostante l’enorme impatto interno della chiusura dell’on-trade e il significativo calo delle esportazioni di prodotti sfusi, le scorte di vino spagnolo hanno raggiunto i 34,6 milioni di ettolitri, salendo a 36,6 milioni, mosto compreso (-6,7%). Questo comporterà un gran brutto colpo per i produttori di uva del Paese, che nelle ultime settimane hanno evidenziato i bassi prezzi pagati dalle cantine per l’uva del 2020, lamentando il mancato rispetto delle nuove normative introdotte nel mese di agosto per evitare che i produttori siano pagati sottocosto.

C’è tensione anche in Francia, dove le esportazioni sono crollate quest’anno a causa dell’impatto combinato di Covid-19 e dei dazi USA sui vini sotto il 14% di ABV. In un incontro con il nuovo Ministro del Commercio Estero francese all’inizio di settembre, il presidente della FEVS (Fédération des Exportateurs de Vins & Spiritueux de France), César Giron, ha esortato il governo ad agire immediatamente per compensare alcune delle perdite subite a livello globale dall’industria. 
Nel corso del primo semestre del 2020, le esportazioni francesi di vino e distillati sono diminuite di quasi il 25% in valore e del 13% in volume, il che si traduce in una perdita di 1,6 miliardi di euro. 
Il calo del valore riporta i ricavi ai livelli del 2012, a 5 miliardi di euro. Secondo i dati FEVS, quest’anno quasi tutte le regioni e le categorie di prodotti hanno subito la stessa sorte. 
Gli Stati Uniti hanno rappresentato quasi un terzo del calo di valore, con volumi in calo del 15% a causa dei dazi, a cui si è aggiunta l’emergenza Covid-19 e la chiusura dell’hospitality. Per la FEVS, la priorità sia per la Francia che per l’UE deve essere quella di risolvere rapidamente la controversia Airbus e di normalizzare le relazioni commerciali con gli Stati Uniti. 

Anche il Regno Unito ha registrato un calo dei valori del 24%, anche se solo del 4% in volume, rivelando una tendenza al ribasso degli scambi durante la crisi sanitaria e le misure di lockdown. Mentre si profila il rischio di un “no deal” di Brexit, il presidente della FEVS ha sottolineato la necessità che la Francia trovi una soluzione immediata affinché le relazioni commerciali possano continuare anche l’anno prossimo. La flessione della Cina continua a pesare sulle esportazioni francesi di vini e distillati, con cali del 40% e del 45% rispettivamente in valore e in volume. Anche il Giappone e la Germania hanno registrato risultati negativi.

L’Italia, invece, è riuscita finora a contenere l’impatto della crisi sulle esportazioni, che sono diminuite del 4% nei primi cinque mesi dell’anno. “Il settore vitivinicolo italiano ha dimostrato una straordinaria capacità di ripresa, riuscendo a resistere all’impatto di questa crisi senza precedenti che ha colpito il sistema produttivo globale”, ha dichiarato Raffaele Borriello, amministratore delegato di Ismea. Ha ammesso che l’industria vinicola del Paese ha tirato un enorme sospiro di sollievo nel corso dell’estate per la decisione degli Stati Uniti di non inserire i vini italiani nella “black list” dei prodotti sottoposti ai dazi. 
L’Italia sta indubbiamente beneficiando della situazione, i dazi stanno penalizzato le esportazioni spagnole e francesi. 

Il segretario generale della CEEV (Comité Européen des Entreprises Vins), Ignacio Sanchez Recarte, ha sottolineato la singolarità del mercato del vino di quest’anno: “In un anno normale, saremmo tutti concentrati a cercare di ottenere la stima più accurata della vendemmia per poter fissare meglio i prezzi e pianificare l’anno. Tuttavia, questa non è un’annata normale e la crisi Covid-19 rimane per il momento il fattore più influente e dirompente per tutte le cantine. A livello europeo, grazie agli aumenti produttivi in Spagna e Francia, ci aspettiamo un’annata 2020 leggermente superiore (+5 mhl) rispetto al 2019 per i primi 5 produttori – Italia, Francia, Spagna, Germania e Portogallo – e vicina alla media degli ultimi cinque anni. Con scorte di vino ancora relativamente elevate, l’annata 2020 entrerà in un mercato ancora fortemente caratterizzato dall’incertezza e dalle perturbazioni causate da Covid-19. Sarà ora fondamentale concentrare tutti gli sforzi e le azioni sulla ripresa del mercato a livello europeo e internazionale. Senza questa ripresa, più che mai, la sostenibilità delle cantine europee sarà a rischio”.