Abbiamo partecipato al Roadshow di B.Connected, nostro partner ed organizzatore di eventi b2b dedicati al vino sui mercati internazionali. Il focus dell’incontro è stato l’export nel mercato giapponese. Questo Paese rappresenta infatti la terza economia mondiale per PIL e manifesta un interesse crescente nei confronti dei prodotti italiani.
Ad aprire la presentazione è stata Erica di Giovancarlo, direttore ufficio ICE di Tokyo, che ci ha illustrato una serie di dati sull’esportazione in Giappone e sul mercato del vino.
Panoramica export in Giappone
Dagli anni ’90 ad oggi il trend dell’export italiano in Giappone è in crescita. A dare un ulteriore risvolto positivo nel 2019 è stata l’attuazione dell’accordo di libero scambio tra UE e Giappone, accordo che ha avuto un grande impatto positivo nelle esportazioni. Al trend positivo è poi seguito un calo a causa della crisi pandemica, ma, ad oggi, stiamo già assistendo ad un “effetto rimbalzo” per il quale l’andamento si è subito ripreso e sale velocemente.
L’esportazione è molto diversificata e a farla da padrone sono i prodotti farmaceutici. Il food and beverage rappresenta il 9% sul totale delle esportazioni, di cui il 20% è vino. Si tratta di una quota contenuta, ma che sta a significare che c’è ancora molto potenziale non sfruttato.
I dati del vino in Giappone
In Giappone il 64,2% di vini sono importati. Un consumatore giapponese beve 3 litri di vino all’anno contro i 46 litri degli italiani. Erica di Giovancarlo precisa però che non è necessario portare il consumatore ai nostri livelli di consumo, in questo Paese c’è comunque un margine di miglioramento dove l’Italia può fare di più.
Infatti, le indagini evidenziano come i vini italiani in Giappone siano secondi a quelli francesi, e che tra i due Paesi esportatori ci sia ancora ancora un grande distacco. La quota di mercato dei vini fermi nel 2022 è stata per il 43,7% della Francia, e per il 16,3% dell’Italia. La situazione peggiora con i vini spumanti, dove l’Italia si posiziona in terza classifica dopo Francia e Spagna.
Le cause che non permettono all’Italia di primeggiare sono complesse, e potrebbero essere riconducibili al fatto che le cantine francesi si mostrano più unite nel mercato. Le aziende francesi lavorano nel marketing e la loro comunicazione è mirata a presentarsi come Paese. Il contrario avviene invece in Italia dove le aziende sono più individualiste. “Qui è il caso di dirlo: l’unione fa la forza” conclude Erica di Giovancarlo.
A parlarci delle abitudini dei consumatori giapponesi e delle peculiarità di questo mercato è Shigetu Hayashi, noto sommelier e pilastro del vino italiano in Giappone.
“Una delle difficoltà più grandi dell’esportare in Giappone è comprendere il suo canale distributivo” afferma Shigetu Hayashi. Esistono vari tipi di importatori: specializzati in cibi e vini italiani, specializzati in vini (questa tipologia è in crescita) o semplicemente micro-importatori che rivendono online o a famiglie e ristoranti in zona.
I produttori devono comprendere bene a chi rivolgersi perché in Giappone sbagliare importatore può arrivare a danneggiare l’azienda per 5-6 anni. Questo perché in questo Paese il rapporto di amicizia che si instaura nel mondo degli affari è molto importante e rende difficile cambiare interlocutore.
Inoltre va tenuto in considerazione che nella GDO giapponese le bottiglie in media costano meno di dieci euro. Per questo motivo Shigetu Hayashi consiglia di orientarsi verso i 10.000 ristoranti italiani presenti nel Paese.
Dopo la pandemia il mercato è cambiato: gli importatori che prima erano radicati agli stessi fornitori da anni e che rendevano complicato l’inserimento di nuove cantine nel mercato, ora iniziano a guardarsi intorno con curiosità.
Entrare facilmente nel mercato
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Il prossimo evento di B.Connected con agenda programmata sul mercato giapponese si terrà a Giugno! Per maggiori info su costi e modalità di partecipazione consulta il nostro calendario e scrivi a redazione@winemeridian.com.