Una delle cose che ho notato nel tempo è che fino a qualche mese fa chi telefonava ad un commerciale estero, iniziava quasi sempre la chiamata non con il classico “come stai?”, ma con un “dove sei?”.

Me lo facevano notare gli amici che fanno un altro lavoro, che chiamandomi mi dicevano “non so mai a che ora chiamarti, perché non ho mai idea di che ore siano dove sei tu, dato che non so mai dove sei”.

Davo la cosa abbastanza per scontata, abituato spesso a parlare con colleghi ed amici che viaggiano molto, ma è tornata fuori con prepotenza in questi ultimi mesi, in cui la domanda sul dove si trovi il mio interlocutore quasi non ha più senso, mentre la domanda “come stai”, al contrario, ha assunto una valenza ben più che rituale o introduttiva, ma di vero interesse.

Se un Export Manager allora è così abituato a viaggiare, cosa fa in questi mesi in cui i viaggi sono (quasi) completamente bloccati, di prendere un aereo praticamente non se ne parla e gli affiancamenti sono solo un ricordo?

Per molti di noi i primi mesi, quelli ormai lontani di Marzo e Aprile, sono stati un vero shock. Ho avuto modo di parlare con molti colleghi, in quei mesi e devo dire che le percezioni che ho avuto sono state quasi sempre simili, pur con diverse sfumature caratteriali e personali. Quasi tutti i colleghi, fin da subito, hanno capito che non si sarebbe trattato di uno stop di breve periodo, che sarebbe passato molto tempo prima di entrare di nuovo in un aeroporto o di incontrare di nuovo in presenza un proprio cliente.

Comprensibile quindi una fase di smarrimento, che a dire la verità ha presto lasciato spazio alla volontà di organizzarsi e trovare il modo di limitare al massimo i danni della pandemia. Alcuni, i più temerari, veloci e pronti, sono anche riusciti a trasformare il periodo in un’opportunità di crescita. Come hanno fatto? Come è stato possibile non perdere volumi in questo periodo?

Gli Export Manager che hanno capito per primi che il cambiamento sarebbe stato epocale, non solo limitato a pochi mesi, hanno abbracciato da subito il digitale. Anzi, a dire la verità, i commerciali non ne hanno avuto bisogno, abituati da sempre a lavorare in smart working, a fare incontri virtuali, a lavorare ovunque si trovassero. Sono al contrario stati felici che finalmente anche i loro interlocutori, cantine come clienti, abbiano capito che è possibile parlarsi e vedersi anche attraverso uno schermo.

Siamo sempre stati felici di prendere un aereo, un treno o una macchina per incontrare un cliente o una cantina, e tutti noi non vediamo l’ora di poter tornare a farlo, perché stringere una mano ed assaggiare un vino insieme è un’esperienza impareggiabile, ma questi mesi hanno dimostrato anche ai più scettici che a volte non è proprio così necessario.

Torniamo però alla nostra domanda iniziale. Cosa fa un Export che non può muoversi da casa?

Lavora online, ovviamente. Spende tempo ed energie per mantenere i rapporti con i clienti acquisiti, li ascolta per capire le loro esigenze, gli spazi che si possono creare, capire come aiutarli. Il lavoro oggi è fatto meno di vendita spinta, o almeno è così in gran parte dei paesi occidentali, perché andare a proporre vini nuovi, inserimenti, offerte scontate se vendiamo alla ristorazione inglese, può essere inopportuno, dato che molti dei punti vendita sono chiusi.

Non potendo partecipare alle fiere, l’Export Manager in cerca di nuovi clienti si è probabilmente iscritto ad alcuni b2b online, ha approfondito la conoscenza degli strumenti digitali, ha migliorato l’uso di Linkedin ed ha affrontato la geografia da un rinnovato punto di vista. Se il compito dell’export è cercare clienti nuovi, il commerciale non ha cercato più i mercati in base alle prospettive di sviluppo, ma in base all’andamento del Covid.

Paesi che fino a pochi mesi fa erano trascurati o volutamente non presi in considerazione, sono saliti nella scala degli interessi. L’Asia ha risposto meglio alla pandemia, quindi gli occhi di molti, anche di quei pochi che prima non lo avevano fatto, si sono rivolti ad est. Ma anche alcuni paesi dell’Africa “più abituati a gestire le pandemie” (parole di un mio cliente), non hanno avuto grossi problemi, ed ecco che allora si vanno a cercare clienti in questa parte del mondo.

Ha approfittato del tempo libero per fare formazione, che si tratti di migliorare una lingua o imparare qualcosa in più su un mercato, per conoscere nuovi vini, imparare a fare una degustazione a distanza o per fare alcune telefonate a clienti, contatti o colleghi che non sentiva da tempo.

Non siamo mai stati mai così informati sulla salute dei figli, mogli e mariti dei nostri clienti come adesso.

Adesso, per noi è diventato normale incontrarsi in virtuale, degustare a distanza, tenere un webinar, fare formazione alla forza vendita di un cliente senza andare sul posto, e sicuramente faremo tesoro di queste nozioni apprese, anche quando torneremo a spostarci come prima.