Appena fuori Faver si trova la distilleria Pilzer, immersa nel verde e nel silenzio. La vista sull’ampia valle è strepitosa, ma ben più difficile dev’essere lavorare i vigneti poco sotto la distilleria, vista la loro pendenza.

A distillare aveva iniziato con grande dedizione Vincenzo Pilzer nel 1956. Ed un vento di innovazione l’ha portato Bruno, il figlio, entrando in azienda nel 1983. Incontro proprio Bruno Pilzer durante la mia visita nella sede attuale a Portegnac, in cui proprio lui ha investito nel 2001 insieme al fratello Ivano.

L’arte della distillazione parte dalla natura. “L’essenza dell’arte della distillazione sta nel modo in cui si riesce ad estrarre il massimo dalla buccia dell’uva, che contiene la maggior parte delle sostanze aromatiche. Occorre conoscere la propria tecnologia e rispettare la qualità della materia prima.

Per me la qualità della materia prima inizia dalle cantine che mi portano vinacce freschissime, qualche volta anche partite di zone particolari.

La nostra vecchia distilleria era un semplice alambicco discontinuo a bagnomaria con un sistema di controllo delle frazioni approssimativo. Anche del nuovo impianto del 2001 quasi tutti gli elementi sono stati nel frattempo modificati o sostituiti, per arrivare al livello qualitativo di oggi”. 

Segreti di fermentazione. “Gran parte della materia prima in Trentino arriva dalla vinificazione in bianco con bucce ancora da fermentare. È molto difficile far fermentare una materia solida perché reagisce poco; devo utilizzare dei lieviti selezionati. Finita la fermentazione decido se fare un’ulteriore maturazione alle bucce, oppure andare in distillazione. Dipende dalla materia prima”.

Più profumata la grappa da vinacce bianche. “Per riuscire a fare un distillato profumato devo usare più materia prima: infatti, le bucce delle uve bianche, come Müller-Thurgau o Nosiola, di norma hanno un contenuto zuccherino abbastanza basso e serve più materia prima per distillare grappa ad un certo grado alcolico rispetto alle uve rosse poco pressate. La grappa distillata da uve bianche risulta quindi più profumata”.

Il clima cambia i ritmi. “Quando l’Istituto di Tutela della Grappa del Trentino ha definito la regola di distillare entro Natale, l’uva veniva mediamente raccolta più tardi rispetto ad oggi, perché il clima era diverso. Quaranta o cinquant’anni fa i grappoli maturavano più tardi, così la distilleria riceveva le prime vinacce a inizio settembre e le ultime nei primi giorni di novembre. Oggi la raccolta si concentra in poche settimane, creando spesso problemi logistici. Perciò qualche anno fa abbiamo deciso di installare un secondo impianto di distillazione”.

La distillazione delicata trentina. “La distillazione discontinua a bagnomaria a vapore diretto resta la caratteristica tradizionale della produzione di grappa trentina. Ha la capacità di rispettare la materia prima perché la riscalda senza ustionarla e ne estrae tutti i profumi in maniera quasi sequenziale.

Molto importante è la colonna di distillazione, che serve a rettificare, quindi pulire, e disalcolare, quindi concentrare l’alcol. Ho fatto diverse modifiche ai piatti di distillazione all’interno della colonna, per rendere l’alambicco ancora più versatile: ha la possibilità, per esempio, di fare una concentrazione molto alta. Un’altra modifica è stata fatta inserendo una sfera con piatto di distillazione più ampio.

Il condensatore sopra la colonna è un punto cruciale per il mastro distillatore per intervenire nel processo di distillazione. Dagli sfiati della colonna scendono aromi che danno alcune indicazioni al mastro distillatore e lo aiutano a valutare i suoi interventi, come la quantità di materia prima caricare, quanto raffreddare la colonna, quanto velocemente scaldare l’alambicco o quando separare le frazioni.

L’ultimo strumento in distillazione è la colonna demetilante. È il mastro distillatore che decide quali partite far passare lì. La colonna permette di pulire da eventuali elementi negativi, rendendo la grappa ancora più sottile, più delicata. Appena uscita, la grappa sembra abbia perso sostanze aromatiche e profumi; bisogna dare tempo circa un anno alla grappa, affinché si riposi e le sostanze aromatiche si riprendano.

Un intervento molto creativo, secondo me, è l’assemblaggio delle partite di grappa. Sostanzialmente è il momento più importante della creazione di prodotti.

Faccio delle prove in piccole dosi, facendo degustare il prodotto alla cieca a mio fratello e a persone fidate. Le sorprese sono all’ordine del giorno, perché un assemblaggio può dare un risultato mediocre, mentre un altro assemblaggio può raddoppiare il risultato”. 

Il mercato coglie le sfumature di qualità. “La qualità della grappa trentino è sempre di ottimo livello. La Fondazione Mach ha fatto un lavoro di formazione importante e l’Istituto di Tutela della Grappa del Trentino fa sì che gli elementi cardine per raggiungere un’alta qualità venissero realizzati. Le due strutture, insieme alla Camera di Commercio, stanno continuando a sforzarsi per raggiungere risultati sempre migliori.

Un elemento fondamentale è il certificato del Tridente, che dà la garanzia di qualità al consumatore”.

Il passaparola è la comunicazione di Pilzer. “Ci affidiamo alla bontà dei nostri prodotti e al passaparola. In Italia, fatta eccezione per il Trentino, collaboriamo con un distributore nazionale, i cui agenti conoscono e stimano molto i nostri prodotti. Gli importatori in Europa e in Asia credono in noi perché i prodotti piacciono e danno soddisfazioni commerciali”.

Dalla grappa all’acquavite di frutta, passando per liquori e gin. “Nel mio campo sono un ricercatore e creare prodotti mi stimola particolarmente. Con questo spirito ho creato un Brandy da Lagarina, una varietà di uva autoctona.

Qualche anno fa è nato il gin Pilz, che oggi è molto richiesto sui mercati internazionali. Ho anche creato l’amaro Bruno e il liquore “Lasso Rosso” con acquavite d’uva e frutti di bosco della Val di Sembra.

Quando arriva un riconoscimento come il premio ”Distillatore dell’anno 2023” da Spirito Autoctono è un grande momento di gioia!”.