Vitigni ibridi, una soluzione al cambiamento climatico

Caldo estremo, siccità, piogge torrenziali e poi umidità. Il clima e con esso anche il suolo, la fauna e la flora, il terroir tutto, mostrano la fragilità della Vitis vinifera spinta sempre di più a una crescita su latitudini estreme e a soluzioni come i vitigni ibridi.
Le temperature in tutto il mondo stanno aumentando. Il 2016 è stato l’anno più caldo, seguito dal 2020. L’ultimo decennio è stato addirittura il più caldo mai registrato. Agricoltori e viticoltori di tutto il mondo si trovano ad affrontare il difficile compito di coltivare e produrre vino di qualità, in condizioni senza precedenti.
Le possibili soluzioni si concentrano sulla ricerca genetica internazionale e sulla creazione di nuove varietà ottenute da incroci tra la vite europea e diverse specie di vite non europee, dotate di resistenza alle malattie fungine.

Gli studi sui vitigni ibridi

I programmi di incrocio con la Vitis vinifera proseguono in numerosi istituti di ricerca francesi, tedeschi e ungheresi, utilizzando nell’ibridazione nuove specie (Vitis rotundifolia e Vitis amurensis), Solo nel 2009 alcuni ibridi interspecifici bianchi e neri di recente costituzione (Bronner B. e Regent N.), prodotti rispettivamente dal Centro di Friburgo e da quello di Geilweilherhof e inclusi nel registro varietale tedesco, sono stati iscritti in quello italiano su richiesta della Provincia autonoma di Bolzano. Ulteriori immissioni nel nostro registro di ibridi prodotti a Friburgo (Cabernet Carbon N., Cabernet Cortis N., Helios B., Johanniter B., Solaris B. e Prior N.), ugualmente omologati in Germania, sono poi avvenute nel 2013 con il sostegno del Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige. Un importante successo anche della ricerca italiana e una crescente diffusione nelle regioni in cui sono ammessi alla coltura (Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige, Veneto e Lombardia), dove le loro qualità produttive ed enologiche si stanno rivelando di buon livello.

Timothy Martinson, coordinatore per la sensibilizzazione del progetto VitisGen2 – ricerca multi istituto finanziata per le colture speciali USDA-NIFA e per lo sviluppo di nuovi vitigni dei quali si occupa di indentificare marcatori genetici, per la selezione assistita da marcatori, a Wine Enthusiast racconta che “Le principali difficoltà in vigna sono dovute proprio al cambiamento climatico“.
Ragionando a lungo termine, si sente infatti il bisogno di passare a varietà vinicole diverse, che permettano una gestione delle malattie senza l’uso di fungicidi ed erbicidi e con un numero ridotto d’interventi con rame e zolfo. I pochi ecosistemi sani rischiano di essere distrutti e anche il lavoro di chi entra in vigneto comporta rischi sempre più elevati per la salute.

Alcuni risultati promettenti sui vitigni ibridi

Mentre scienziati come Martinson e istituzioni come la Cornell University, l’Università del Minnesota e l’Università della California, Davis, stanno creando nuovi ibridi nel tentativo di mitigare gli effetti del cambiamento climatico, altri si stanno occupando di studiare le uve sopravvissute al climate change. Un intervento su due fronti che si spera possa indirizzarsi a una resistenza alle fitopatie dei nuovi ibridi accompagnata da buone caratteristiche e a possibili future iscrizioni nelle DOC, almeno in Italia visto che la più permissiva legislazione tedesca consente che gli ibridi di ultima generazione possano entrare nelle DOC e nelle DOCG in quanto il loro DNA è simile a quello della Vitis vinifera.

In California sono più di una le varietà promettenti. Il Brilliant è stato allevato da TV Munson, con viti resistenti alla siccità e bacche che prediligono il calore. Dà un eccezionale rosato, fruttato e floreale. Catawba è un’altra bacca che conserva moto bene l’acidità. Herbemont è simile all’uva da vino europea e ha anche una buona tolleranza alla siccità. Traminette è un ibrido più recente, ha un’ottima resistenza alle muffe. Come suggerisce il nome, ha un genitore Gewürztraminer e porta con esso un profilo aromatico simile. Il Villard Blanc è un’uva bianca che si adatta bene ai terreni calcarei e predilige una stagione di crescita più lunga per potere maturare completamente.

La Petite Pearl, incrocio tra MN 1094 e E.S. 4-7-26 con specie Vitis come V. vinifera, V. riparia e V. labrusca è particolarmente resistente se si lavora molto bene in biologico, continuando a costruire un ecosistema ideale e con buone pratiche in vigna. Brianna, vitigno a bacca bianca relativamente nuovo e poco conosciuto, allevato nel 1983 da Elmer Swenson nello stato americano del Wisconsin, varietà ibride legate all’onnipresente Moscato, è eccezionale e resistente al freddo.

Occhi puntati sui vitigni ibridi, opportunità produttive dotate di buone caratteristiche agronomiche ed enologiche, al cui successo commerciale ha contribuito spesso l’uso del nome aggettivato del genitore francese.  Una modalità che ci induce a pensare che tali varietà siano “simili” a quelle da cui hanno preso il nome, con in più le caratteristiche di resistenza.