La nostra avventura nel mondo degli spirits è iniziata ormai da alcuni mese e sono davvero molte le aziende che abbiamo incontrato e intervistato; moltissimi gli spunti di analisi che ci sono pervenuti dalla nostra community di riferimento. Le fiere internazionali sono state insostituibili occasioni di scambio e di confronto; le visite in azienda ci hanno permesso di ascoltare la viva voce degli imprenditori e percepirne il “sentiment” sui temi più caldi del momento.
Vogliamo oggi approfondire alcuni aspetti inerenti alle vendite e ai mercati, forti anche di una survey che abbiamo somministrato alle aziende italiane produttrici di spirits, dalla quale sono emersi elementi di grande interesse.

Un primo dato di grande rilievo riguarda la modalità con cui le aziende produttrici di distillati si rapportano al proprio mercato di riferimento. La netta maggioranza delle aziende intervistate, più dell’88%, promuove il proprio brand e i propri prodotti attraverso i canali social: il gap con le altre forme di promozione è davvero evidente. Si osserva che in questo trend il ruolo di “booster” è svolto dalla mixology, che ha ormai conquistato i canali social, con la sua indubbia “fotogenicità” e la sua capacità di interpretare il desiderio di convivialità delle fascia più giovane del mercato.
Circa il 15% dichiara di partecipare ad eventi e fiere, nazionali o internazionali; un 12% si affida alla carta stampata, al pari del passaparola, mentre i canali radio e tv non raggiungono il 10% di risposte positive.

Per quanto riguarda l’organizzazione delle vendite, oltre il 65% delle aziende pratica vendite dirette; il 58% delle aziende dispone di uno o più punti vendita. Ponendo un focus più ravvicinato sulla struttura interna di vendita solo però il 42% delle aziende dichiara di avere un ufficio vendite dotato di più di un dipendente, contro un 38% che dispone di una sola risorsa; il 19% delle aziende afferma di non avere neanche una risorsa dedicata specificamente alla vendita. Naturalmente in questa ampia casistica giocano enormemente le variabili dimensioni aziendali ricomprese nel campione.
Il 58% utilizza una rete di agenti; il 31% si rivolge all’horeca, il 23% al mercato retail e il 15% alla GDO. Di tutta evidenza la dinamica dell’e-commerce, che interessa complessivamente oltre il 57% del campione, tra siti di proprietà e marketplace di terzi; dato che riflette, in casa nostra, quanto si sta parallelamente verificando sul mercato globale: i trend dell’e-commerce per i distillati sono in sensibile crescita a livello mondiale, come abbiamo già avuto modo di osservare.

Riguardo alla territorialità delle vendite, il 92% delle aziende intervistate ha tra i propri mercati di sbocco quello domestico. Fuori confine, il mercato tedesco si conferma, con oltre il 38% delle risposte, uno dei mercati di interesse per i nostri distillati; il 27% delle aziende intervistate annovera anche il mercato francese tra le proprie destinazioni; con percentuali inferiori si rilevano vendite nei mercati svizzero, americano, britannico, canadese e nel resto del mondo.

Se il mercato estero, nelle varie destinazioni, interessa molte delle aziende intervistate, occorre tuttavia sottolineare che la frequenza delle vendite oltre confine non è, nella maggioranza delle risposte, regolare: il 65% delle aziende dichiara infatti di affacciarsi sui mercati esteri in modo saltuario, mentre la regolarità delle esportazioni riguarda soltanto il complementare 35% del campione.