L’Asia Sud-Orientale è un aggregato di 10 Paesi che si stanno muovendo molto velocemente nelle interazioni di trading commerciale. È la “fabbrica del mondo”, in quanto la manodopera è a basso costo e ciò consente ai suoi Paesi di attrarre un gran numero di investimenti diretti. Il ceto medio sta crescendo e di conseguenza sta imparando a conoscere i prodotti occidentali. In questo quadro un ruolo importante è svolto dalla Thailandia, Paese emergente a cui è dedicata una tappa specifica nell’UNIT Wine Tour Asia.

I dati sull’importazione di vino

La Thailandia ha una popolazione di 71 milioni di abitanti, per i quali il vino sta diventando un bene sempre più accessibile: da un bene un lusso sta diventando un prodotto che è possibile consumare in svariate occasioni.

Chi sono gli esportatori di vino in Thailandia? Al primo posto l’Australia, con 38 milioni di dollari; segue la Francia 36 milioni di dollari; distanziata l’Italia con 10,9 milioni di dollari e a seguire gli USA con 10,6 milioni di dollari.

Dei 115 milioni di euro di vino importato in Thailandia, 11 milioni fanno riferimento al vino italiano, ma il dato più interessante è che nel 2022 il nostro vino ha fatto registrare un aumento delle importazioni del 164% rispetto all’anno precedente.

L’Australia è il primo Paese esportatore di vino in Thailandia e la sua posizione è dovuta agli accordi di libero scambio che consentono al Paese di beneficiare di dazi pari a zero. Ma sono la Francia e l’Italia gli unici grandi paesi produttori a guadagnare quota di anno in anno: una dinamica che può essere letta come un sensibile fenomeno di “premiumizzazione” in atto in Thailandia.

Le opportunità per il vino italiano

Il ceto medio crescente della Thailandia vuole riconoscersi in uno stile di vita elevato che è perfettamente rappresentato dal made in Italy. Per il 2025 sono attesi 2,5 milioni di benestanti in più, secondo un’evoluzione della popolazione che può dirsi esponenziale.

I prodotti italiani sono conosciuti e amati, di conseguenza crescono i ristoranti italiani. Anche il turismo è una fonte considerevole nel Paese: nel 2023 sono previsti 40 milioni di visitatori.

L’urbanizzazione in atto richiama la voglia di aggregazione e di convivialità, che aumenta le occasioni di consumo di vino. La distribuzione si sta adeguando a questa dinamica, con un processo di modernizzazione che deve aumentare la diffusione di catene della GDO. Il vino, in altre parole, è ed è destinato a diventare sempre più accessibile.

La catena del valore del vino

Con dazi elevati al 54%, accise e imposte che rendono più complessa la gestione delle transazioni, certamente il valore di mercato della bottiglia può arrivare a subire un incremento anche del 400%, con margini per gli operatori che variano dal 30% al 200% in base al canale scelto.

Per un’azienda che decide di affrontare il mercato tailandese, tuttavia, questi aspetti non devono spaventare, in quanto è l’importatore che se ne occupa. Il dato che invece non deve rimanere inosservato è che rispetto al 2021 il mercato nel suo complesso è cresciuto del 146%.

Perché investire in Asia?

Gli Stati Uniti ed Europa sono i mercati maturi del vino. Sono mercati consolidati da una grande presenza di produttori locali che comporta una forte concorrenza, sia con le aziende estere, sia tra le stesse cantine italiane. I forti investimenti in marketing portano ad una bassa marginalità per le aziende e la crescita in generale è stabile o assente.

In Asia è certamente vero che il consumo pro-capite di vino è basso, ma questo dato, piuttosto che come un ostacolo, va visto come una grande opportunità. Tra i “magnifici sette” del vino mondiale, vale a dire Paesi che hanno avuto il maggior aumento percentuale del valore dell’import vediamo Thailandia, Vietnam, Malesia e Filippine. Ben quattro sui sette maggiori importatori del vino mondiale sono Stati asiatici.

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